SustainabItaly, a Miami in mostra l’impegno italiano per la sostenibilità ambientale
Scritto da
Ettore Benigni
Giornalista
L’esposizione è stata promossa dal Consolato Generale a Miami ed è ospitata dal Wolfsonian Museum fino al 20 marzo. “SustainabItaly” intende mettere in mostra il design italiano attento ai temi della sostenibilità
Italianità e sostenibilità, unite nel segno del design. Succede a Miami con la mostra “SustainabItaly – People, Planet, Prosperity”, promossa dal Consolato Generale italiano a Miami in occasione della fiera internazionale di arte contemporanea, Art Basel Miami Beach. A ospitarla, fino al prossimo 20 marzo, è il Wolfsonian Museum.
L’esposizione, curata e voluta dall’architetto Luisa Bocchietto, presenta esempi eccellenti di design italiano in cui è evidente l’attenzione posta su diversi aspetti della sostenibilità, come l’uso di materiali non inquinanti e la riduzione:
- del “peso” ambientale dell’uso di materia prima
- degli imballi
- dei consumi energetici
Ne parliamo proprio con l’architetto Bocchietto, designer e presidente della World Design Organization tra il 2017 e il 2019.
Di cosa parliamo?
Come nasce l’idea della mostra?
Ho ricevuto un invito dal console generale Cristiano Musillo, che desiderava allestire una mostra in occasione del Miami Art Basel. La sostenibilità è un tema che da qualche anno è diventato centrale per me. Il mio suggerimento di mettere in mostra il design italiano e la sostenibilità è stato accolto ed è stato inventato questo titolo. La scelta del nome è in continuità con la tradizione italiana: fa parte del nostro lavoro anche questo, trovare nomi originali e creativi, mentre i designer stranieri usano solitamente sigle. Mi vengono in mente la Valentine di Sottsass e il Merdolino dell’Alessi, o il mio Vas-One, nomi che raccontano qualcosa.
Cosa le interessava mettere in evidenza?
Volevo presentare i prodotti eccellenti fatti da aziende italiane, come da tradizione. Ma che mettessero in evidenza un aspetto legato alla sostenibilità – relativamente al processo, al materiale, o alla riduzione del packaging – e parallelamente mostrare anche percorsi alternativi che vengono portati avanti da associazioni, persone o organizzazioni alla ricerca di strade nuove nell’ambito della sostenibilità, per quanto riguarda la distribuzione o la sensibilizzazione: altre visioni complementari a quella tradizionale del design italiano, sull’acqua, sull’autoproduzione, sulla produzione 3D in remoto che riduce i costi di spedizione.
Quali opere l’hanno colpita particolarmente?
C’è questa sedia della Pedrali, che si chiama Frida e che in passato ha vinto il Compasso d’Oro. È molto leggera. È un classico perché la sedia nella modernità deve essere leggera e resistente. Ma il tema importante è la riduzione di uso di materiale: nella leggerezza c’è lo studio di riduzione del peso, un trattamento di verniciatura del legno – che viene da foreste certificate – sostenibile. Oppure la lampada Luceplan, fatta di piccole lamelle di legno, che viene spedita con packaging ridotto, alto pochi centimetri, e quando si allestisce prende una forma tridimensionale.
C’è poi la Nesting, una sedia molto interessante fatta dalla Cyrcus di Denis Santachiara: gli sfridi della lastra da cui è ricavata, con il taglio laser, sono stati utilizzati per decine di altri piccoli oggetti. Vengono allocati per altri materiali con lo scopo di ridurre sprechi e rifiuti.
Un buon design oggi si giudica anche in funzione della sostenibilità?
C’è un cambiamento di paradigma: fino al secolo scorso il design era integrazione tra forma e funzione, quindi prodotto industriale. Ora con la rivoluzione digitale il design tende a smaterializzarsi. Si continuano a fare prodotti ma sempre più si studiano processi e servizi, come con le app. Si riduce l’oggetto da disegnare, si disegnano servizi. Il piano d’azione del design si amplia: il committente non è più solo l’impresa ma anche l’istituzione, la fondazione, la città. C’è una visione del design che va verso le città. E il criterio alla base di tutto è la sostenibilità. All’estero forse in questo momento c’è maggiore sensibilità che in Italia. Siamo ancora un po’ bloccati sull’oggetto, mentre all’estero si va più verso i servizi e verso la riduzione degli sprechi e alla soluzione ai problemi delle grandi città. La mostra SustainabItaly vuole essere un invito a non fermarci all’oggetto singolo, a cercare di risolvere i problemi pressanti.