“Scrivi e lascia vivere”: il manuale per scrivere in maniera efficace e inclusiva
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La Redazione di Sorgenia
“Scrivi e lascia vivere” è un manuale di scrittura inclusiva, una rassegna di trappole, a volte inconsapevoli, che rendono il nostro linguaggio un campo minato di espressioni escludenti e poco rispettose delle peculiarità
Le parole che scegliamo di usare, o di non usare, hanno il potere di determinare, di disegnare lo spazio in cui viviamo e rappresentano il primo mattone dell’inclusività. Proprio a questo tema è dedicato il libro “Scrivi e lascia vivere”, ed Flacowski. Un manuale scritto da Valentina Di Michele, Andrea Fiacchi e Alice Orrù, molto utile per chi scrive ma anche per chi vuole comprendere quanto siano subdoli i meccanismi che ci fanno mettere in atto comportamenti o ci fanno pronunciare o scrivere, sulla carta o sul web, parole non inclusive.
Di cosa parliamo?
Cos'è l'inclusività
Inclusività è una delle parole più usate, ed abusate, dei nostri giorni. Con questo termine ci si riferisce a tutte quelle azioni che hanno lo scopo di abbattere le barriere culturali, sociali e fisiche che impediscono ad alcune persone di accedere allo spazio della rappresentanza. Dal lavoro, allo studio, dal racconto dei media al rapporto con le Pubbliche amministrazioni, inclusività vuol dire relazionarsi con l’altro accogliendo le peculiarità personali senza che queste diventino motivo di discriminazione.
Il peso dei bias cognitivi
“Scrivi e lascia vivere” offre al lettore una disamina di errori linguistici, e non solo, in cui possiamo incorrere anche con scarsa consapevolezza. Sessismo, abilismo, classismo, razzismo, ageismo, questi sono solo alcuni degli stereotipi con cui possiamo infarcire i nostri discorsi senza accorgercene. E questo a causa dei bias cognitivi di cui siamo vittime tutti.
“Per risparmiare risorse mentali e supplire alla mancanza di informazioni, usiamo delle scorciatoie che ci aiutano a decidere. Sono strategie che riducono il carico cognitivo, cioè lo sforzo della nostra memoria: possiamo scegliere di non vedere alcuni dati, di basarci su convinzioni pregresse o di accettare delle informazioni senza riflettere – si legge nel libro -. La nostra mente gestisce così il volume di dati che ci bombardano ogni secondo, ma ha un effetto insidioso quando ricorriamo a questa semplificazione nei casi importanti o in quelli sbagliati. Sapere che economizziamo sulle risorse esponendoci a errori e stereotipi non è lusinghiero, ma è un primo passo per prendere consapevolezza di alcuni errori cognitivi e tentare, quando possibile, di portarli alla luce e correggerli”.
Il razzismo inconsapevole
Gli stereotipi possono nascondersi anche in frasi innocue, come “Ma per me razze e colori non esistono!” oppure “Non vedo colori, solo persone”. Tutti esempi di quella che gli autori chiamano racial blindness ovvero cecità razziale. Infatti, chiudere gli occhi e negare la diversità non vuol dire accoglierla ma, appunto, negarla.
Il linguaggio di genere
Il ragionamento che gli autori dedicano al colore della pelle vale anche per tutte quelle altre caratteristiche che possono portare un gruppo definito di individui a ricevere un trattamento discriminatorio. Nel capitolo dedicato al linguaggio di genere, attraverso esempi puntuali, svelano quanto la lingua malata di androcentrismo che usiamo ogni giorno porti con sé l’eredità di una società incardinata intorno al male breadwinner. Ne sono un esempio il maschile sovra esteso, la parola uomo usata in senso generico, l’articolo prima dei cognomi delle donne, la polarizzazione semantica, l’uso di appellativi per le donne o l’uso del maschile per cariche o titoli di prestigio.
Una guida contro l'abilismo
“L’abilismo – si legge nel testo – si manifesta a livelli diversi della società: come, l’ageismo può essere istituzionale, interpersonale o autodiretto”.
L’abilismo può essere ostile, se si palesa con comportamenti aggressivi e abusanti, ma può essere anche benevolo, denotando una forma di paternalismo che incide sull’autonomia e sull’autostima delle persone con disabilità. L’abilismo passa anche dal linguaggio. “Scrivi e lascia vivere” offre ai lettori un decalogo di parole da preferire ad altre nel racconto delle disabilità. Finiscono della categoria dei no: diversamente abile, inabile, portatore-trice di handicap, invalido-a, affetto-a da disabilità, disabile, sordo-a, muto-a, cieco-a e down. A questi termini, che possono essere utilizzati anche in buona fede o come retaggio di un linguaggio antico, ne vanno preferiti altri che considerino la disabilità come solo una delle tante caratteristiche che interessano l’individuo. E dunque i termini da preferire saranno: persona sorda, persona cieca, persona con sindrome di Down e così via.
Dall'età al censo: come ageismo e classismo modificano il linguaggio
Altri due temi analizzati in “Scrivi e lascia vivere” sono l’ageismo e il classismo.
L’ageismo è una discriminazione che riguarda tutti gli esseri umani, a prescindere dal genere, dalla classe di appartenenza, dai limiti geografici. Si nutre di numerosi microaggressioni spesso inconsapevoli. Una di queste riguarda la infantilizzazione delle persone anziane, a cui viene riservato un linguaggio puerile e ipersemplificato. “Perché trattiamo gli anziani come fossero bebè? Perché li apostrofiamo con vezzeggiativi scemi e toni con cui ci rivolgeremmo a un cinquenne”. Si chiede la scrittrice Costanza Rizzacasa d’Orsogna citata nel libro. In questo modo sottoponiamo le persone anziane a elderspeak, termine coniato da Becca Levy, psicologa dell’università di Yale, per indicare il linguaggio paternalista che usiamo con gli anziani. Anche in questo caso ci arrivano alcuni consigli: il linguaggio inclusivo è preciso, non usa espressioni gergali e, regola aurea, se l’età non aggiunge nulla alla descrizione non serve parlarne.
Le microaggressioni verbali abbondano anche nel lessico classista. Povero, vagabondo, borgata, sono tutti termini che nascondono una connotazione negativa, seppur inconsapevole. Anche in questo caso la regola è preferire termini che abbiano un approccio people-first, così poveri diventa persona con reddito inferiore alla soglia di povertà e vagabondo diventa persona senza casa.
Un manuale per la comunicazione efficace
Con un’analisi dettagliata di tutte le trappole che ci tendono i nostri bais e le stratificazioni culturali difficili da eradicare, il libro di Valentina Di Michele, Andrea Fiacchi e Alice Orrù ci regala un vero e proprio manuale di istruzioni per una comunicazione efficace e inclusiva. Principi e pratiche da applicare anche nel design system e nei microcopy, quei microtesti fondamentali per il dialogo tra applicazioni e strumenti ed esseri umani.
“Scrivi e lascia vivere”, offre strumenti per parlare realmente a un pubblico sfaccettato e multipolare.