Il mio personale viaggio verso una vita più sostenibile
Scritto da
Gaia Dominici
Storyteller, vive nella savana in Kenya insieme a suo marito e a sua figlia raccontando la loro vita Maasai, portando il suo punto di vista su scelte di vita sostenibili
Etico, sostenibile, rispettoso. Parole. Aggettivi che sempre più persone e aziende utilizzano per descrivere le loro azioni e comportamenti. Ma quando, per davvero, uno stile di vita o un prodotto o un servizio può ritenersi tale?
Quando sono arrivata in Kenya per la prima volta, quasi un decennio fa, non era la prima volta che mi avvicinavo a uno stile di vita più tranquillo, più a contatto con il ritmo naturale delle cose e più attento al rispetto della natura e della fauna selvatica. Negli anni precedenti al mio arrivo in Terra Maasai avevo infatti vissuto per un anno in Australia. All’epoca il problema del cambiamento climatico era un argomento non ancora diventato primario e vivere una vita più etica e rispettosa dell’ambiente sembrava essere una qualche aspirazione da radical chic. Ma in quell’anno di vita australiana vidi e toccai con mano le reali conseguenze delle azioni di noi esseri umani sulla natura e il suo ecosistema: mancanza di acqua in casa a causa dell’uso smodato da parte dei turisti durante l’alta stagione, animali imprigionati in tonnellate di plastica nell’oceano, frequenti e anomali attacchi di squali ai danni di innocui surfisti a causa degli effetti di attività turistiche dannosissime quali lo shark diving. Insomma, durante quella parentesi di vita sulla costa est australiana incominciai a chiedermi quali fossero le mie responsabilità da essere umano, e sebbene non fossi rimasta indifferente di fronte ad alcune terribili situazioni, ancora non riuscivo a trovare la risposta. Dovettero passare diversi mesi, e poi anni, prima che davvero riuscissi a focalizzare il punto di ogni cosa. E cioè che etico, sostenibile e rispettoso sono parole, aggettivi, che senza volontà, senza intenzionalità, non significano niente.
Di cosa parliamo?
Gli effetti delle mie decisioni e delle mie azioni
Per molto tempo, anche quando già vivevo in Kenya, non mi sono mai realmente soffermata sugli effetti delle mie decisioni e delle mie azioni; e solo col passare degli anni e la costruzione di maggiore consapevolezza, mi sono accorta di quanti automatismi la nostra vita è fatta: faccio così, continuo a fare così, perché l’ho sempre fatto e perché, alla fine, non è mai successo niente di grave. Faccio shopping compulsivo durante i saldi perché così risparmio, mi faccio una bella doccia lunga e rinfrescante perché sono stanca e fa caldo, accarezzo gli elefanti in Thailandia perché tanto sono nati in cattività. Pensiamo, anzi siamo sinceramente e genuinamente convinti, di non avere la benché minima responsabilità nella creazione (o distruzione, dipende dai punti di vista) del mondo in cui viviamo. E invece, miei cari lettori, tutti noi siamo interamente responsabili del nostro Pianeta e delle sue sorti. E lo so che non è facile rendersene conto ma siamo arrivati ad un punto, purtroppo, in cui non è rimasto più tempo per indugiare.
Tutti possiamo salvare il Pianeta
Vivere nella savana, apprendere antichi insegnamenti maasai, scoprire la storia del nostro Pianeta prima dell’urbanizzazione e globalizzazione attraverso i racconti degli anziani della nostra comunità mi ha permesso di mettere a fuoco una cosa. Una sola fondamentale cosa: me stessa. Quando ho iniziato a vedermi, a considerarmi, ad amarmi, ho scoperto di avere un compito importantissimo: salvare la Terra. No, certo, nessun potere salvifico o effetto speciale. Ma io, Gaia, oggi so che posso salvare il Pianeta. E anche tu, che mi stai leggendo proprio ora, puoi salvare il Pianeta. Nelle piccole cose, con minuscole azioni, noi, tutti noi, possiamo fare qualcosa. Leggere, informarsi, domandarsi sono solamente i primi di tantissimi step che possiamo cominciare a compiere fin da oggi. Senza la paura di sbagliare o la pretesa di cambiare, in maniera repentina. Perché non serve andare a vivere nella savana o sulla costa orientale dell’Australia per capire quanto sia necessaria la nostra individuale partecipazione al cambiamento.
Non domani.
Non in futuro.
Adesso.
Perché non c’è più tempo. E tutti noi possiamo essere il cambiamento.