Progetto M.A.R.E., il diario di bordo di Carlo Perrone e Marco Montefusco

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Nella tappa tra Tropea e Marina di Camerota sono saliti a bordo del Catamarano per Sorgenia, l’Area manager per il centro Sud e il Communication Specialist: “Non ci conoscevamo, ma la passione per il mare ci ha fatto legare subito”

Quella che ha portato l’equipaggio del catamarano di Progetto M.A.R.E. a Marina di Camerota, da sabato 11 a martedì 14 giugno, è stata una tappa “fuori dagli schemi”. Una mareggiata ha infatti costretto l’equipaggio a spostare il porto di partenza a Tropea, e ad affrontare 13 ore di navigazione continuative per raggiungere la meta, con le acque ancora agitate che hanno creato qualche difficoltà a chi ha scoperto nell’occasione di soffrire di mal di mare. Per Sorgenia erano a bordo Carlo Perrone e Marco Montefusco, entrambi appassionati di vela. Carlo è Area Manager dell’azienda per il Centro Sud, con la responsabilità della ricerca, sviluppo e gestione dei partner per la vendita indiretta, mentre Marco è Communication Specialist, e si occupa della comunicazione del brand sui canali digitali. “La nostra tappa era quella che io chiamo “dal sapore di casa” – afferma Marco – perché ho trascorso 3 giorni nel mare campano, dal quale provengo, e nello specifico nel mare di Camerota, uno dei miei luoghi preferiti”.

Di cosa parliamo?

Un'esperienza di navigazione movimentata

“L’inizio della nostra esperienza di navigazione vera è stata un po’ come una secchiata d’acqua fredda appena svegli – racconta Marco – Il primo giorno di navigazione il meteo non è stato clemente: onde di oltre un metro ci hanno abbracciato in questa nuova avventura. Immediatamente siamo stati chiamati all’opera, le cime da sistemare, i parabordi da assicurare, oblò e materiale di sicurezza da controllare, tutti compiti da marinai che ci sono stati affidati dopo essere stati formati dall’equipaggio il giorno del nostro arrivo. Mi risuonano ancora nelle orecchie le parole del nostro Capitano: ‘Prima regola, una mano per te, una per la barca. Indossare sempre il lifejacket!’. Ovviamente siamo stati tutti agli ordini gentili del Capitano, d’altronde le onde erano uno stimolo bello forte. L’equipaggio tutto si è mostrato amante del proprio lavoro, impegnato e attento alle persone ancor prima che alla navigazione. Sicuramente il Capitano è stato un mentore saggio ed efficace, nonostante qualche esperienza pregressa ho imparato davvero tanto da lui, ma sono ancora più colpito dai marinai, anzi le marinaie: due giovani donne forti, determinate, preparate ed entusiaste”.

Come capita spesso a chi condivide una parte del viaggio sul catamarano di Progetto M.A.R.E., anche Carlo conserva un ottimo ricordo dell’equipaggio: “Il nostro comandante era un uomo dall’esperienza straordinaria – ricorda – e lo si è visto tra l’altro nelle manovre in porto, dove si è districato con grande competenza, nonostante avesse ad aiutarlo un equipaggio di ospiti poco avvezzi a queste situazioni. Non l’ho mai visto agitato, ed è stato bravo a guidarci nelle attività in cui abbiamo potuto renderci utili, con la massima serenità. Ognuna delle persone a bordo, comprese le biologhe, si è messa a disposizione per dare una mano in ogni attività, compresa la cucina”.

L'avvistamento di una tartaruga marina, in un mare agitato

“Dopo aver trascorso la notte in porto, siamo partiti domenica mattina alle sei, e abbiamo affrontato 13 ore di navigazione – racconta Carlo Perrone – Il mare non era ancora calmo, abbiamo dovuto viaggiare controvento con l’ausilio dei motori e ci siamo fermati soltanto mezz’ora per fare le rilevazioni, raccogliere cioè i campioni di plancton per misurarne la qualità e la purezza. Durante questa tappa, inoltre, ci siamo imbattuti in una grande tartaruga Caretta, accompagnata da un esemplare più piccolo, presumibilmente suo figlio: è un evento – ci hanno spiegato – abbastanza raro, perché normalmente le tartarughe marine si spostano in acqua in solitudine. I due giorni successivi è stato invece tutto molto più semplice, con il mare calmo abbiamo potuto dedicarci con più tranquillità alle attività di bordo e completare le rilevazioni nell’area di mare attorno a Marina di Camerota”.

