Progetto M.A.R.E., il diario di bordo di Chiara De Ianni e Giorgia Zacco

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Nell’ultima tappa dell’iniziativa di Centro Velico Caprera e One Ocean Foundation a bordo del catamarano c’erano per Sorgenia la Computational Enviromnments & Operation Analyst e la Digital Customer Engagement Manager della compagnia: “Ora siamo più consapevoli anche dei piccoli gesti che servono a proteggere l’ambiente e i nostri mari”

Per la dodicesima e ultima tappa di Progetto M.A.R.E., con partenza dal porto antico di Genova il 16 luglio e arrivo a Varazze il 19 luglio, a bordo del catamarano di Centro Velico Caprera e One Ocean Foundation c’erano come ospiti di Sorgenia Chiara De Ianni e Giorgia Zacco. Chiara è Computational Environments & Operation Analyst, lavora nel team Erqa (Energy Risk & Quantitative Analysis) e si occupa del monitoraggio e del mantenimento dei modelli di advance analytics: monitoraggio dei modelli, verifica degli output, tracciamento degli errori, configurazioni e aggiornamenti input. Giorgia invece è Digital Customer Engagement Manager: “Mi occupo di Greeners – spiega – la nostra grande community sostenibile fatta di persone che hanno a cuore l’ambiente e si impegnano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore”.

Di cosa parliamo?

Alla scoperte delle coste liguri

“Nella prima giornata abbiamo esplorato le coste liguri da Genova verso il lato opposto rispetto a Varazze, in zona Camogli – racconta Giorgia – Successivamente ci siamo diretti verso Varazze ma abbiamo svolto le nostre ricerche ben oltre questa meta, fino a Finale Ligure, per poi tornare le notti nel porto di Varazze. Questo perché il catamarano aveva già raggiunto la Liguria e si stava preparando per la grande navigazione, circa 30 ore in traversata dalla Liguria alla sede del centro velico di Caprera in Sardegna, a La Maddalena, iniziata al termine della nostra tappa”.
“Per me si è trattato della prima esperienza in un’imbarcazione di questo tipo – spiega Chiara – è stato tutto una scoperta, a partire dall’osservare la struttura dell’imbarcazione, dal vedere quali erano gli spazi che la componevano, fino al vivere direttamente alcune fasi della vita in barca, come le attività di attracco e partenza dal porto”.
“Il rapporto con l’equipaggio è stato sereno e collaborativo – prosegue – Essendo stata la mia prima esperienza in barca non sapevo bene cosa aspettarmi: l’equipaggio però ci ha dato una grande mano, facendoci svolgere mansioni nell’aiuto dell’approdo in porto. Il mio compito – aggiunge – era quello di collaborare durante le manovre in porto in modo che se ce ne fosse stato bisogno avrei dovuto posizionare il cosiddetto ‘pallone’ in prossimità del lato debole dell’imbarcazione, prevenendo eventuali contatti con altri mezzi ormeggiati in porto”.

Lezioni di vento

“Ho imparato concetti per niente banali sul movimento in imbarcazione a vela in relazione al vento, come ad esempio spostarsi da un punto sopravento a uno sottovento e viceversa – ricorda Giorgia – Ho imparato che esiste il vento ‘apparente’, che è la risultante tra il vento reale e il vento di avanzamento che crea la barca stessa con il suo movimento. Il vento reale è quello che siamo abituati a sentire, ma in barca lo si percepisce quando si è fermi ed è quello che si registra in quel momento in relazione alla forza e alla direzione del vento stesso. Il vento di avanzamento ha la stessa direzione dell’andatura della barca, uguale intensità rispetto alla velocità di andatura della barca, ma verso opposto. Le dinamiche tra vento-correnti e spostamenti non sono affatto semplici e ricordano i problemi sui vettori che affrontavamo a scuola con l’insegnante di fisica. Ho imparato le basi delle precedenze in navigazione e come si rileva una rotta di collisione. Infatti – spiega ancora Giorgia – quando si è in navigazione e si avvista una barca in avvicinamento, si procede a rilevazioni successive e sequenziali in tempi successivi con una bussola da rilevamento o con un grafometro, per capire se effettivamente la barca è in rotta di collisione con la nostra o le due unità non si andrebbero a scontrare”.

