Adotta un vigneto, agrifood e sostenibilità in chiave digitale
Scritto da
Ettore Benigni
Giornalista
Il ceo di Agrobit Simone Kartsiotis: “Puntiamo ad aiutare i produttori di vino connettendoli direttamente con i consumatori. Creando legami solidi che vanno al di là dell’e-commerce, all’insegna della sostenibilità ambientale, economica e sociale”
Adotta un vigneto è una delle attività di Agrobit Srl, startup agritech nata da poco meno di due anni come evoluzione di una esperienza precedente, che si pone l’obiettivo di supportare gli agricoltori e i professionisti del settore nella loro trasformazione digitale attraverso la tecnologia, dai droni all’utilizzo delle app per rendere sempre più semplice ed efficienti le attività del mondo agrifood. Nel caso specifico di Adotta un vigneto si tratta di sostenere le attività di un vignaiolo con un contributo economico, potendo scegliere in cambio una box di prodotti dell’azienda e avendo anche la possibilità di visitare l’attività e di conoscere personalmente l’imprenditore. A raccontare il progetto in questa intervista è il ceo della startup nata a Firenze, Simone Kartsiotis.
Di cosa parliamo?
- Come è nata l’idea di creare Adotta un vigneto?
- Si risolve tutto in una nuova proposta di e-commerce?
- Che ruolo ha la sostenibilità in questo vostro progetto?
- Accanto a questo c’è anche un progetto più a lungo termine
- Come funziona in concreto Adotta un vigneto?
- Quali obiettivi vi siete dati per il futuro?
- Come è nata la collaborazione con il programma Greeners di Sorgenia?
- Il mondo dell’agricoltura è spesso considerato come un simbolo di tradizione, e quindi di resistenza alle tecnologie digitali. È davvero così?
Come è nata l’idea di creare Adotta un vigneto?
Abbiamo voluto dare un supporto ai produttori di vino, che sono schiacciati dai costi di produzione e da un mercato che non li remunera – soprattutto quelli più piccoli – nella giusta misura. Abbiamo pensato di farlo contribuendo ad accorciare la catena di produzione, mettendo in connessione diretta i consumatori e i produttori, riconoscendo a questi ultimi i giusti prezzi. Il sito è come una vetrina: i vignaioli possono decidere cosa mettere nei vari box che propongono nei pacchetti per l’adozione, e guadagnano quello che chiedono, come se vendessero direttamente a un privato. Oggi siamo arrivati ad avere tra inostri partner 20 vignaioli da 13 regioni. Tra loro ce ne sono anche alcuni che operano in condizioni difficili, come quelli della cosiddetta viticultura “eroica”, in alta montagna con i terrazzamenti: è il caso di diverse realtà della Liguria, del Piemonte o del Trentino.
Si risolve tutto in una nuova proposta di e-commerce?
No, un altro dei nostri obiettivi è di riuscire a creare una connessione, un legame diretto che vada al di là del semplice scambio commerciale. Per questo abbiamo pensato anche a una parte esperienziale, con l’opportunità di visitare i vigneti e di partecipare a degustazioni in cantina e anche da remoto: un modo in più per connettere le persone al territorio e ai produttori.
Che ruolo ha la sostenibilità in questo vostro progetto?
Inizierei dal fatto che scegliamo soltanto produttori che hanno sposato in qualche modo la sostenibilità: per la produzione biologica, o per un utilizzo attento delle risorse, o per scelte che vanno nella direzione della tutela dell’ambiente e della biodiversità. Inoltre, ci rivolgiamo in generale ai piccoli vignaioli locali. In generale, siamo allineati a un certo numero di obiettivi dell’Onu rispetto alla sostenibilità economica, sociale e ambientale: dalla remunerazione adeguata per gli imprenditori alla scelta di partner che fanno un uso minimo o nullo di sostanze chimiche e che producono energia in maniera sostenibile. Inoltre, dal punto di vista sociale favoriamo il territorio e le comunità in cui i vignaioli operano.
