Una ricerca dell’Università di Tecnologia di Varsavia analizza gli ostacoli che impediscono alle piante di crescere sul pianeta rosso. E spiega cosa si potrebbe fare per renderlo in futuro un habitat favorevole per i vegetali
La terraformazione di Marte, vale a dire la creazione delle condizioni che potrebbero rendere il Pianeta Rosso un habitat favorevole per ospitare le stesse piante e gli stessi organismi che crescono sulla terra, è un tema che ha appassionato generazioni di scienziati, ma anche di amanti della fantascienza. A tutte le loro analisi puramente teoriche, però, oggi se ne aggiunge una che fa un salto di qualità, perché non si basa sull’analisi di dati reali, raccolti da sonde e missioni spaziali internazionali.
A condurre lo studio è un team di ricercatori dell’Università di Tecnologia di Varsavia, in Polonia, guidato dal professor Robert Olszewsky, docente della facoltà di geodesia e cartografia, affiancato dai ricercatori Piotr Pałka e Agnieszka Wendland. Agli studi hanno inoltre dato il loro contributo diversi esperti dall’università di Basilea, in Svizzera, ma anche della Nasa e della San Jose State University in California.
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Gli ostacoli alla vita su Marte
Per capire cosa servirebbe per far crescere un albero su Marte è necessario partire dall’analisi di quali sono le condizioni che oggi rendono la vita impossibile sul pianeta. I motivi sono principalmente due: il fatto che il pianeta è troppo freddo, con una media di 65 gradi in meno rispetto alle temperature che si registrano sulla Terra, e che l’atmosfera di Marte è per il 95% composta da anidride carbonica, quindi 100 volte più rarefatta di quella terrestre. A questo si aggiunge che nel pianeta non ci sono campi magnetici e che la gravità è tre volte inferiore rispetto al nostro Pianeta. Partendo da questi dati, la ricerca vuole arrivare a determinare quali sarebbero i fattori su cui intervenire per rendere nel minor tempo possibile Marte un habitat ideale per un albero.
Le ipotesi in campo
Escludono le possibilità per le quali l’umanità non è tecnologicamente attrezzata, come l’ipotesi di riuscire in qualche modo a “spostare” Marte in un’orbita più vicina al Sole, o di ricoprire una porzione del pianeta con specchi hi-tech, per illuminarne la calotta polare e scioglierne i ghiacci, i ricercatori dell’università di Varsavia hanno optato per una possibilità più alla portata dell’uomo: installare sul pianeta alcune unità di produzione di gas ipertermici, come i famigerati freon o Cfc, vietati sulla terra perché responsabili dell’allargamento del buso dell’ozono. Questi composti, infatti, potrebbero contribuire a creare quell’effetto serra che consentirebbe a Marte di aumentare la propria temperatura. In questo modo le calotte polari si dissolverebbero liberando l’acqua e causando l’addensamento dell’atmosfera. A quel punto potrebbero comparire i primi batteri e le prime piante, che con la fotosintesi convertirebbero l’anidride carbonica in ossigeno, creando condizioni favorevoli anche per altre forme di vita.
I tempi della trasformazione
L’intero processo, sottolineano i ricercatori, avverrebbe però in un arco di tempo particolarmente lungo, misurabile nell’arco di una decina di generazioni. La prima parte del pianeta che riuscirebbe a riscaldarsi, secondo i calcoli, è una porzione chiamata “Hellas”, nell’emisfero meridionale di Marte.
Arrivare a queste conclusioni è stato possibile utilizzando laboratori in grado di effettuare calcoli ad alte prestazioni, che analizzano i dati provenienti da diverse missioni internazionali, per il 90% statunitensi, ma anche europee, cinesi e russe.
Uno sciame di mini-rover per raccogliere informazioni
Per effettuare calcoli ancora più completi gli scienziati stanno ipotizzando di mandare su Marte uno sciame di mini-rover, dai costi più contenuti rispetto a quelli tradizionali e coordinati da droni, che siano in grado di rilevare con più precisioni le condizioni climatiche sul pianeta rosso, e fornire quindi le basi per calcoli sempre più precisi.
A chi si aspetta di sapere però in che anno il primo albero crescerà su Marte il team di ricercatori ammette di non poter dare una risposta: saranno necessari ancora migliaia di esperimenti e di almeno due anni di lavoro prima di poter azzardare le prime ipotesi basate su dare reali.
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