L'esperienza scientifica

Anche la convivenza a bordo è stata un’esperienza positiva: “Prima di partire si ha sempre un grande dubbio su che clima si creerà tra gli ospiti – dice – in fin dei conti si tratta sempre di condividere un piccolo spazio. Mi fa piacere dire che è andata benissimo, che si è creato da subito un bel clima, anche con Marco. Non ci conoscevamo, io sono di base a Roma e lui a Milano, ma si è creata subito sintonia”. Una sensazione condivisa anche da Marco: “La passione per il mare ci ha fatto legare subito”, spiega.

Al di là del lato velico, poi, c’è stata l’esperienza scientifica: “Occupandomi di sostenibilità pensavo di avere una buona conoscenza delle dinamiche dell’inquinamento – afferma Marco – invece ho imparato anche sotto questo aspetto. Ad esempio, mi ha colpito scoprire come i metalli pesanti o i velini si ‘attacchino’ alle microplastiche porose e diventino un ‘bocconcino’ ancora più velenoso per il plancton. Mi ha colpito anche vedere le tecnologie coinvolte nel monitoraggio delle acque: bastano pochi litri d’acqua, ad esempio, per analizzarne il DNA e identificare quali specie popolano quello specchio d’acqua”. “Le biologhe a bordo avevano la missione della rilevazione del plancton, e ci hanno coinvolto da subito, spiegandoci il senso di questa attività – aggiunge Carlo – Si è trattato di immergere a venti metri di profondità un raccoglitore di acqua a forma di imbuto, che consentiva di raccogliere e filtrare i campioni, che venivano poi congelati per essere analizzati in un secondo momento al microscopio. Con l’occasione ci hanno spiegato tutto sul plancton – prosegue – e mentre eravamo in navigazione ci hanno dato ogni informazione sulla flora e sulla fauna marina che avremmo potuto incontrare, dalle meduse alla posidonia, fino ai cetacei, per quanto rari in quelle acque. E poi ci hanno dato una serie di informazioni sui pericoli dell’inquinamento del mare, e sensibilizzato sui comportamenti più sostenibili da avere a bordo. Invitandoci ad esempio a usare creme, saponi e deodoranti biodegradabili, e più in generale ad avere un approccio al mare consapevole, illustrandoci i rischi che l’ecosistema correrà se ognuno di noi non utilizzerà alcune minime precauzioni”.

Le riflessioni sulla terra ferma

E poi è arrivato il momento di tornare a terra: “Devo essere sincero – conclude Marco – a casa mi porto tanta energia, voglia di fare ancora meglio, ma anche un po’ di amarezza. Amarezza per il numero di specie in alto pericolo nel nostro mare, per le cattive abitudini che abbiamo e che non riusciamo o non vogliamo correggere, per quanto diamo per scontato il nostro Pianeta. Eppure, basta guardarsi intorno per capire la bellezza di casa nostra. La potenza di questa bellezza naturale dovrebbe bastare per farci dire tutti all’unisono: ‘Io sono un ambientalista’”.

“Il grandissimo valore aggiunto di questa esperienza è stato l’aver avuto a bordo le due biologhe marine – conclude Carlo – che hanno tradotto per noi tutte le situazioni che non conoscevamo, sfatando anche una serie di luoghi comuni, convinzioni e preconcetti. Sarebbe estremamente utile, per ogni viaggio in barca a vela, avere a bordo persone che ti insegnano a stare in acqua. Se tutti utilizzassimo alcuni piccoli accorgimenti rispettando l’ambiente marino, infatti, si potrebbero ottenere in scala grandi risultati con un piccolo impegno, evitando gesti stupidi che hanno conseguenze gravi sull’ecosistema”.