Dalle barriere coralline alla Patagonia, dal Bangladesh al Sahara, ecco i luoghi che rischiano di cambiare irreversibilmente a causa dei mutamenti climatici
I cambiamenti climatici stanno avendo e avranno sempre più un impatto profondo sul pianeta. Tanto che i bambini che nascono oggi o che nasceranno nel 2020 potrebbero non avere il tempo di vedere dal vivo alcuni degli spettacoli naturali più belli che offre la Terra. A fare un elenco di questi luoghi è il sito statunitense Mother Nature Network, che sottolinea come le barriere coralline siano sempre più insidiate dall’innalzamento della temperatura delle acque e i ghiacciai si stiano progressivamente sciogliendo su scala globale, e di come l’innalzamento delle acque marine potrebbe arrivare a sommergere alcune isole. Se a tutto questo si aggiungono le conseguenze della desertificazione, dell’acidificazione delle acque e del progressivo aumento delle piogge torrenziali durante i monsoni, si arriva facilmente a intuire che presto la terra potrebbe presentarsi ai suoi abitanti come un ambiente molto diverso da quello che conosciamo oggi. Ma vediamo in rapida successione quali sono i “tesori naturali” – ad esclusione del territorio italiano – che vedono il proprio futuro minacciato a causa dei cambiamenti climatici.
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La grande barriera corallina australiana
Tra i primi a parlare dell’estinzione della grande barriera corallina australiana fu nel 2016 il magazine Outside, pubblicando ironicamente un necrologio dove si sottolineava il fatto che la defunta avesse 25 milioni di anni. Da allora la barriera non è scomparsa, ma sta di certo vivendo un momento di grande difficoltà dovuto alle acque sempre più calde e acide che ne insidiano la vegetazione, mentre il crescere del numero e della potenza delle tempeste marine sta progressivamente danneggiano i coralli. La Great barrier reef rappresenta la più grande estensione di corallo sul pianeta, e conta su più di 2.900 barriere coralline singole e 900 isole, per un’estensione di 2.300 km e una superficie di 344.400 km².

La Patagonia
Oltre agli ecosistemi tipici delle aree tropicali, come quello della Barriera Australiana, i cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova anche le zone più fredde del nostro Pianeta, a prescindere dal continente in cui si trovino. Tra le meraviglie che nell’arco di una generazione potrebbero sparire per sempre o cambiare radicalmente aspetto, Mother Nature Network cita la Patagonia, in Sud America, dove una gran parte degli oltre 50 ghiacciai si sta progressivamente contraendo da mezzo secolo a causa dell’innalzamento delle temperature e della diminuzione delle piogge. Una brutta notizia non soltanto per i turisti, ma anche per l’intera umanità e per il mondo animale, dal momento che le aree ghiacciate del Sud della Patagonia sono la più grande riserva d’acqua di cui disponga l’umanità.
Rimanendo tra nevi e ghiacciai, l’allarme scatta anche per altri due siti: la tundra dell’Alaska, dove gli ultimi anni caratterizzati da inverni miti hanno causato lo scioglimento e l’arretramento del permafrost che era rimasto inalterato per oltre 30mila anni, e il Glacier National Park, in Montana, che soltanto un secolo fa ospitava più di 150 ghiacciai: oggi ne sono rimasti soltanto 39 e si stima che possano sparire entro il 2030. La superficie dei ghiacciai si è ridotta nell’area dell’85% a partire dal 1966, secondo gli studi più recenti.

Le Maldive
Nel caso della Repubblica delle Maldive, meta di centinaia di migliaia di turisti ogni anno (706mila nel 2018, di cui oltre 100mila italiani), la minaccia più importante è l’innalzamento delle acque dell’Oceano indiano. Le 1190 isole dell’arcipelago, infatti, raggiungono al massimo l’altezza di 2,3 metri sul livello del mare, per una media di 1,5 metri: questo potrebbe voler dire – spiega Mother Nature Network citando i dati della Union of Concerned Scientists – che nel 2100 il 77% dei territori delle Maldive potrebbe essere irrimediabilmente sommerso, se le previsioni di un innalzamento di quasi 46 centimetri si riveleranno fondate.

Il Bangladesh
Secondo le previsioni pubblicate dal New York Times, il 17% del territorio del Bangladesh diventerà non più abitabile entro il 2050 a causa dell’avanzamento delle acque e delle aree umide, e questo fenomeno causerà lo spostamento di circa 18 milioni di persone dalle loro abitazioni. Situato in prossimità del delta del Gange nel golfo del Bengala, dove confluisce anche il Brahmaputra, il Bangladesh si trova al centro dell’area soggetta ai monsoni e soffrirà da una parte per l’innalzamento del livello del mare e dall’altra per le calamità naturali sempre più frequenti e severe nell’area, come tempeste, inondazioni, cicloni tropicali e tornado.

L’africa sahariana
La desertificazione dell’Africa settentrionale potrebbe cambiare radicalmente l’aspetto di questo continente, con l’espansione graduale dell’area desertica del Sahara. Parliamo del deserto non polare più esteso al mondo, con i suoi 5,8 milioni di chilometri quadrati e un “avanzamento” che può essere approssimato in circa 800 metri ogni anno. Allo stesso problema sta andando incontro il Sud dell’Australia, e il pericolo in questo caso riguarda la biodiversità unica ospitata in quest’area. La disponibilità di acqua in tutta l’area dell’Australia meridionale sta gradualmente diminuendo, minacciando l’agricoltura e la fauna locali oltre che centinaia di abitazioni che si trovano “assediate” dal deserto.
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