Conversazione con Francesco Pelaia, responsabile dell’associazione Aggiustotutto Repair Cafè

Gettarlo o ripararlo? A questa domanda rispondono i repair cafè, associazioni che trovano la loro missione nel dare una seconda vita agli oggetti difettosi. Aspirapolvere, computer, smartphone tutto può essere riparato e riportato a nuova vita.
Molto diffusi in Svezia, dove le attività di riparazioni godono di una tassazione agevolata con l’Iva al 12%, anche in Italia stanno iniziando a diffondersi.
A Roma, nel popolare quartiere del Tufello, c’è Aggiustotutto Repair Café, ospitato dal centro sociale LabPuzzle. Un luogo di aggregazione che lavora per diffondere, non senza qualche difficoltà, la cultura del riuso e dell’autoriparazione.

Ne abbiamo parlato con Francesco Pelaia, uno dei responsabili dell’associazione.

Di cosa parliamo?

Com’è nata l’associazione “Aggiustotutto Repair Café”?

L’associazione è nata dalla volontà dei tre soci fondatori che, dotati di manualità, di interesse per la riparazione e per il recupero, di sensibilità per l’ambiente hanno deciso di far partire questa iniziativa. Ciascuno di noi aveva una sua officina casalinga dove svolgeva per sé e per gli amici questa attività. Poi abbiamo visto l’esistenza del repaircaffè, ci è piaciuta l’idea e ci siamo detti “perché no”. Uno dei tre soci ha messo a disposizione un locale e gli altri la volontà.

Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a creare questa associazione?

Intanto la volontà di diffondere la cultura del recupero, del riuso e quindi la cultura della riparazione. Poi un altro discorso, che per noi è molto importante, è che riparare vuol dire risolvere tutta una serie di problemi quotidiani in autonomia e quindi non dover dipendere da altri, dai centri assistenza, dall’idraulico che non arriva o dall’elettricista che chiede cifre esagerate. La cultura del saper fare ci aiuta a uscire da un sistema che crea vincoli anche economici. La nostra attività è molto incentrata sull’insegnare alle persone a risolvere da soli i problemi. Infatti, ultimamente rifiutiamo di fare attività di riparazione gratuita se le persone non vogliono essere coinvolte.

Chiedete di collaborare alla riparazione?

Esattamente. Se noi dedichiamo gratuitamente del tempo, chi viene da noi deve dedicare altrettanto tempo a imparare e restare con noi mentre ripariamo. Altrimenti faremmo concorrenza che non vogliamo e non possiamo fare ai riparatori professionali. Perciò noi chiediamo a tutte le persone che vengono da noi di fare un’esperienza e di diventare nostri soci. Chi viene prende in mano il cacciavite e svita, apre e ripara insieme a noi.

Nel concreto quali sono le vostre iniziative? Come sono organizzate le iniziative di Repair Café?

Noi abbiamo un appuntamento fisso per tutti i giovedì dalle 17 alle 20 in cui siamo a disposizione delle persone che vengono a portarci cose da riparare, possono restare a guardare e partecipare alle riparazioni che ci portano altre persone oppure semplicemente venire confrontarsi con gli altri soci. Altre volte facciamo dei corsi specifici di riciclo e riuso creativo oppure troubleshooting domestico cioè come risolvere i piccoli problemi di casa, dal cambiare l’interruttore a far smettere di gocciolare il rubinetto, oppure cose più specifiche come fare delle lampade utilizzando materiali di scarto. Poi abbiamo una filiera completa di riciclo e riuso della plastica. Attualmente siamo in un centro sociale, il LabPuzzle, noi raccogliamo la plastica che viene scartata dai frequentatori del centro sociale, abbiamo un mulino che la sminuzza e poi un estrusore per trasformarla in filo per la stampante 3D. Con la stampante stampiamo oggetti che rientrano nell’uso della comunità.

Qual è stata la risposta della cittadinanza alle vostre attività?

Noi siamo nel quartiere romano del Tufello. La risposta purtroppo è piuttosto lenta, nel senso che e molti si aspettano un centro di riparazione, l’attività da sociale interessa a pochi, la disponibilità per partecipare attivamente purtroppo è molto scarsa, se dovessimo fare una statistica diciamo che circa il 60% dei frequentatori è di sesso femminile e di età tra i 35 e i 45 anni.

Che attività svolgete coinvolgere di più la cittadinanza?

Facciamo più attività di divulgazione e cerchiamo di intercettare i ragazzi un po’ più giovani attraverso la collaborazione con le altre realtà del territorio. Sono molto interessati all’uso della stampante 3D, sono coinvolti nella riparazione di computer, portatili, telefoni, anche nella reinstallazione di software, formattazione tutte queste cose che possono essere utili. I ragazzi partecipano volentieri ma da lì a dedicare tempo a questa attività e seguirla è un po’ diverso, diciamo che abbiamo un grandissimo passaggio e una scarsissima permanenza.

C’è uno scambio intergenerazionale?

A noi piacerebbe molto però le fasce più difficili sono proprio i giovani e gli anziani. Sono entrambi utilizzatori o aspiranti utilizzatori del servizio, gli anziani non hanno un grandissimo stimolo a imparare cose nuove. Tra l’altro siamo in un quartiere popolare, contavamo di avere qualche artigiano in pensione che si facesse coinvolgere, che ci venisse a dare una mano o che semplicemente venisse a passare un pomeriggio. Purtroppo questo succede molto poco.

Quali sono i vantaggi che derivano dal riparare oggetti difettosi e non acquistare invece oggetti nuovi?

Il vantaggio è duplice. Per il proprietario dell’oggetto è prima di tutto un vantaggio economico perché non deve acquistare un oggetto nuovo. Poi con l’autoriparazione l’oggetto è funzionante nel giro di una giornata, mentre se ti rivolgi a un centro d’assistenza o a un professionista può passare del tempo. Poi c’è un vantaggio per l’ambiente perché l’acquisto nuovo ha un doppio costo ambientale: uno è quello di produzione di CO2 e di consumo di materiali per la produzione, il trasporto e la commercializzazione dell’oggetto nuovo, il secondo è il costo di smaltimento dell’oggetto vecchio. Il riuso permette di riutilizzare l’oggetto così com’è o magari sostituendo un singolo componente e quindi lo scarto, il rifiuto si riduce a un decimo del volume quindi l’impatto ambientale è assolutamente inferiore. Abbiamo vantaggi per i singoli e per la comunità, così com’è nell’economia circolare.