Climeworks, la startup che cattura la CO2 dall’aria

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Si tratta di un maxi aspiratore che consente di estrarre dall’aria l’anidride carbonica, che poi viene immagazzinata e stoccata sottoterra

Catturare la CO2 direttamente dall’aria per stoccarla nel sottosuolo, dove potrà rimanere per migliaia di anni. È il progetto a emissioni negative della startup svizzera Climeworks, che ha messo in funzione il proprio primo maxi-impianto in Islanda. Il modello di business è quello di eliminare la CO2 dall’atmosfera, vendendo poi i crediti di carbonio corrispondenti alle aziende che devono compensare le proprie emissioni per conseguire il risultato della neutralità carbonica, o emissioni zero.

Si tratta del principio che prevede il bilanciamento tra le emissioni di CO2 e la sua eliminazione: un traguardo che dovrà essere raggiunto entro il 2050, come prevedono il Green Deal Europeo, che risale al 2019, e l’accordo di Parigi firmato da 195 Paesi nel 2016.

Credits: Climeworks

Di cosa parliamo?

Come funziona il maxi aspiratore di CO2

Il sistema di Climeworks funziona grazie a una serie di filtri posizionati in grandi strutture che contengono delle maxi-ventole di aspirazione: l’aria convogliata passa attraverso il filtro e cattura le particelle di anidride carbonica. Una volta che questi tessuti – che agiscono come spugne – sono saturi di CO2, il contenitore viene chiuso e riscaldato fino a una temperatura di 100 gradi centigradi. A quel punto l’anidride carbonica catturata viene combinata con acqua e affidata alle cure di un’altra startup, Carbfix, che si occupa di “iniettare” l’anidride carbonica a grandi profondità nel sottosuolo, dove rimarrà per migliaia di anni.

Climeworks

Credits: Climeworks

Le prime adesioni tra le big tech

La struttura operativa in Islanda è in grado, secondo i dati forniti da Climeworks, di “catturare” fino a 4mila tonnellate di CO2 nell’arco di un anno, pari alle emissioni di circa 800 automobili nello stesso periodo di tempo. Il procedimento utilizzato è quello che in inglese viene definito “direct-air capture”, e ha già suscitato l’interesse di alcune grandi aziende, interessate a sostenere il progetto e ad acquistare i crediti di carbonio.

Tra le prime a essersi attivate in questo senso, secondo quanto riportato da un recente approfondimento pubblicato dal Wall Street Journal, ci sarebbero la big tech statunitense Microsoft, la multinazionale canadese di e-commerce Shopify e Stripe, compagnia di San Francisco specializzata nella fornitura di infrastrutture per i pagamenti digitali.

I tre gruppi avrebbero infatti pagato in anticipo o preso l’impegno di pagare centinaia di dollari per acquistare ogni credito di carbonio, ognuno dei quali corrisponde a una tonnellata di CO2 rimossa. Più in generale, secondo quanto riportato dal Wsj citando i dati di Cdr.Fyi, le aziende hanno preso impegni ad acquistare da Climeworks e altre società crediti per oltre 700mila tonnellate di anidride carbonica.

Le prospettive future

Secondo il reportage del Wsj, Climeworks lo scorso anno ha ricevuto finanziamenti per 650 milioni di dollari da una serie di investitori, come il fondo sovrano per la salute di Singapore Gic Pte e la Partners Group Holding, oltre che dal fondo per l’innovazione del clima di Microsoft, che conta su risorse per un miliardo di dollari.

Anche grazie a questi investimenti l’azienda è impegnata a realizzare un secondo impianto in Islanda che a regime sarà in grado di “catturare” 36mila tonnellate di anidride carbonica in un anno.

Climework starebbe inoltre valutando la possibilità di estendere il proprio raggio d’azione anche agli Stati Uniti, dove il Governo mette a disposizione 3,5 miliardi di dollari per sviluppare quattro hub regionali basati sul sistema del “direct-air capture”.