L’importanza di analizzare il plancton

Quanto all’aspetto scientifico della missione, “durante i due giorni di navigazione abbiamo avuto l’opportunità di svolgere due campionamenti utilizzando un retino in grado di raggiungere una profondità di 20 metri, con il quale abbiamo prelevato campioni di plancton che in seguito sarebbero stati analizzati in laboratorio – racconta Chiara – La cosa particolare è che non pensavo che il plancton si potesse vedere a occhio nudo, ma man mano che proseguivamo con i campionamenti ho imparato a distinguere il plancton: dei piccoli puntini neri che si muovevano in acqua”.
“Tutto quello che abbiamo fatto e ogni parola di spiegazione delle biologhe è stata importante – prosegue Giorgia – Ho compreso qualcosa che è semplice vedere anche a occhio nudo e che i risultati della ricerca mi aspetto proveranno: i nostri mari non stanno bene e la maggior parte della colpa è nostra. Possiamo fare qualcosa ogni giorno per migliorare lo stato di salute dei mari, perché anche azioni che comunemente non pensiamo possano essere collegate ai mari, in realtà lo sono. Faccio un esempio, il lavaggio in lavatrice dei nostri capi sintetici contenenti fibre plastiche, rilascia microplastiche nocive in mare. Analizziamo il plancton perché è la base della nostra catena alimentare e le sostanze nocive che rileviamo al suo interno possiamo presupporre siano presenti anche nei pesci più grandi. Se un plancton si nutre al 50% di plastica, questa percentuale viene tramandata allo stesso modo nella catena alimentare, non diminuisce di passaggio in passaggio. Questo significa che anche i pesci più grandi che finiscono nelle nostre tavole conterranno presumibilmente il 50% di plastica. È fondamentale non girarci più dall’altra parte: il problema esiste e possiamo fare qualcosa agendo con coscienza nelle nostre scelte quotidiane e creando consapevolezza in chi ci circonda. Sono convinta che se tutti sapessero delle gravi conseguenze che provocano semplici gesti, molte persone in più agirebbero diversamente”.
“All’attività vera e propria di campionamento si sono alternate delle lezioni tenute dalla biologa Benedetta – continua Chiara – che ci ha spiegato più nel dettaglio lo scopo di questo progetto e l’importanza dell’analizzare il plancton. La biologa ci ha anche illustrato quali animali avremmo potuto osservare in navigazione o che erano stati avvistati fino a quel momento, anche se noi su questo non siamo state molto fortunate”.

Il ritorno sulla terra ferma

Una volta tornata a terra, Chiara porterà con sé un prezioso ricordo di questa esperienza: “Mi ritengo soddisfatta ed entusiasta – racconta – Intanto perché mi porto a terra un bagaglio di esperienza in ambito velistico: il capitano spesso ci faceva delle mini-lezioni, ad esempio sui venti e su cosa significa stare sottovento o sopravento, che terrò bene a mente per il futuro. Ricorderò anche l’emozione di navigare a vele spiegate, e tutti i suggerimenti e le accortezze per rispettare l’ambiente durante la navigazione. In barca, infatti, venivano usati prodotti biodegradabili, dai saponi agli shampoo, così da avere un minor impatto ambientale sul mare e inquinare il meno possibile. Se tutti nel nostro piccolo fossimo attenti a queste piccole cose anche il nostro mare ne beneficerebbe. E infine mi ha fatto molto piacere che la nostra azienda abbia supportato questa iniziativa, permettendo a noi dipendenti di venire a contatto con una nuova realtà e acquisendo consapevolezza sull’importanza di salvaguardare il nostro mare”.
“Lavoro nel mondo della sostenibilità e per me è da sempre un tema molto importante che accompagna ogni gesto della mia vita quotidiana, ma non ero mai stata dalla parte delle rilevazioni scientifiche, è stato bello conoscere biologi che hanno deciso di spendere la propria vita per il mare e per tutti no – conclude Giorgia – Ho capito che la ricerca scientifica è fondamentale e che abbiamo ancora scarse conoscenze delle nostre acque. Grandi evidenze nascono in questo campo da gente come noi che sceglie di mettere le proprie conoscenze e sforzi al servizio di una causa e per creare nuova conoscenza. Ammiro molto biologi e ricercatori e tutte le associazioni che si impegnano in questo campo che farò il possibile per sostenere nel mio piccolo”.