Perché parliamo di questa specie?
Quello dell’approccio alle specie aliene invasive è un tema complesso e sfaccettato, foriero di aspetti ecologici, economici e sociali che insieme vanno a costituire storie, problemi e opportunità variegate, al confine tra natura e cultura. Una specie che esemplifica benissimo questo tema spinoso (è proprio il caso di dire) è la robinia, albero nordamericano arrivato in Europa nel 1600 e oggi elemento caratteristico di molti paesaggi globali, Italia compresa. Scopriamo insieme i segreti di questa problematica specie.
INDICE DEI CONTENUTI
Identikit
Nomi comuni: Robinia, acacia, falsa acacia
Nome scientifico: Robinia pseudoacacia
Caratteristiche fisiche: La robinia è una pianta arborea amante del sole e dei suoli drenati, capace di raggiungere grandi dimensioni (fino a un massimo di 35 metri) a dispetto di una vita media compresa solamente tra i 60 e i 100 anni. Se coccolati, tuttavia, alcuni rari esemplari possono diventare plurisecolari, come quello piantato dall’originario importatore Jean Robin a Parigi nel 1601, ad oggi l’albero più vecchio dell’intera città. Le foglie sono composte, lunghe da 10 a 30 cm, mentre i grappoli di fiori bianchi, le uniche parti non tossiche della pianta, attraggono col loro forte profumo soprattutto alcune specie di api e vespe. Le piante giovani e i rami più esili di quelle vecchie sono dotate di numerose spine, mentre la corteccia del tronco, quando matura, è solcata profondamente ma priva di queste. I frutti, tipici delle leguminose, sono simili a quelli del carrubo, ma più esili.
Caratteristiche comportamentali: la caratteristica più formidabile della robinia è la capacità di ricacciare velocemente e per tutta la durata della propria vita polloni vitali tanto dalle radici, integre o danneggiate, quanto dal tronco eventualmente tagliato alla base (ceppaia). Questo rende la pianta capace di colonizzare come specie pioniera estese superfici, specie in contesti degradati e con tanta disponibilità di sole quali margini di ferrovie e strade, diradamenti boschivi, incolti, siepi e pascoli abbandonati.
Habitat d'elezione
Negli Stati Uniti orientali, suo contesto originario, la pianta cresce lontana dal mare e fino a 1600 metri d’altezza, privilegiando suoli poco ripidi e boschi relativamente aperti. Al di fuori dell’areale originario la specie si è dimostrata però capace di colonizzare velocemente ed estesamente ambienti disturbati già dal livello del mare, tollerando tanto le gelate invernali quanto la salsedine. Allo stato attuale, la sua diffusione viene frenata dall’incontro con ambienti troppo aridi (in Italia per esempio la maggior parte di Sicilia e Sardegna) o troppo freddi (vedi le Alpi – ma non Prealpi!), ma è verosimile aspettarsi che il crescente surriscaldamento globale agevolerà la specie (eventuali parassiti permettendo).
Rapporto con l'uomo e stato di conservazione
Il segreto del successo di questo albero, oggi diffuso in ogni continente, non è solamente di natura ecologica. Quando il giardiniere di corte Jean Robin (da cui il nome Robinia) esportò per primo la pianta, insediandola alla corte del re di Francia Enrico IV nel 1601, lo fece perché ammaliato dalle sue qualità estetiche. L’uomo però sottovalutava le qualità intrinseche dell’ottimo legno, tra i principali protagonisti arborei della ricostruzione del secondo dopoguerra europeo, e le qualità organolettiche del miele (il famoso ‘miele d’acacia’), oggi tra i dolcificanti più facilmente reperibili sugli scaffali dei supermercati di mezzo mondo.
Cosa possiamo fare noi?
La robinia attualmente è inserita nell’elenco IUCN (International Union for the Conservation of Nature) delle 100 specie invasive più dannose al mondo, in virtù dei dimostrati effetti collaterali sulla biodiversità autoctona, che viene ridotta e omogeneizzata dalla pianta quando libera di crescere in estesi raggruppamenti e per molti decenni di seguito. Alla luce di questo, noi cittadini possiamo disincentivare il suo acquisto a scopi ornamentali, ma anche sollecitare le amministrazioni pubbliche a preferire altre specie meno problematiche (meglio se autoctone) per il riempimento degli spazi pubblici.
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