Accanto a questo c’è anche un progetto più a lungo termine
Sì, accantoniamo una parte dei contributi che vengono dalle adozioni per la creazione di un fondo di agricoltura 4.0, grazie al quale ci proponiamo di aiutare i nostri partner a digitalizzare la loro attività, rendendola più sostenibile e semplificando il loro lavoro. Oltre a questo, stiamo lavorando per dare vita a nuove partnership con aziende che si occupano di quantificazione della Co2, e vorremmo sostenere grazie alle adozioni progetti di riforestazione, dando così più impulso alla parte che riguarda la sostenibilità ambientale, grazie anche a campagne di co-marketing e via social.
Come funziona in concreto Adotta un vigneto?
Il progetto si rivolge sia ai singoli cittadini sia alle aziende. Attraverso il nostro sito si può scegliere un vignaiolo e un vigneto da adottare, e la formula con cui dare il proprio sostegno. Con l’adozione si hanno i seguenti vantaggi: un certificato di adozione del valore di un anno, la possibilità di visitare il vigneto, una degustazione in cantina e da remoto e l’accesso a una piattaforma digitale che consente di seguire le attività del proprio vignaiolo mediante un quaderno di campagna con foto/video mensili e di avere la propria cantina digitale in cui poter vedere le descrizioni dei vini acquistati. Le formule di acquisto sono quattro: box vigneto (solo adozione senza vini), box classico (due vini), box superiore (tre vini) e box riserva (sei vini). L’adozione ha la durata di un anno, può essere rinnovata nel tempo ed è anche possibile regalarla ad una persona cara. Stiamo pensando anche a una formula ad abbonamento che potremmo attivare successivamente.
Quali obiettivi vi siete dati per il futuro?
Dobbiamo lavorare di più sul lato aziende: finora alcune hanno fatto anche adozioni in blocco per regali aziendali o eventi, ma possiamo potenziare questa offerta. Quanto ai singoli utenti, oggi siamo a più di mille, e ci siamo dati l’obiettivo di arrivare a duemila entro la fine del 2023. Allo stesso modo, ci piacerebbe chiudere l’anno con almeno 10 aziende tra i nostri partner. Paradossalmente tra le difficoltà più grandi c’è il coinvolgimento dei vignaioli, nonostante chiediamo loro davvero poco. Questo perché si tratta di un mercato estremamente frammentato, in cui i singoli spesso decidono di andare per conto loro.
Come è nata la collaborazione con il programma Greeners di Sorgenia?
Collaboriamo dall’inizio della nostra esperienza, e devo dire che si tratta di una bella partnership, perché ci tiene in contatto con un mondo di utenti molto attenti alla sostenibilità.
Il mondo dell’agricoltura è spesso considerato come un simbolo di tradizione, e quindi di resistenza alle tecnologie digitali. È davvero così?
Devo ammettere che proporre il nostro approccio è spesso molto faticoso. Ma tutto sta nell’interlocutore che si ha davanti. C’è chi è più innovativo e chi “resiste”, ma nel lungo temine i vantaggi dell’applicazione delle tecnologie digitali al mondo dell’agricoltura saranno evidenti per tutti, e anche il cambio generazionale alla guida delle aziende servirà per compiere questo passo. Di certo, chi sceglie oggi la via della trasformazione digitale avrà un vantaggio competitivo rispetto a chi dovrà colmare il gap nei prossimi anni. Diciamo che ci troviamo ancora nella fase in cui siamo noi a contattare molte aziende, mentre sono di meno quelle che contattano noi. La conoscenza è ancora scarsa, e per questo con Agrobit siamo impegnati anche nel campo della formazione. I nostri progetti di ricerca e sviluppo ci danno anche la possibilità di mostrare con eventi e demo le tecnologie che proponiamo. E a breve lanceremo un’app, iAgro, che consentirà di monitorare le colture direttamente dallo smartphone, dando indicazioni utili agli addetti ai lavori su come gestire le coltivazioni in tempo reale.