Cresce su scala globale l’impatto ambientale attribuibile alle tecnologie digitali. Un nuovo rapporto dell’UNCTAD richiama l’attenzione sul tema, che parte dall’estrazione delle terre rare per arrivare al consumo energetico dei data center. E che coinvolge anche il “peso ambientale” di una singola e-mail o delle chat sui servizi di messaggistica
Inviare un’e-mail, utilizzare un servizio di messaggistica, caricare contenuti sui social: queste azioni che compiano ogni giorno nascono un consumo di energia e risorse, e hanno un impatto ambientale. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il traffico internet globale è aumentato di 25 volte dal 2010, trainato dalla diffusione di servizi come streaming video, cloud computing, social media e intelligenza artificiale. Nello stesso periodo, le emissioni legate all’uso delle tecnologie digitali sono cresciute di pari passo, fino a rappresentare – secondo gli ultimi dati disponibili – una quota compresa tra il 4 e il 6% delle emissioni globali di gas serra.
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Email, messaggi, meme: quanto inquina ogni gesto online?
Ogni azione digitale ha un impatto. Secondo Mike Berners-Lee, autore di How Bad are Bananas?, una singola e-mail può produrre tra 0,3 e 50 grammi di CO₂ equivalente, a seconda del contenuto e della presenza di allegati. Il semplice invio di un messaggio su WhatsApp genera in media 0,014 grammi di CO₂, ma moltiplicato per i circa 100 miliardi di messaggi scambiati quotidianamente a livello globale, il conto ambientale diventa enorme. Un miliardo di messaggi di testo genera circa 63 tonnellate di CO₂.
La crescita esplosiva della domanda e i suoi costi ambientali
Il nuovo Digital Economy Report 2024 di UNCTD, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo, pubblicato la scorsa estate, mette in guardia sull’aumento vertiginoso dei consumi legati alla digitalizzazione. Il settore ICT, secondo il report, ha emesso tra 0,69 e 1,6 miliardi di tonnellate di CO₂ nel 2020, pari al 3,2% delle emissioni globali. Le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale e il mining di criptovalute, aggravano ulteriormente la situazione: il consumo energetico globale del solo Bitcoin mining, per fare un esempio, è aumentato di 34 volte dal 2015 al 2023.
I data center: colossi invisibili ma affamati di energia
I data center rappresentano uno degli snodi principali dell’inquinamento digitale. Nel 2022 hanno consumato circa 460 TWh di elettricità, e si prevede che questa cifra raddoppierà entro il 2026. Anche il consumo di acqua è in forte aumento, in particolare per il raffreddamento delle infrastrutture. Tra il 2018 e il 2022, il consumo elettrico di 13 grandi operatori è più che raddoppiato
L’emergenza globale dei rifiuti digitali
Tra il 2010 e il 2022, i rifiuti digitali sono aumentati del 30%, arrivando a 10,5 milioni di tonnellate. Soltanto il 24% viene raccolto correttamente, con un tasso che scende al 7,5% nei Paesi in via di sviluppo. I Paesi industrializzati generano in media 3,25 kg di rifiuti digitali a persona, mentre nei Paesi meno sviluppati la media è di appena 0,21 kg
I Paesi in via di sviluppo, vittime invisibili dell’inquinamento digitale
Secondo UNCTAD, i Paesi in via di sviluppo sopportano il peso ambientale della digitalizzazione senza trarne adeguati benefici. Africa e America Latina, ad esempio, ospitano riserve cruciali di minerali come cobalto, litio e rame – materiali essenziali per la transizione digitale e green. Eppure, spesso esportano materia prima senza poter sviluppare una filiera industriale locale che porti ricchezza e occupazione.
Le strategie per un digitale più sostenibile
Per affrontare le criticità ambientali legate alla digitalizzazione, UNCTAD propone un insieme di azioni integrate che puntano a rendere il settore più sostenibile e inclusivo, in cui la transizione verso un’economia digitale circolare rappresenta uno degli obiettivi principali. Questo significa, innanzitutto, adottare modelli di business che privilegino il riuso, il riciclo e il recupero dei materiali elettronici, riducendo la quantità di rifiuti generati e prolungando il ciclo di vita dei dispositivi.
Un altro aspetto fondamentale riguarda l’ottimizzazione delle risorse. Utilizzare in modo più efficiente le materie prime, migliorare i processi produttivi e limitare gli sprechi consente di ridurre l’impatto ambientale complessivo delle tecnologie digitali, soprattutto in fase di produzione e smaltimento.
La sostenibilità passa anche attraverso un rafforzamento del quadro normativo. Regolamentazioni più stringenti a livello ambientale possono guidare le imprese verso pratiche più responsabili, mitigando l’impronta ecologica delle tecnologie lungo l’intera filiera.
UNCTAD sottolinea anche l’importanza di investire in energie rinnovabili e nell’innovazione tecnologica orientata all’efficienza energetica. Sostenere la ricerca in questo ambito è essenziale per contenere il consumo crescente di elettricità da parte di data center, reti e dispositivi.
Infine, la conferenza evidenzia il ruolo della cooperazione internazionale. Solo attraverso un coordinamento tra governi, imprese e istituzioni globali sarà possibile garantire un accesso equo alle tecnologie digitali, affrontare le disuguaglianze nella distribuzione delle risorse e gestire in modo condiviso la questione dei rifiuti elettronici e dell’estrazione mineraria.
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