Storie virtuose: una “filosofia agricola” in casa con Alessandra e Paolo

Scritto da La Redazione di Sorgenia

“Si fa tutto in funzione del consumare e inquinare meno. Se tutti facessimo delle cose un po’ a modo, magari non si risolverebbero tutti i problemi, ma alcuni sì”.

di Davide Cristaldi 

Alessandra e Paolo vivono nell’Appennino emiliano, nella campagna di Pantano, un piccolo agglomerato di case in provincia di Reggio Emilia. La loro è una casa fatta di pietra e con le travi in legno, in cui prima di loro due vivevano i genitori di Alessandra, e dove lei è nata. Da diversi anni in casa hanno adottato lo stile di vita tipico della cultura contadina di questi luoghi, governato fondamentalmente da due principi: produrre in casa il possibile e ridurre gli sprechi. Il mondo contadino è da sempre legato all’autonomia, mi raccontano appassionatamente parlando dei loro luoghi e delle loro abitudini.

Di cosa parliamo?

Autonomia: riscaldamento con la stufa a legna

“Ovviamente l’autonomia completa è impossibile da realizzare”, ci spiega Paolo che di mestiere fa l’infermiere e si ricorda di quando da piccolo aiutava la famiglia facendo il contadino, “ma su determinate cose è fattibile”. Una è il riscaldamento. La stufa a legna che hanno in salone, infatti, riscalda tutta la casa mandando il calore che produce ai termosifoni. Ed è anche sfruttata, grazie a un piano di cottura, per riscaldare cibi o bollire l’acqua. La legna che brucia tutto il giorno durante l’inverno la ricava Paolo dal bosco di sua proprietà, dove nei periodi stabiliti dalla legge la taglia personalmente e la porta in casa, seguendo le regole vigenti sull’abbattimento degli alberi per i boschi privati, sulle quali vigila la Forestale.

La stufa a legna è uno di quegli accorgimenti che è possibile adottare anche in città. Nei condomini si può collegare la canna fumaria della stufa a quella condominiale che sfocia sul tetto. L’unica differenza consiste nell’approvvigionamento della legna, una risorsa che in campagna può essere autoprodotta, mentre in città va comprata.

Sul fronte sostenibilità, anche se in prima battuta potrebbe sembrare una scelta poco ecologica poiché la stufa rilascia CO2 durante la combustione, in realtà la combustione del legno che avviene in una stufa in regola è in equilibrio con il ciclo della natura, poiché il legno non è un combustibile fossile, e la quantità di biossido di carbonio che rilascia quando brucia è pari a quella rilasciata quando si decompone, a sua volta pari a quella assorbita nell’arco di vita dell’albero. Come si legge nel sito dell’ente lombardo Arpa “La combustione delle biomasse legnose non comporta emissioni aggiuntive di CO2 (biossido di carbonio) – il principale dei gas climalteranti – in atmosfera in quanto la legna è un combustibile biogenico, ossia generato per fotosintesi a partire da carbonio già presente in atmosfera. È una fonte energetica rinnovabile”.

Autonomia: pannello solare per riscaldare l'acqua

Paolo mi racconta che con la stufa l’unica cosa che non possono riscaldare è l’acqua corrente, per la quale in compenso hanno installato sul tetto della casa un piccolo pannello solare, collegato direttamente a un serbatoio dell’acqua. Pannello che però non produce energia elettrica, non essendo un impianto fotovoltaico. Chiedo a questo punto perché non si sono autonomizzati anche dal punto di vista dell’energia elettrica, con un impianto fotovoltaico: “Potremmo farlo” è la risposta di Paolo, “il discorso è che la casa non è stata costruita in quell’ottica, se volessimo fare un impianto efficiente dovremmo riconvertire tutta la casa, in modo da avere un buon rendimento. Se lo installo ora lo sfrutterei solo per gli elettrodomestici come phon, tv, frigorifero e frullatore. Perché sia un’operazione efficiente dovremmo prevedere anche l’aggiunta dell’impianto di riscaldamento elettrico, il piano cottura elettrico, il forno elettrico, e anche una stazione di ricarica per un eventuale veicolo elettrico”.

