Progetto Sistema Olona, il fiume come “corridoio” di biodiversità

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

La coordinatrice dei programmi ambientali Stefania Mazzaracca: “Grazie a questa esperienza abbiamo costituito un patto territoriale che ci consentirà di mettere insieme forza ed esperienze per affrontare le nuove sfide in ottica di rete”

Proteggere la biodiversità in una vasta porzione di territorio al confine tra la provincia di Varese e di Como, in Lombardia, focalizzando l’attenzione sul percorso del fiume Olona, dalla Svizzera fino alla parte Nord della provincia di Milano. È questo l’obiettivo del progetto Sistema Olona, nato dall’iniziativa di Istituto Oikos ETS e realizzato grazie al supporto economico di Fondazione Cariplo. A raccontare come è nato e si è sviluppato il progetto è Stefania Mazzaracca, biologa naturalista, coordinatrice delle attività e dei programmi ambientali di Istituto Oikos in Italia.

Stefania, come nasce progetto sistema Olona e come si inserisce nella "filosofia" di Oikos?

Nasce per contrastare il declino della biodiversità una zona particolarmente urbanizzata e soggetta a frammentazione: in origine un tessuto di aree naturali in cui gli animali erano abituati ad avere libertà di movimento e che nel tempo è stata stravolta dalla crescita del tessuto urbano e delle infrastrutture, come l’autostrada A8, Pedemontana o la linea ferroviaria che collega Saronno a Milano. Tutti ostacoli che impediscono il movimento alla fauna, con gli animali che improvvisamente si trovano confinati in piccole porzioni di terreno divise da costruzioni, strade o ferrovie. Per risolvere questo problema abbiamo voluto ricreare i passaggi cruciali che connettono un’area più naturale all’altra, con i cosiddetti interventi di “connessione ecologica”. Si tratta di un progetto che rientra perfettamente nella mission di Oikos, che è un ente no profit impegnato proprio nella tutela della biodiversità e nella diffusione di stili di vita più sostenibili.

Ci può raccontare in breve come è nato e si è sviluppato il progetto?

Il progetto, partito nell’aprile 2016 e concluso a settembre 2022, consisteva in una “collana” di 21 interventi che si sviluppano a ridosso del fiume Olona, con l’idea di ripristinare i punti di connessione tra le aree naturali e riportare il fiume al suo ruolo di corridoio. Gli interventi sono stati di cinque tipologie: abbiamo realizzato passaggi o sottopassi per far muover gli animali, abbiamo installato dissuasori luminosi per la fauna in prossimità delle strade ad alto scorrimento, e poi siamo stati impegnati nella riqualificazione e creazione di aree umide di piccole dimensioni, e in migliorie forestali, ad esempio ricostruendo frazioni di bosco, non soltanto per la componente arborea, ma anche recuperando il sottobosco.

Ma la parte più interessante di questa iniziativa, se la considero con gli occhi di chi la guarda oggi, è la sua capacità di riunire attorno allo stesso tavolo tante realtà del territorio, tutte pronte a collaborare, in un partenariato che ha visto la partecipazione di sei enti pubblici, di Legambiente Lombardia, di tre donatori – un ente pubblico, l’università degli studi dell’Insubria e Ferrovie Nord – e il finanziamento di Fondazione Cariplo.

Quali risultati potete dire di aver ottenuto?

Tra i principali c’è il fatto che nelle aree dove abbiamo realizzato gli interventi è stato rilevato un aumento della quantità di specie presenti: alcune si sono popolate in breve tempo, e questo era il risultato più tangibile e che ci interessava di più.

Ma questo progetto ci ha portato un altro risultato molto importante: l’aver iniziato a ragionare in ottica di rete, senza prendere in considerazione una sola piccola area naturale, ma mettendo insieme competenze diverse per ampliare la scala dei possibili interventi. Proprio questa nuova consapevolezza ci ha portato, a marzo 2023, a dare vita a un patto territoriale, che coinvolge anche il Parco Regionale della Pineta di Appiano Gentile e Tradate, Astronatura, Archeologistics, l’Associazione Fondiaria Valle del Lanza e la Cooperativa API Varese.

Come sta rispondendo il territorio a queste vostre attività?

Il coinvolgimento del territorio è un work in progress. Abbiamo finora realizzato attività di divulgazione, formazione ambientale, formazione per i tecnici comunali, per gli studenti universitari e le guardie ecologiche volontarie, ma ci farebbe piacere raggiungere tutti i cittadini, e nel tempo contiamo di arrivarci, anche grazie al supporto della nostra rete territoriale. Non vogliamo più ragionare nell’ottica del singolo progetto, ma mettere insieme ogni opportunità per essere presenti sul territorio. Con le nuove progettazioni, poi, questo approccio è reso più semplice dal fatto che nascono già come una espressione “di rete”, e quindi con un indirizzo comune, che comprende anche l’intenzione di “prendere per mano” i cittadini e accompagnarli alla scoperta della natura che hanno a portata di mano, spesso proprio sotto casa. Ad aiutarci c’è il fatto che l’attenzione e la sensibilità verso i temi dell’ambiente è notevolmente cresciuta negli ultimi anni, insieme alla consapevolezza che natura e cultura vanno di pari passo.

Che progetti avete per il futuro?

In questo momento ci sono due progetti interessanti su cui stiamo lavorando. Uno, quello più complesso, punta a riunire attorno allo stesso tavolo, per dialogare, tutte le aree protette del territorio. E poi siamo impegnati a progettare un’iniziativa importante di comunicazione, a cui lavoreremo tra il 2024 e il 2025, partendo dalla raccolta dei bisogni del territorio. Infine, continueremo con le nostre attività più strettamente legate alla difesa della biodiversità, con diverse campagne di studio che riguarderanno componenti faunistiche come i pipistrelli e gli ungulati.

Avete avuto contatti con altre realtà o associazioni che vogliono replicare il progetto in altre aree?

Come Oikos abbiamo istituito da poco le sedi regionali: con questa organizzazione ci piacerebbe replicare in altre parti d’Italia i progetti che hanno funzionato e che funzionano meglio, ma ponendoci sempre in maniera “delicata” verso le realtà e le associazioni locali, senza imporre nulla, ma mettendo a disposizione la nostra esperienza.