Giornata internazionale per la riduzione dei rischi di disastro: obiettivo prevenire

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Ecco i dati dell’Undrr in occasione dell’international day for disaster risk reduction: prevenire i rischi, e dove non sia possibile minimizzarli

Il 13 ottobre è stata designata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite come la giornata internazionale per la riduzione dei rischi di disastro (International day for disaster risk reduction, Iddrr). L’obiettivo di questa ricorrenza simbolica, organizzata dall’Undrr, lo United Nation Office for Disaster Risk Reduction, è di sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere una cultura globale che vada in questa direzione. L’edizione del 2022, ha una valenza importante, perché cade proprio durante il periodo di revisione del cosiddetto “Sendai Framework”, il quadro di riferimento per la riduzione del rischio di disastri, che ha come orizzonte temporale i 15 anni iniziati nel 2015 e che si concluderanno nel 2030. La revisione si concluderà con un summit dell’assemblea generale Onu in programma a maggio 2023, da cui scaturirà una dichiarazione politica. Il protocollo di Sendai contempla 38 indicatori per misurare i progressi e l’avvicinamento agli obiettivi, ed è strettamente collegato con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il tema centrale dell’edizione 2022 della giornata internazionale sarà quindi focalizzato sul cosiddetto “obiettivo G” del piano di azione di Sendai, quello che si propone di rendere disponibile a un numero crescente di persone e di organizzazioni sistemi che consentano di prevedere e lanciare in tempi rapidi l’allarme, in caso di rischio di disastri entro il 2030.

Di cosa parliamo?

L’importanza della prevenzione e della riduzione dei danni

“Il primo obiettivo della riduzione dei rischi di disastro è la prevenzione – si legge sul sito dell’Undrr – ma laddove questo non è possibile è fondamentale minimizzare i danni che ne possono derivare alle persone, alle cose e a tutte le forme di vita attraverso un sistema di alert tempestivo”.
L’importanza di questo approccio è evidente quando si parla di eventi come tsunami, cicloni ed eruzioni vulcaniche, ma rimane importante anche quando si parla di eventi più lenti e prevedibili, come le inondazioni o l’esplosione di focolai epidemici.
“Non è sufficiente per un sistema di allarme di questo genere il fatto di identificare correttamente un rischio imminente, ma è necessario che l’informazione arrivi alle persone e ai settori a rischio, che sia chiaramente comprensibile e che consenta di mettersi al sicuro – spiega l’Undrr – all’allarme quindi deve rapidamente seguire un’azione, che nella maggior parte dei casi significa evacuazione o ricerca di protezioni adeguate”.

I disastri ambientali nel mondo

Ma di che numeri e di che scenario si parla quando si chiamano in causa i disastri ambientali? Il quadro di riferimento sul tema della prevenzione dei rischi e dell’analisi della situazione su scala globale è quello del report Gar2022, il global assessment report on disaster risk reduction, la cui ultima edizione è stata pubblicata a maggio 2022. Ma i dati più recenti e suddivisi per aree geografiche sono quelli contenuti nello studio pubblicato da Munich Re sui primi sei mesi del 2022, da cui emerge un quadro particolarmente preoccupante. La ricerca fotografa una situazione che vede aumentare progressivamente sia il numero delle catastrofi, sia il loro costo in termini di vite umane ed economici. Le catastrofi naturali hanno infatti già causato da gennaio a giugno 2022 oltre 4.300 morti. I danni più gravi dal punto di vista economico hanno riguardato gli Stati Uniti, anche se fenomeni estremi come le inondazioni o le precipitazioni estreme di più giorni hanno afflitto in modo particolarmente grave l’Australia. Quanto invece alla siccità e alle ondate di calore, nella prima metà del 2022 hanno interessato in maniera particolarmente intensa l’Europa meridionale. Dai dati Undrr emerge inoltre un quadro ancora più chiaro di come i danni più gravi per le popolazioni siano quelli che si verificano nelle aree dove la povertà è più diffusa, e quindi nei Paesi in via di sviluppo, in Africa e in Asia.
A concorrere ad aggravare il quadro negli ultimi anni, infine – secondo l’analisi dell’organismo delle Nazioni Uniti – è intervenuta l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19, che è andata a sommarsi alle conseguenze dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale. “Il Covid-19 e il climate change – si legge sul sito dell’Undrr – stanno rendendo sempre più chiaro che in un mondo affollato e interconnesso come quello attuale i disastri interessano in maniera crescente aree geografiche e settori che vanno al di là delle frontiere nazionali e dei settori. Nonostante i progressi, la creazione dei rischi sta andando più veloce della capacità di prevenirli o ridurli”. Secondo la fotografia scattata dal Gar2022 se non si riuscirà a porre un freno alla tendenza attuale i disastri saranno destinati a crescere del 40% nell’arco di tempo dal 2015 al 2030, passando dai 400 ai 560 in un anno. Quanto alle perdite economiche dirette medie annue causate dai disastri, l’aumento è stato del 145% negli ultimi tre decenni, da una media di 70 miliardi di dollari nel decennio degli anni ’90 ai 170 di quello che si è concluso nel 2020.

Cosa fare per ridurre i rischi?

L’Undrr sottolinea la necessità di una mobilitazione delle persone e delle istituzioni, ma anche l’importanza di rafforzare i sistemi di know-how, sviluppando sistemi avanzati che siano in grado anche di contrastare i cosiddetti “effetti a cascata” delle catastrofi naturali. Come dimostrano diverse ricerche citate dal Gar 2022, infatti, dopo le catastrofi naturali si assiste spesso a un aumento della violenza sulle donne e in alcuni casi degli omicidi volontari. Allo stesso modo, come avevamo accennato, esiste un legame che unisce la povertà e il rischio di catastrofi. Ma al di là delle statistiche di Gar2022, un’analisi interessante viene da un recente rapporto dell’Università delle Nazioni Unite-Istituto per l’Ambiente e la Sicurezza Umana. Prendendo in considerazione 10 disastri “rappresentativi” della situazione globale, la ricerca propone 8 azioni in grado di prevenire e ridurre i rischi di catastrofi, mettendo insieme sia i comportamenti individuali sia le decisioni nelle mani dei governi o delle istituzioni locali. Interconnected Disaster Risks”, questo il nome del report, è stato reso pubblico alla fine del mese di agosto 2022: “I disastri che si verificano in aree completamente diverse del mondo all’inizio sembrano disconnessi l’uno dall’altro – spiega Zita Sebesvari, Vicedirettrice dell’Unu-Ehs e co-autrice – Ma quando inizi ad analizzarli in modo più dettagliato, diventa subito chiaro che le cause sono le stesse, come le emissioni di gas serra o il consumo insostenibile”.
Ma quali sono le otto azioni individuate dalla ricerca per prevenire e minimizzare i rischi di disastro? Il primo è “lasciare che la natura lavori”, il secondo “innovare”. Poi “lavorare insieme”, “creare reti di sicurezza per proteggere le persone”, “consumare in modo sostenibile”, e “aumentare la capacità delle istituzioni”. Infine “pianificare i rischi”, quindi essere consapevoli dei rischi nella progettazione e nella costruzione di infrastrutture e “potenziare l’allerta precoce” per migliorare la capacità di prevedere e comunicare i rischi.