Progetto M.A.R.E., il diario di bordo di Benito Coglitore e Umberto Quiese

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Nella tappa da Lavagna a Genova Antica a bordo del catamarano c’erano per Sorgenia il marketing specialist e il responsabile dello sviluppo delle operation commerciali: “Abbiamo imparato che per proteggere il mare è fondamentale essere attenti anche ai piccoli comportamenti di ogni giorno”

È stata una tappa contraddistinta dal mare calmo e dalla “luna gigante” del 12 luglio quella che ha portato l’equipaggio di progetto M.A.R.E. da Lavagna al porto antico di Genova, con arrivo il 16 luglio. A bordo del catamarano “firmato” One Ocean Foundation e Centro Velico Caprera c’erano per l’occasione, come ospiti di Sorgenia, Benito Coglitore e Umberto Quiese. Il primo è marketing specialist della digital energy company, e nello specifico si occupa della fibra in termini di offering del prodotto e di business development. Umberto invece è responsabile dello sviluppo delle operation commerciali: “Mi occupo dei processi che ci abilitano alla vendita dei prodotti/servizi e dello sviluppo commerciale in ambito commodities e greentech, in collaborazione con tutte le funzioni anziendali”, spiega.

Di cosa parliamo?

La notte di luna piena

Viaggiare a bordo del catamarano di Progetto M.A.R.E. ha avuto per Benito un significato speciale: “Per me è stata la prima volta in barca a vela – racconta – Il massimo di esperienza nautica che avevo vissuto finora erano state le gite in gommone con gli amici o i viaggi in traghetto per raggiungere Palermo. E per questo debutto ho avuto la fortuna di assistere a un momento stupendo, la notte di luna piena del 12 luglio, che abbiamo vissuto a bordo del catamarano, da dove abbiamo potuto apprezzare questo spettacolo della natura nel modo più suggestivo”.
Per Umberto invece la barca a vela è una passione, come quella per il mare: “Sono pugliese – spiega – e il contatto con il mare per me è fondamentale. Ero stato diverse volte in barca a vela, ma mai su un catamarano, e devo dire che in condizioni di mare calmo è un’esperienza fantastica, più confortevole rispetto a quella che si può fare su altre imbarcazioni più tradizionali. Le emozioni a bordo sono sempre molto forti, perché si è a contatto continuo con il mare. E vivere la luna piena del 12 luglio dalla barca è stata un’esperienza indimenticabile”.

Il clima di collaborazione

I due ospiti di Sorgenia concordano sul bel clima che si è creato a bordo durante i giorni della loro missione: “È stato un crescendo – ricorda Benito – con il passare del tempo ci siamo legati sempre più come gruppo e con l’equipaggio. Ovviamente eravamo tutti ben consapevoli di non essere in vacanza, e che la nostra presenza a bordo prevedeva che collaborassimo con l’equipaggio e che ci mettessimo a disposizione per il programma scientifico della tappa. Ho potuto così dare sfogo a tutta la mia curiosità: ho imparato termini marinareschi che non conoscevo, e ho colto l’occasione per avvicinarmi il più possibile al mondo della vela. Tutto questo senza mai sentirmi schiacciato dalle responsabilità, ma sapendo di poter contare sull’aiuto e sulla collaborazione dell’equipaggio e degli altri ospiti. Data la mia scarsa esperienza mi è stata affidata la responsabilità del pallone, che andava sistemato al bordo dello scafo per evitare collisioni con altre barche durante le manovre in porto, e fortunatamente non si sono creati problemi. Mi piace anche ricordare che abbiamo stretto un buon rapporto con il capitano e l’equipaggio, e che siamo stati un’ottima squadra anche quando si trattava di dividerci i compiti a bordo, dalla cucina al rassetto”.
A confermare il clima positivo e collaborativo sul catamarano di Progetto M.A.R.E. è anche Umberto: “Si è creato da subito un bel feeling con tutto l’equipaggio e con gli ospiti a bordo – sottolinea – sia nei momenti legati alla ricerca, sia per le mansioni a bordo con l’equipaggio. A dimostrarlo c’è il fatto che una volta sbarcati abbiamo continuato, in questi giorni, a rimanere in contatto, perché si è creata empatia. Anche quando attraccavamo in porto e scendevamo dal catamarano non ci disperdevamo, ma restavamo uniti: è stato un modo per vivere a fondo quest’esperienza anche dal punto di vista umano e delle relazioni”.

Il progetto scientifico

Quanto al progetto scientifico, è stato per entrambi un momento di arricchimento: “Oltre alla parte pratica dei campionamenti e dell’isolamento del Dna presente in acqua – spiega Umberto – mi sono state particolarmente utili le mini-lezioni delle biologhe a bordo: sono servite per farmi sviluppare una nuova sensibilità. Avere a disposizione un esperto che ti spiega che l’inquinamento da plastica in mare è un problema grave, ma che il problema più grave di tutti è il cambiamento climatico, mi ha consentito di acquisire una nuova consapevolezza, basata sui fatti. Poter vedere al microscopio cosa contenevano i campioni di acqua e di plancton che avevamo prelevato è stato fondamentale per capire quale cambiamento stiano vivendo i nostri mari e quanto sia importante preservarli”.
“Dal mio punto di vista è stato stupefacente osservare il plancton attraverso il microscopio – prosegue Benito – Quando si estraggono i campioni di acqua con il retino le microparticelle a occhio nudo si vedono poco, ma al microscopio sembravano esserini viventi, che si muovevano e interagivano tra loro. Questo per dire che noi normalmente non ci rendiamo conto di quale ecosistema sia presente nel mare. E poi mi hanno appassionato le lezioni sui cetacei che avremmo potuto incontrare sulla nostra rotta, anche se sfortunatamente non ne abbiamo incrociato nessuno”.

Nuove consapevolezze

Una volta tornati “con i piedi per terra” è arrivato il momento di fare un bilancio della tappa, per capire cosa rimarrà di questa esperienza per il futuro: “È stata una grande opportunità di vivere a contatto diretto con il mare – spiega Benito – il fatto di sentirmi immerso in questo ecosistema mi ha portato ad avere più attenzione e cura verso l’ambiente rispetto a prima, a non dare nulla per scontato, a stare attento anche alle piccolezze. Ad esempio non mi ero mai posto il problema che una crema solare, un sapone liquido o uno shampoo potesse causare danni all’ambiente: ora invece vado a cercare quelli meno impattanti. Diciamo che sono tornato a casa consapevole di quanto sia importante avere più rispetto e più cura verso il mare”.
“Io o mi sono portato a casa due consapevolezze – conclude Umberto – Una di carattere personale: ho compreso quanto sia importante tutelare il mare e la sua biodiversità, anche dal punto di vista scientifico. Ma a questo si aggiunge anche una consapevolezza professionale: lavoro nell’ambito dell’efficienza energetica, e questa esperienza ha contribuito a darmi la percezione di quanto quello che faccio può incidere positivamente per combattere i cambiamenti climatici, e quindi anche sulla salvaguardia del mare. È come se avessi acquisito una nuova forza: non faccio solo un lavoro che può essere utile a me a all’azienda, ma anche all’intero Pianeta”.