Autonomia: frutta e verdura dall'orto

La seconda forma di autoproduzione in casa di Alessandra e Paolo è l’orto: “produciamo da soli tutte le verdure: coltiviamo la bietola, l’insalata, i pomodori, le patate, le cipolle, le carote, l’aglio, il cavolfiore, la verza, il cavolo rosso e nero…” e chi più ne ha più ne metta. Per le verdure insomma non hanno bisogno di mercato o supermercato, sono autonomi: “La compriamo poco, diciamo mai”. Questo comporta non solo un beneficio economico, che forse è di secondo piano, ma soprattutto il potersi alimentare di prodotti bio, dai sapori e dagli odori genuini. E comporta anche, fa parte della filosofia, la rinuncia ad alcune pretese: “E’ chiaro che il discorso dell’autoproduzione include seguire le stagioni e rinunciare ai capricci: quando hai l’orto, se è periodo di pomodori, ad esempio, mangi molti pomodori, magari per due mesi, finché è stagione. Difficilmente poi vai a mangiare pomodoro in inverno, quando non è di stagione”.

Mi spiegano anche che il sapere per poter coltivare tutte queste verdure gli viene dalla cultura in cui sono immersi, che è appunto la cultura della campagna, delle origini contadine, ma che comunque anche imparare da zero non è difficile, la maggior parte delle verdure non ha bisogno di tanto oltre che di una sana irrigazione. E Paolo e Alessandra per l’irrigazione dell’orto usano solamente l’acqua piovana, raccolta in dei grandi contenitori di plastica nel giardino. Nell’orto, infine, smaltiscono l’umido, che è un ottimo fertilizzante, e che in questo modo non deve essere buttato nei cassonetti – loro l’hanno dichiarato all’azienda regionale e ottenuto il 25% di detrazione sulla TARI.

In città per coltivare un orto c’è una soluzione – oltre al ripiego dei vasi in balcone, per chi ne ha – ancora da implementare a grande scala, ma interessante: quella degli orti urbani, cioè dei pezzi di terra pubblica assegnati ai residenti e ubicati nelle vicinanze delle case e dei condomìni. Ciò che si dovrà fare è pensarli per ogni nuova costruzione, come fossero dei garage: includerli nel progetto di costruzione in modo che ogni proprietario di un appartamento abbia assegnato anche un pezzo di terreno per creare l’orto.

un orto in campagna

Autonomia: riciclo, saponi home made e riuso dell'acqua

Ma tornando ai discorsi intrattenuti con Alessandra e Paolo, altre attenzioni che la loro filosofia di vita porta con sé in casa riguardano i saponi: Paolo e Alessandra hanno eliminato il sapone liquido, che comporta uno spreco di plastica, in favore delle saponette e, a volte, di sapone liquido fatto in casa con le foglie dell’edera del giardino (che però non è disponibile in modo fisso dal momento che non si conserva, e dunque va utilizzato nel giro di pochi giorni dalla produzione). Mentre per limitare l’uso di acqua, usano scaricare il wc con l’acqua di scarico della lavatrice, che al posto di esser lasciata defluire nelle tubature viene fatta uscire in una tinozza, in modo da essere riutilizzabile. Mentre quella che esce dal lavaggio ad alti gradi delle lenzuola, in particolare quella dei primi risciacqui, che è molto pulita e già insaponata, la usano per il lavaggio dei pavimenti, riducendo in un solo colpo il consumo di acqua e di detersivi.

Insomma una filosofia agricola in casa è possibile, è cosa semplice che non richiede tanto se non piccole attenzioni e abitudini. È certamente più facile abbracciarla quando si ha un giardino, magari in campagna, ma abbiamo visto come buona parte degli accorgimenti siano possibili anche in città. La chiacchierata si conclude anche stavolta con una riflessione sul senso di piccoli impegni quotidiani. Mi dice Paolo: “si fa tutto in funzione del consumare meno, inquinare meno, nel nostro piccolo insomma… dopo non è che facciamo delle cose incredibili, però io penso che se tutti facessimo delle cose un po’ a modo, magari non si risolverebbero tutti i problemi, ma alcuni sì”.