La nostra dieta mette a rischio la sopravvivenza delle foreste

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

I dati del Living Planet Report 2024: il sistema alimentare globale è la causa del 90% della deforestazione su scala globale, oltre la principale causa di perdita della biodiversità. Ma nonostante questo un terzo della popolazione mondiale non ha cibo a sufficienza

Un appello alle istituzioni mondiali perché prestino più attenzione al sistema alimentare, in particolare alle risorse naturali e degli ecosistemi che sfrutta. A lanciarlo è stato nei giorni scorsi il WWF, in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione che si è celebrata il 16 ottobre.

L’allarme lanciato dal WWF parte dai dati del Living Planet Report 2024, pubblicato recentemente, da cui emerge che il sistema alimentare globale utilizza il 40% della superficie non coperta da ghiacci ed è la principale causa della perdita di biodiversità sul Pianeta, oltre che responsabile del 70% del consumo di acqua dolce e di una quarto delle emissioni di CO2. Nonostante questo – denuncia il WWF sollevando il “paradosso del sistema alimentare” – un terzo della popolazione non ha il cibo sufficiente per vivere.

Di cosa parliamo?

Il cibo e la distruzione degli ecosistemi 

Quasi il 90% della deforestazione sulla Terra è causato dai consumi dell’uomo, soprattutto nelle zone tropicali e subtropicali.

“Troppo spesso il cibo che consumiamo, anche in Italia, dal pollo al pesce – denuncia l’associazione delle Nazioni Unite – fino ai prodotti contenenti olio di palma, caffè e cioccolato, ha legami diretti con la distruzione di alcuni dei nostri ecosistemi più preziosi. L’Amazzonia e altre foreste pluviali nel mondo, dimora di alcune delle specie più iconiche, vengono rase al suolo per bonificare il terreno, che viene poi utilizzato per allevare bestiame o per colture e piantagioni”.

La posizione dell’Europa

Secondo i dati diffusi dal WWF l’Europa è il secondo importatore al mondo, dopo la Cina, di prodotti ottenuti distruggendo porzioni di foreste tropicali. E in questo contesto l’Italia è il secondo maggiore consumatore, nel Vecchio Continente, di materie prime “a rischio di distruzione di natura”, che contribuiscono alle distruzione di quasi 36mila ettari di vegetazione in un anno. Ogni italiano, con i propri consumi alimentari, denuncia il WWF, è responsabile della deforestazione di 6 metri quadrati l’anno.

L’azione dei consumatori

Al di là delle iniziative dei legislatori, però, anche i singoli consumatori possono svolgere un ruolo di primo piano per proteggere le foreste e gli ecosistemi, grazie anche a piccoli gesti quotidiani, alleviando la pressione sulle foreste e quindi mangiando in modo più sostenibile.

Ad esempio, possiamo preferire una dieta a base di cibi vegetali, poca carne e pochi derivati animali, assicurandoci che provengano da allevamenti rispettosi del benessere degli animali e della natura, come gli allevamenti biologici e gli allevamenti estensivi/liberi.

“Se a livello mondiale riusciremo ad andare in questa direzione – conclude Alessi – i risultati saranno un sistema alimentare più sostenibile e foreste vitali capaci di contribuire alla lotta al cambiamento climatico, alla conservazione della biodiversità, garantendo la sicurezza alimentare”.

Il cibo e la biodiversità

Nella sua denuncia il WWF evidenzia i legami tra gli alimenti e la perdita di biodiversità. A partire dalla soia, ingrediente chiave della dieta degli animali negli allevamenti intensivi, che viene per la maggior parte prodotta in Sud America, dove è tra le cause della deforestazione del Cerrado, ecosistema di savana con la maggiore biodiversità al mondo che ospita specie iconiche come il giaguaro.

“Oggi, in nessun altro luogo al mondo, la perdita e il degrado di foreste e di altri ecosistemi prioritari causati dall’agricoltura industrializzata è più evidente che nel Sud America”, spiega il WWF.

Il regolamento europeo anti-deforestazione

Approvata nel 2023, la norma dispone che sette materie prime e tutti i loro derivati potranno essere introdotti sul mercato europeo solamente se le aziende importatrici potranno dimostrare che i prodotti non hanno causato deforestazione grazie a un tracciamento puntuale dell’intera catena di approvvigionamento. Si tratta di soia, olio di palma, carne bovina, caffè, prodotti legnosi, cacao e gomma. Ma i primi giorni d’ottobre la Commissione Ue ha proposto di posticipare l’entrata in vigore del provvedimento al 30 dicembre 2025.

“Se il Parlamento e il Consiglio dell’UE approveranno la proposta, le imprese avranno un anno in più per prepararsi ma ci sarà anche un anno in più per distruggere le foreste del Pianeta per fare spazio a coltivazioni, piantagioni e allevamenti – denuncia Eva Alessi, responsabile sostenibilità del WWF Italia – Rinviare di un ulteriore anno significa che potremmo perdere, se il trend rimanesse uguale a quello degli ultimi anni, altri 3 milioni di ettari, ossia 8 campi da calcio di foresta tropicale vergine ogni minuto”.