Oltre la bellezza: le meduse come indicatori di salute ambientale

Scritto da Outbe
Startup innovativa e Società Benefit che avvicina aziende e persone alla natura proponendo attività e programmi outdoor rigenerativi per creare una vera cultura di sostenibilità.

Perché parliamo di questa specie?

“Attento! Una medusa! Lí, lí a destra vicino a te!”, ecco un altro animale marino esageratamente presente nel vocabolario di una vacanza al mare, sintomo di grandi agitazioni, terrore dei bambini e qualche bruciatura. Probabilmente le domande più frequenti a noi biologi marini riguardano proprio questo animale qui: “Ma è vero che le meduse ci sono solo nell’acqua sporca?”, “Ma perché le meduse sono sempre più numerose?”, “Ma come si cura una ‘puntura’ di medusa?”.

Oggi proviamo a fare un po’ di chiarezza, introducendo prima di tutto la protagonista: Pelagia noctiluca!

Di cosa parliamo?

Identikit

Nomi comuni: Vespa di mare o medusa luminosa

Nome scientifico: Pelagia noctiluca

Caratteristiche: Si, è proprio lei, quella che non vorremmo mai vedere in una giornata di agosto caldissima mentre ci stiamo per lanciare in mare, quella rosa/viola dai tentacoli lunghi adornati di un tulle da torta nuziale, con piccoli filamenti bianchi lunghi e cattivi e un paio di cerchietti sul cappello. La medusa più temuta d’Italia e del Mediterraneo si chiama Pelagia noctiluca, che già nel nome nasconde però una storia.
Noctiluca dal latino medievale “qualcosa che si illumina di notte”, proprio perché questa medusa di notte emette luce, attraverso il fenomeno chimico della bioluminescenza. Non capita raramente infatti di vedere grandi patacconi luminescenti navigando di notte, quando le meduse vengono disturbate dal moto della barca.

Pelagia perché ‘vaga’: dal greco πέλαγος “mare aperto”, descrive l’appartenenza di questo animale all’ordine del plankton, i vagabondi del mare. Le meduse infatti non possono scegliere dove andare, ma vengono trasportate dalle correnti da una parte all’altra del mare del mare. Loro possono solo scegliere, in condizioni tranquille, se andare su o giù, orientando il loro cappello verso l’alto o verso il basso, come l’ombrello di Mary Poppins. E questo risponde alla prima domanda comune “Ma è vero che le meduse ci sono solo nell’acqua sporca?”, tecnicamente no, ma una di quelle situazioni in cui la correlazione c’é ma non implica una causa diretta. Zone di acqua più sporca o agglomerati di rifiuti galleggianti si tendono proprio a creare a causa delle correnti, semplicemente le meduse un po’ come il resto della plastica in mare, tendono ad accumularsi con la forza delle correnti e del vento, finendo spesso e volentieri sulle nostre spiagge contemporaneamente.

Nel loro vagare, l’evoluzione ha donato alle meduse un modo per cacciare a caso: se sbattono contro una preda con i loro lunghi tentacoli, essa ci rimane attaccata come un velcro, presa dai loro organi urticanti. Spesso però, quel qualcosa contro cui vanno a sbattere, è uno di noi! Le cellule che causano quella che comunemente chiamiamo ‘puntura di medusa’ funzionano un po’ come un fucile da pesca subacquea: quando il grilletto viene stimolato toccando una superficie, dalla sua capsula parte un filamento a molla appuntito, carico di una sostanza urticante che arpiona, appunto, la preda. Nel caso di un minuscolo crostaceo planctonico, lo immobilizza e attacca al tentacolo, pronto per essere portato alla bocca sotto il cappello, e nel caso nostro, ci lascia una bruciatura fastidiosa, per cui sembra che ognuno abbia il rimedio perfetto. Una volta eliminati con una pinzetta gli eventuali tentacoli (anche sottilissimi) attaccati alla pelle, basterà sciacquare bene solamente con acqua di mare, e in caso utilizzare sostanze emollienti come aceto e unguenti adatti per facilitare il rilascio del liquido urticante. Impacchi freddi sono poi utilizzati per alleviare il bruciore.

Importanza per l’ecosistema e stato di conservazione

Ma allora, questi pericoli ambulanti serviranno mai a qualcosa? In realtà si: le meduse sono base dell’alimentazione per numerosi animali tra cui le tartarughe marine, ma anche tonni e pesce spada. La loro fioritura avviene in seguito alla primavera del mare, intorno ai mesi di maggio e giugno, quando i nutrienti portati in superficie dalle mareggiate e il sole delle giornate che si allungano creano il cocktail perfetto per far ‘fiorire’ il fitoplancton, piccole alghe invisibili all’occhio nudo ed essenziali per la catena alimentare. Il fitoplancton viene mangiato dallo zooplankton, piccolissimi animali di ogni forma e genere, e lo zooplankton viene mangiato da altri animali più grandi, comprese le meduse. La riproduzione ed il ciclo di vita essenziale delle meduse, le rende la famiglia che più facilmente raggiunge grandi numeri di popolazione nel meno tempo possibile. Infatti, possiamo considerare le meduse come la vespa di mare, una delle poche specie in cui è la loro grande abbondanza a dare un chiaro segnale di disequilibrio dell’ecosistema.

“Ma perché le meduse sono sempre più numerose?”, qui dobbiamo dare ragione come succede spesso alla cultura popolare, ed è proprio vero che le meduse stanno sempre di più aumentando di numero. Le risposte al perché sono tante le dobbiamo cercare del nostro sistema produttivo.

Prima di tutto, stiamo pescando un numero elevato di predatori delle meduse come tonni e pesce spada, che non riescono quindi a mantenere la popolazione sotto controllo. Ma stiamo pescando anche tanti piccoli pesci, come per esempio acciughe e sardine. Questi pesci mangiano zooplankton proprio come le meduse; se pescati in grandi quantità lasceranno più cibo a disposizione per le meduse, che si troveranno come a un buffet senza la metà degli invitati, mangiando senza competizione e riproducendosi quindi in maggior numero. Ma non finisce qui, prima di arrivare in mare, i fiumi attraversano grandi ettari di terra, passando spesso per coltivazioni e allevamenti, e arricchendosi di nutrienti faciliteranno il cocktail necessario per la ‘fioritura’ delle meduse. Tutte queste risposte ci fanno intendere una cosa sola: le meduse ci stanno dando un chiaro allarme di come abbiamo rotto il delicato equilibrio dell’ecosistema marino, e di come è responsabilità di tutti rimediare al danno fatto.

Cosa possiamo fare noi?

Invece di raccogliere le meduse con il retino (azione punibile penalmente dal 2022 in Italia), sarebbe opportuno segnalarne la presenza attraverso progetti di citizen science come Meteo Meduse (su Facebook e Instagram), facendo sapere alla comunità scientifica dove stanno avvenendo i cosiddetti ‘bloom’. Inoltre, se a monte di tutto vi è la pesca eccessiva di alcune specie di pesce, informarci per prediligere specie meno popolari e conosciute. E poi sicuramente, raccontare la storia che si nasconde tra i tentacoli di questi animali, che in fin dei conti, sono davvero strabilianti!