BI-done, arte e riciclo alleate per l’economia circolare

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Sara Tocchini, presidente dell’associazione di Porcari, vicino a Lucca, composta da sette donne: “Con i nostri progetti ci rivolgiamo a persone di tutte le età: dagli scarti delle aziende del territorio diamo vita a laboratori creativi, installazioni e percorsi di formazione”

L’associazione BI-done nasce nel 2006 dall’incontro tra Sara Tocchini, Environmental coordinator presso una cartiera e Tonja Pierallini, una creativa uscita dall’Accademia di belle arti, entrambe con l’obiettivo di voler fare qualcosa che le rendesse partecipi di un progetto grande e concreto per il loro territorio. Una volta incrociata sul loro percorso l’associazione Remida di Reggio Emilia, un esempio di economia circolare all’avanguardia, in cui si recuperano materiali di scarto dalle industrie per metterli a disposizione delle scuole, hanno pensato di voler replicare qualcosa di simile nella zona della provincia di Lucca. È nata così la loro associazione, parte del centro per l’educazione al riuso Grossomodo, adesso coordinata da sette donne, che raccolgono scarti delle varie imprese del territorio per dare loro nuova vita, sotto forma di istallazioni artistiche o per realizzare laboratori per educare alla sostenibilità. In questa intervista, Sara Tocchini, fondatrice e presidente dell’associazione, ci racconta i tanti progetti e l’impegno.

Di cosa parliamo?

Sara, ci racconti come si è sviluppata nel tempo questa vostra iniziativa?

La partenza è stata difficile: contattavamo personalmente le aziende del nostro territorio per far capire loro quale era la nostra idea e di cosa avevamo bisogno. Ma il primo scoglio da superare era quello di far conoscere il senso della nostra associazione, quella di dare allo scarto un significato diverso dal rifiuto. Attorno a questa idea abbiamo cercato di coinvolgere anche le istituzioni, che fino al 2018 ci hanno incoraggiato senza però mai sposare il progetto. Poi c’è stata una piccola svolta, quando il Comune di Lucca ha messo a nostra disposizione una struttura in cui poter stoccare i materiali che raccoglievamo per metterli a disposizione dei nostri soci. All’inizio era tutto basato sul passaparola, mentre ora siamo più strutturati, e ci aiuta anche il fatto che l’economia circolare è un tema di cui oggi si parla molto. Le persone potevano entrare e prendere quello che volevano, in cambio di un piccolo contributo che ci aiutava a coprire le spese. Un altro punto di svolta è stato quando le scuole hanno iniziato a chiederci disponibilità per fare corsi di formazione agli studenti sull’economia circolare e sul riutilizzo dei materiali. Così abbiamo iniziato a percorrere anche questa strada insieme a quella delle installazioni fatte con materiali di recupero, commissionate dalle istituzioni o da enti privati. Tutto questo, guidato dal concetto estetico del bello e della sostenibilità, quindi senza utilizzare collanti, in modo che i materiali possano continuare a vivere sotto forme diverse potenzialmente all’infinito.

Che tipo di scarti utilizzate?

Sono tutti materiali che provengono dal nostro territorio, quindi dalla provincia di Lucca, dove è particolarmente sviluppato il settore delle cartiere e della cartotecnica: si tratta quindi di carta e cartoncino, di materiali pubblicitari, di ritagli, scampoli di stoffa, rocchetti di plastica e rotolini di filo che non vengono più usati dalle aziende, provenienti dalle manifatture tessili, e poca ceramica. Un tempo avevamo anche molti scarti dell’industria calzaturiera: tomaie, suole, fibbie. Ma nel corso degli anni molte aziende hanno chiuso, e ora questi materiali sono più rari. Ultimamente, infine, abbiamo avviato una collaborazione con un ombrellificio della zona, che ci consente di utilizzare gli scampoli di tende degli ombrelli che altrimenti avrebbero destinato alla spazzatura.

 

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A chi si rivolgono i vostri laboratori?

Quando realizziamo un laboratorio lo facciamo basandoci sull’idea che possa essere aperto a persone da zero a novantanove anni. Tanti li realizziamo in strada, e possono partecipare tutti. E poi possiamo orientarci sui temi che ci vengono proposti, come è successo recentemente per una festa, in cui ci hanno chiesto di realizzare attività che richiamassero l’inquinamento del mare. Ci siamo adeguati scegliendo i colori e i materiali più adatti allo scopo, come le plastiche per sensibilizzare sull’inquinamento e i toni del blu per richiamare l’oceano.

Come reagiscono i partecipanti alle vostre attività?

È molto gratificante vedere che la reazione delle persone è nella maggior parte dei casi di entusiasmo: generalmente, tra i bambini come tra gli adulti, registriamo stupore rispetto alle potenzialità dei materiali. Chi viene nel nostro centro per la prima volta rimane a bocca aperta difronte ai nostri scaffali, dove gli scarti sono catalogati per materiale e per colore. A chi si chiede cosa ci si possa fare mi piace rispondere che non si deve partire da una propria idea, da un’esigenza, ma ci si deve lasciare ispirare e guidare dalla creatività. In questo i bambini sono bravissimi, non dicono di cosa hanno bisogno, ma si fanno guidare da quello che vedono.

Quali sono le iniziative che riscuotono più successo?

Abbiamo un laboratorio che si chiama ugualidiversi, che realizziamo nelle scuole, nato come iniziativa di intercultura, che piace molto. I partecipanti si trovano difronte a un grande cumulo di pezzetti di legno, tutti apparentemente molto simili, ricavati dagli zoccoletti dei pancali. Si tratta di trovare quelli simili tra loro e di capire quali sono gli elementi che li differenziano. Questo serve per educare ai temi della diversità e dell’accoglienza, anche grazie alla presenza in classe della maestra, che poi potrà affrontare il tema nel percorso didattico. In altre attività coinvolgiamo i partecipanti a sentire la differenza tra un materiale e l’altro, o a indovinare se è naturale o artificiale, se viene dall’uomo o dalla natura. Ma ultimamente insieme a Grossomodo e all’assessorato per le politiche giovanili del Comune di Lucca stiamo provando a dare vita a iniziative che siano mirate a catturare l’attenzione degli adolescenti, come i corsi per l’educazione alla corporeità, che passa anche per l’educazione sessuale. È difficile fare breccia in questo mondo, ma i primi risultati sono stati incoraggianti, e abbiamo l’intenzione di partire presto con un secondo ciclo.

Su cosa state lavorando per il futuro?

Stiamo lavorando a replicare un progetto che avevamo già realizzato nel 2019, un appuntamento sul riutilizzo dei vestiti, che abbiamo chiamato Rivesto. Su questo tema abbiamo costruito uno spettacolo, con musica e sfilate di moda, tutto finalizzato al baratto degli indumenti, in collaborazione con altre due associazioni, Lillero e Daccapo.