Smush materials, dai funghi l’alternativa sostenibile al polistirolo

Scritto da Antonello Salerno
Giornalista

Luca Ficarelli e Marco Lenzi sono i cofounder della startup che sta testando i propri prodotti nel packaging per il mondo del lusso e del design. Ma l’idea nata nei laboratori del Politecnico di Milano potrebbe arrivare a coprire diversi settori di mercato

L’idea di dare vita a Smush Materials è nata nei laboratori del Politecnico di Milano, dove due laureandi in biomedical engineering hanno pensato al micelio, la radice dei funghi, per dare vita a una struttura naturale utilizzabile come alternativa sostenibile al polistirolo per il packaging e gli imballaggi. Da allora Luca Ficarelli e Marco Lenzi hanno continuato a sviluppare quell’intuizione, fino ad arrivare a darle una forma che ne renda possibile un utilizzo sul mercato.

Di cosa parliamo?

Come è nato il progetto

Partiti nel 2018, dopo la laurea datata 2021, Luca e Marco – nel dicembre dello stesso anno – sono stati selezionati tra i progetti meritevoli di un percorso di accelerazione partecipando a “Switch to product”, programma d’innovazione del PoliHub, il technology transfer office del Polimi. Grazie a questa iniziativa si sono aggiudicati un grant di 30mila euro, che è servito per un upgrade del laboratorio e per ampliare la portata dei test. Al momento stanno validando la scalabilità dei processi industriali verticalizzando su singoli mercati.La scelta è ricaduta sul packaging per il mondo del lusso e del design, e allo stesso modo si sta considerando l’utilizzo per il confezionamento delle bottiglie di vino e per la cosmetica, dove le dimensioni dei prodotti sono abbastanza standardizzate, e per i gioielli. In tutti questi casi i brand sono in generale disponibili a investire un po’ di più pur di utilizzare un materiale totalmente riciclabile per il packaging, lanciando un messaggio chiaro di attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. L’obiettivo a lungo termine è di continuare a lavorare per abbassare i prezzi di produzione, fino a renderli equivalenti a quelli del polistirolo, e ampliare così anche la platea dei potenziali clienti. Tutto questo utilizzando sottoprodotti organici, che provengono dalla lavorazione dell’agroalimentare, e continuando a guardare a nuovi tipi di scarto, per dare vita a un processo che non dipenda da un solo sottoprodotto.

L’attenzione alla sostenibilità ambientale

Alla base dell’idea di Luca e Marco c’è anche l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità: “L’inquinamento causato dalla plastica è uno dei grandi problemi della nostra epoca – sottolinea Marco – E’ urgente trovare un’alternativa, anche perché i prodotti monouso in materiali plastici verranno banditi entro il 2030. La plastica inoltre è al centro di un rincaro progressivo delle materie prime, il cui costo quest’anno è aumentato del 50% rispetto all’anno scorso e del 100% rispetto a due anni fa. In più, con la nostra idea contribuiamo a dare una soluzione allo smaltimento degli scarti organici, per i quali scarseggiano le strutture adeguate e le aziende sono spesso costrette a pagare molto. Noi possiamo raccogliere questi scarti a prezzi molto più convenienti e trasformarli in materiali sostenibili per il packaging”.

La tecnologia alla base

La tecnologia, spiegano i due giovani imprenditori, è a tutti gli effetti “disruptive”, perché il materiale nato dal micelio è completamente compostabile. Una volta che l’utente ha scartato il prodotto, può spezzare l’imballaggio e lasciarlo nel cassonetto dell’umido, o utilizzarlo come concime nei vasi, dove impiegherà tra i 90 e i 100 giorni per degradarsi completamente e sparire. “La tecnologia non l’abbiamo inventata noi, era in natura – spiega ancora Luca – ma noi abbiamo pensato a sfruttarla seguendo un principio di territorialità e di circolarità, utilizzando volta per volta gli scarti che si possono reperire sul territorio. In generale rivolgiamo la nostra attenzione a tipi di residui di lavorazione che normalmente non vengono usati nemmeno per la produzione di biogas. Questo ci consente di non comprare la materia prima, ma di essere pagati per utilizzarla: in Italia siamo i primi a farlo appoggiandoci alle aziende”.

Come inserirsi nel mercato

Il passaggio più difficile per dare vita alla loro idea è stato per i due ingegneri iniziare ad adottare la mentalità dell’imprenditore, e non del ricercatore, cercando quindi soluzioni a problemi reali. A facilitare questa transizione ha contribuito il mentor che Luca e Marco hanno avuto in affiancamento durante il percorso di accelerazione, Alessandro Annovi, un innovation & strategy manager che ha messo la sua esperienza di startup mentor & investor a disposizione di Smush Materials. “Presentarsi a imprenditori e potenziali investitori dà un impatto diverso rispetto a quello in cui siamo abituati nel mondo della ricerca – spiega Marco – noi abbiamo messo a punto la nostra idea seguendo alcune linee guida precise, con la prospettiva cioè di renderla scalabile e mirata alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Ad oggi abbiamo validato la nostra tecnologia grazie a una fase di prototipazione per i nostri clienti, e ne stiamo validando la scalabilità industriale. Abbiamo parlato con tante aziende finora, e non tutte sono interessate a trovare un’alternativa sostenibile all’uso della plastica, a cui comunque dovranno rinunciare dal 2030. Ma una percentuale crescente dimostra interesse, e non potrà che crescere nei prossimi mesi e nei prossimi anni”. Per farsi trovare pronti all’appuntamento in Smush Materials sono impegnati ad abbattere i costi sperimentali, grazie alle produzioni pilota, per le quali hanno ricevuto proprio recentemente un finanziamento da Cassa Depositi e Prestiti. E’ l’occasione per mettere alla prova del mercato le proprie idee: “Stiamo testando il prodotto in ambiente rilevante – aggiunge Luca – usciremo sul mercato con delle produzioni pilota su collezioni limitate di diversi brand.

Progetti futuri

Oggi Smush Materials ha le carte in regola per produrre packaging protettivo secondario, essenzialmente imballaggi e protezioni non destinate al mercato alimentare, per il quale sarebbero necessarie ulteriori autorizzazioni. L’intenzione guardando al futuro, passo dopo passo, è quella di arrivare a essere presenti anche su quel mercato per sostituire il polistirolo, ad esempio nel confezionamento della carne o nelle vaschette per il pesce, ottenendo le certificazioni del caso e proseguendo nell’attività di ricerca. E restiamo comunque aperti verso il settore dell’isolamento termoacustico. L’obiettivo di Smush è mettere in contatto le filiere nell’ottica di industria 4.0 e dell’economia circolare. Vogliamo, in altre parole, creare qualcosa di nuovo, coinvolgendo anche le aziende agricole, oltre che creando materiali innovativi già performanti senza bisogno di additivi e solventi inquinanti”.