Spiaggia dei conigli, sabbia a rischio per i troppi turisti

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

L’arenile sull’isola di Lampedusa, definito “la piscina di Dio” da Domenico Modugno, è minacciato dagli oltre 2.400 accessi al giorno. A dimostrarlo una recente ricerca

È stata definita negli scorsi anni la spiaggia più bella del mondo dalle recensioni online di un famoso portale internazionale. Ma proprio la fama che si è conquistata ne mette a rischio la sopravvivenza, con la biodiversità minacciata da visitatori troppo spesso “aggressivi”, anche inconsapevolmente. Parliamo dell’isola e della spiaggia dei Conigli, a Lampedusa, nell’arcipelago delle isole Pelagie, in Sicilia, dove in estate arrivano a “passare” una media di 2.400 turisti ogni giorno. Un luogo fatato, a circa 5 km dal centro abitato dell’isola, dove Domenico Modugno, passato alla storia per la sua interpretazione di “Nel blu dipinto di blu”, o “Volare”, aveva la sua residenza estiva. L’isolotto di appena 4,4 ettari si trova all’interno dell’area marina protetta della Isole Pelagie, ed è vicinissimo alla spiaggia, alla quale a volte, con il verificarsi di particolari condizioni della marea, è unita da un istmo di sabbia ungo circa 30 metri.

Di cosa parliamo?

Il nome dell’isola

Sulle origini del nome non c’è certezza: potrebbe derivare dall’arabo, lingua in cui rabit significa “collegamento”, e riferirsi quindi alla lingua di sabbia che a volte la collega all’isola di Lampedusa, o dall’inglese rabbit, che vuol dire coniglio. In quest’ultimo caso si riferirebbe a una colonia di conigli che abitò l’area spostandosi dalla terraferma in un momento in cui l’isola era collegata dalla sabbia, per poi estinguersi alla scomparsa dell’istmo. Se la prima carta nautica che indica l’isola, infatti, riporta il nome in arabo e risale al 1824, le successive corressero il termine usando la parola inglese, tanto che in dialetto siciliano il nome che si è tramandato nel tempo è quello di “Isula dî Cunigghi”.

La riserva naturale

L’isola e la spiaggia dei Conigli, che fa parte della riserva naturale orientata Isola di Lampedusa, non è accessibile liberamente: non vi si può navigare, nemmeno a vela, a remi o a pedali, mentre le immersioni e la balneazione sono consentiti soltanto con l’accesso da terra. Per proteggere la nidificazione delle tartarughe marine, inoltre, l’accesso è possibile soltanto nelle ore diurne, dalle 8:30 alle 19:30, come disposto da Legambiente che gestisce l’intera area dal 1995 e che si occupa di sorvegliarla per evitare eventuali abusi. La spiaggia dei conigli è infatti una delle poche aree in cui le tartarughe Caretta Caretta depongono le loro uova. In questa zona inoltre sono soliti fermarsi, come tappa durante i loro spostamenti, diverse specie di uccelli migratori, di solito nei periodi di aprile e settembre. Sul prospiciente isolotto nidifica inoltre il gabbiano reale con una popolazione di circa cento coppie. Tra le specie rare che abitano l’isola dei conigli c’è una lucertola di origini africane, la Psammodromus algirus, che si può trovare solo qui al di fuori dell’Africa.

Il rischio geomorfologico

In una ricerca datata 2017 due studiosi del dipartimento di scienze della terra dell’Università di Torino, Luigi e Michele Motta, si occuparono di tracciare un quadro del rischio geomorfologico a cui è sottoposta la spiaggia dei conigli a causa dell’impatto massiccio del turismo, e quindi dell’erosione del costone che sovrasta la spiaggia e delle vie di accesso che la collegano al resto dell’isola.
Proprio l’erosione delle rocce potrebbe essere a lungo andare – oltre che un pericolo per i bagnanti – una delle cause della perdita dei colori caratteristici della spiaggia, dove le sedimentazioni calcaree e la sabbia particolarmente fine, creano un contrasto tra il bianco dell’arenile, il turchese dei fondali più bassi, l’azzurro dei fondali abitati dalla posidonia e il verde intenso della natura sull’isola. Tra i problemi più importanti causati dai turisti, gli studiosi segnalano:

  • il degrado o addirittura la distruzione della copertura di suolo,
  • il danneggiamento della copertura vegetale,
  • il trasporto di sassi dal versante verso la spiaggia,
  • il trasporto di sabbia dalla spiaggia al sentiero.

Le contromisure di Legambiente

Proprio per evitare che la bellezza della spiaggia possa subire danni, l’associazione ha messo in pratica una serie di misure che possono quantomeno contenere eventuali effetti negativi dell’uomo sulla natura. Nell’area, ad esempio, non si può arrivare con mezzi motorizzati o fuoristrada, mentre i sentieri sono delimitati e i bagnanti vengono sensibilizzati ad avere rispetto dei luoghi che visitano. Alcune aree dell’isola sono state soggette a rimboschimento e il sentiero principale che porta alla spiaggia viene regolarmente sistemato con ricce drenanti e pavimentazioni rustiche in pietra locale.
Interventi che vanno proprio nella direzione di quanto evidenziato dallo studio, secondo cui la delimitazione accurata dei sentieri di accesso alla spiaggia è necessaria per limitare i danni alla vegetazione e scoraggiare l’accesso tramite “scorciatoie”. Insieme al riempimento dei solchi e al drenaggio dei sentieri, inoltre, viene sottolineata l’importanza del ripascimento della macchia mediterranea, e di un uso attento degli ombrelloni, evitando ad esempio di fissarli a terra con l’utilizzo di pietre.

Quanto danno fanno ciabatte e asciugamani?

Ma quanta sabbia portano via dalla spiaggia dei conigli – anche inconsapevolmente – gli asciugamani, le scarpe e i piedi dei turisti? Luigi e Michele Motta sono riusciti a misurarlo, e il numero fa impressione: 4,37 tonnellate in un solo anno, quindi alcuni metri cubi. Ma non è questa la principale minaccia per l’area, quanto l’erosione. Un fenomeno che iniziò alla metà del 1800 con la deforestazione che venne effettuata durante la dominazione borbonica per rendere l’area agibile per il pascolo. Scomparvero così gran parte delle piante caratteristiche della macchia mediterranea, come l’euforbia arborescente, il lentisco e il ginepro fenicio, oltre che la bassa boscaglia caratterizzata da pini d’Aleppo, melograni, oleastri e carrubi, lasciando il posto a un paesaggio “predesertico”.

Gli incidenti

Proprio il comportamento irresponsabile dei turisti può danneggiare la spiaggia oltre che causare pericoli alle persone. L’ultimo caso si è verificato la scorsa estate, quando un turista 52enne dopo essere salito sul costone che sovrasta la spiaggia, è caduto; non solo si è ferito, ma ha anche causato il cedimento di una piccola parte della parete rocciosa. L’intenzione era semplicemente quella di scattare alcune foto suggestive, ma le conseguenze potevano essere ben più gravi. Proprio per evitare incidenti di questo genere oltre che danni alla flora, all’interno della riserva c’è il divieto di arrampicarsi, di allontanarsi dai sentieri, di prelevare piante, animali e rocce, oltre che di avvicinarsi ai costoni rocciosi.