Malaria e cambiamento climatico: il nuovo volto della malaria
Scritto da
Gaia Dominici
Storyteller, vive nella savana in Kenya insieme a suo marito e a sua figlia raccontando la loro vita Maasai, portando il suo punto di vista su scelte di vita sostenibili
Dove il clima muta e le stagioni si confondono, la malaria cambia volto. Kilifi, nota per il turismo, nasconde una realtà ben più complessa, segnata da sfide sanitarie quotidiane
Da undici anni vivo in Kenya, e benché – incredibilmente – non abbia mai contratto la malaria, sono perfettamente consapevole che sia una piaga che si abbatte quotidianamente su diverse realtà di questo paese. Chiunque viaggi o viva in Kenya conosce perfettamente la lista delle zone più endemiche. Solitamente infatti viene segnalata come zona rossa per il contagio della malaria, l’area intorno al Lago Vittoria, ad ovest del paese. In realtà però anche la zona costiera, anche se in percentuale più bassa, è una zona endemica. In una terra meravigliosa e complessa come la contea di Kilifi, la lotta contro
questa malattia si intreccia sempre di più con un altro fenomeno globale: il cambiamento climatico.
Per comprendere meglio quale fosse realmente l’impatto del clima sulla diffusione della malaria, ho intervistato Gabriele, un cooperante di World Friends, ONG italiana attiva in Kenya da moltissimi anni, impegnata in un progetto (tra i molti che ha soprattutto nella capitale Nairobi) che ha l’obiettivo di rafforzare la risposta della comunità locale contro la malaria. Un progetto silenzioso ma essenziale, che mette al centro le persone e le connessioni tra ambiente, salute e resilienza.
Kilifi conta circa 1,7 milioni di abitanti. Sulla costa, dove arrivano i turisti, la malaria e il rischio di contrarla è molto basso. Ma basta spostarsi nell’entroterra per trovarsi in uno dei dieci hotspot a trasmissione molto alta, identificati dal Dipartimento della Salute regionale. In queste zone – spesso boschive, vicine a fiumi o foreste sacre come le Kaya Forests – la malaria è ancora una minaccia concreta. Il cambiamento climatico che fa si che le piogge non arrivino o arrivino tutte insieme ha stravolto le stagioni: sostanzialmente, le piogge non seguono più i cicli storici e questo è un enorme problema. Dopo lunghi periodi di siccità, piogge improvvise e intense trasformano il terreno in un mosaico di pozze e acquitrini. È lì che proliferano le zanzare, che oggi si spingono anche in aree prima risparmiate, grazie alle nuove temperature e all’umidità costante. Secondo recenti studi, in alcune zone si starebbero formando nuove varianti del parassita Plasmodium, quello che provoca la malaria. Un segnale forte di quanto l’ambiente stia cambiando e con lui, anche le malattie.
Il progetto di World Friends non si limita solamente a distribuire medicinali e kit per il test della malaria. Fa qualcosa di ancora più importante: rafforza le competenze locali. Dagli inizi fino ad ora, attraverso questo progetto sono stati formati cento promotori di salute comunitaria, scelti tra i residenti stessi, trenta operatori sanitari e dieci supervisori. A loro viene insegnato come diagnosticare i casi lievi, somministrare le terapie di base e soprattutto educare e sensibilizzare la popolazione. L’idea è semplice, ma rivoluzionaria: portare la salute nelle mani delle comunità, riducendo la pressione sui piccoli dispensari rurali.
Oltre 12.000 bambini delle scuole primarie hanno partecipato a programmi di educazione sanitaria, imparando l’uso corretto della zanzariera, l’importanza dell’igiene, e come proteggere sé stessi e le loro famiglie. Per i più piccoli, mi racconta Gabriele, potrebbe essere a breve disponibile anche un vero e proprio vaccino contro la malaria, un’altra arma per ridurre il rischio sebbene la copertura ha una durata molto limitata esponendo nuovamente i bambini al rischio di contagio già intorno ai cinque anni di età. I promotori di salute effettuano test rapidi sul campo, capaci di dare un risultato in meno di venti minuti. Ogni mese si testano circa cinquecento persone in media, con circa 300 casi positivi. I test diagnostici e le terapie per la malaria sono completamente gratuiti per la comunità locale. Malaria, tubercolosi (TB) e HIV sono tutte malattie i cui costi vengono sostenuti dal Global Fund, che destina una parte dei suoi fondi alla lotta contro queste patologie, garantendo l’accesso a trattamenti efficaci anche alle fasce più povere della popolazione (che spesso corrispondono a quelle più colpite). Il progetto di World Friends è invece finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, un ente del Ministero degli Affari Esteri italiano, che contribuisce attivamente a supportare le iniziative sanitarie in paesi come il Kenya. Il progetto si è trovato ad affrontare anche ostacoli di tipo logistico e strutturale. Uno degli aspetti più critici è la raccolta dei dati sanitari, che fino a poco tempo fa avveniva ancora su registri cartacei nei dispensari locali. Questo sistema rendeva estremamente complesso il tracciamento accurato dei casi positivi, sospetti e negativi, ostacolando l’elaborazione di strategie efficaci e l’implementazione di interventi mirati per il contenimento della malaria.
La malaria, a Kilifi come in altri parti del mondo, è una malattia stagionale, ma oggi a causa del cambiamento climatico i suoi picchi non coincidono più con le stagioni delle piogge, trasformando quella contro la malaria da una battaglia locale ad una globale. Il cambiamento climatico non è un concetto astratto, ma un moltiplicatore di vulnerabilità. Dove prima c’erano stagioni prevedibili, oggi ci sono squilibri. Dove prima la malaria era sotto controllo, ora torna a diffondersi, anche laddove era sparita o addirittura non era mai esistita. Ma c’è anche un altro dato, forse il più importante: le comunità non stanno a guardare. Si attivano, imparano, collaborano. La salute diventa una responsabilità condivisa. In un mondo che cambia, l’unica vera energia rinnovabile resta la forza delle persone. E a Kilifi, quella forza è già in movimento.