Big data e nuove tecnologie per rendere più sostenibile la zootecnia

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Il principio è quello dell’allevamento di precisione, che consente di effettuare ricerche sui mangimi, mettere a punto strategie per la gestione dei capi e identificare i geni delle razze locali che sono più resilienti rispetto ai cambiamenti climatici

Nel campo della zootecnia, sostenibilità fa rima con nuove tecnologie. Per fare un esempio potrebbe bastare citare l’analisi dei big data, fondamentale per gli allevamenti di precisione. Grazie all’introduzione di soluzioni innovative, infatti, si può arrivare a individuare quali sono i mangimi più adatti agli animali che si allevano, si può dare vita a una gestione delle attività che sia il più possibile improntata al benessere degli animali e all’uso razionale delle risorse, fino a individuare grazie proprio ai big data quali siano i geni delle razze autoctone che sviluppano una migliore resistenza ai cambiamenti climatici. L’introduzione di nuove tecnologie nell’allevamento, più in generale, può essere decisiva per rendere la zootecnia sempre più sostenibile, rispettosa dell’ambiente e della salute umana.

Di cosa parliamo?

Il comparto zootecnico italiano

La produzione zootecnica, secondo i dati presentati al convegno sul tema che si è tenuto la scorsa primavera nella sede romana dell’Accademia dei Lincei, rappresenta il 40% del Pil agricolo mondiale, arrivando a coinvolgere 1,3 miliardi di persone e a fornire un terzo delle proteine consumate dall’uomo su scala globale.
Restringendo la visuale all’Italia, il comparto zootecnico pesa per circa il 30% della produzione agricola nazionale. Nel nostro Paese, inoltre, le proteine animali rappresentano il 50% delle proteine assunte giornalmente da una persona, mentre il 40% della spesa alimentare delle famiglie è destinata all’acquisto di prodotti zootecnici.

Farm to fork: nuove tecnologie per lo sviluppo sostenibile

La nuova politica agroalimentare dell’Unione Europea, battezzata con il nome di Farm to Fork, punta a favorire tutte le iniziative che mettono in primo piano il benessere degli animali e la sostenibilità. “La sfida ambientale – afferma Roberto Antonelli, presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei –  si vince con un approccio interdisciplinare e un uso intelligente delle nuove tecnologie: un mix fondamentale per creare uno sviluppo sostenibile“.

La tutela delle razze autoctone: l’esperienza sul campo

Tra le best practice presentate durante il convegno “Raccogliere i benefici della Scienza per la sostenibilità nelle produzioni biotecniche”, ci sono quelle che puntano alla tutela della biodiversità e delle razze autoctone, dal momento che proprio queste ultime spesso custodiscono il “segreto” che le rende resilienti al climate change.
Un esempio concreto, citato durante il convegno, è quello della mutazione del gene del recettore della prolattina, che determina un pelo più corto del normale, il cosiddetto fenotipo slick. Questo genere di mutazione rende gli animali più tolleranti alle alte temperature, che spesso sono fonte di stress per gli animali, tanto da arrivare a ridurne la produzione di latte. La scoperta di questa mutazione è stata fatta studiando due razze locali dei Caraibi, la Carora e la Senepol.

Ma si tratta soltanto di uno degli esempi di adattamento possibili: per arrivare a mapparli con un certo grado di sistematicità le tecnologie che si basano sull’analisi dei dati potrebbero dare risultati importanti, grazie a una capacità di calcolo che riduce sensibilmente i tempi rispetto ai metodi tradizionali, e mette a disposizione di studiosi e ricercatori materiali più completi, semplificando il loro lavoro.