Riserva Samburu, un luogo ancora inesplorato tra banditi, natura incontaminata e turismo locale

Scritto da Gaia Dominici
Storyteller, vive nella savana in Kenya insieme a suo marito e a sua figlia raccontando la loro vita Maasai, portando il suo punto di vista su scelte di vita sostenibili

Vivo in Kenya da ormai quasi una decina d’anni eppure ci sono luoghi del paese che per me restano ancora del tutto inesplorati. Desideravo da anni di poter visitare la Riserva Samburu che si trova a nord del paese a circa otto ore di viaggio da Nairobi. È un’area piuttosto vasta e molto arida. Anche nei periodi più freddi dell’anno, in quelle zone regna un caldo torrido.
A causa della sua dislocazione geografica – si trova lontano da Nairobi e ancor di più dalla costa e dal mare – non è tra le mete predilette dei turisti internazionali che spesso prediligono la zona sud del paese, dove si trovano i ben più famosi e frequentati Amboseli, Maasai Mara e Tsavo.

Benché paesaggisticamente parlando, la riserva di Samburu richiami i paesaggi a me più famigliari delle terre maasai, non ero preparata ad affrontare la bellezza sconfinata di quei luoghi.

 

 

La riserva prende il nome dalla tribù, appunto, dei Samburu, parenti alla lontana dei Maasai ma che in realtà – a parte una lontana origine linguistica in comune – hanno ben poco da spartire. Mentre i Maasai – tribù originariamente semi nomade – negli anni si sono stabilizzati nelle aree geografiche a cavallo tra il sud del Kenya e il nord della Tanzania; i Samburu si sono insediati nel centro-nord del paese.

La riserva nazionale dei Samburu si estende per circa 165 chilometri quadrati e ad oggi è un’area protetta di cui fanno parte anche la Buffalo Springs Reserve e la Shaba National Reserve. Pur essendo in una zona periferica del paese, lontanissima dalla caotica Nairobi e dalle zone più turistiche sul mare, questa area geografica non è considerata molto spesso come meta sicura per i turisti. La causa principale di questa triste nomea è da addebitare alla forte presenza di banditi che capita attacchino i van di turisti occidentali (e non) all’interno della stessa riserva. Mentre le zone a sud e ad est sono meno soggette a questo tipo di eventi, le aree più a nord della riserva sono sempre più spesso palcoscenico di spiacevoli avvenimenti. Questo non deve spaventare o addirittura far decidere di non visitare quelle zone. Come ogni cosa e come in ogni luogo, basta informarsi, appoggiarsi a validi e seri tour operators e guide locali e tutto andrà per il meglio. A causa di – o forse grazie a –  queste motivazioni, la riserva nazionale di Samburu preserva intatti ancora oggi i suoi paesaggi incontaminati e protegge centinaia di specie di animali selvatici dal turismo di massa.

I game drive (più comunemente chiamati “safari”) in queste zone sono sicuramente più estenuanti e frustranti rispetto che in altri luoghi dove, per forza di cose, gli animali si sono ormai abituati alla presenza di noi esseri umani, ai rumori delle macchine o degli aeroplani. A Samburu, tutto questo, per fortuna, non è ancora avvenuto.

Gli animali, alle prime vibrazioni del terreno causate dai pneumatici dei safari van, scappano e si nascondono.

Le migrazioni da una riserva all’altra avvengono ancora con ritmi ancestrali e – purtroppo – intere generazioni di animali sono state sterminate dai bracconieri, lasciando oggi quelle terre con una quantità molto minore di specie da poter osservare.

Se siete alla ricerca di un viaggio lento, fatto di attese, lunghi avvistamenti e chilometri macinati nella savana, la riserva nazionale di Samburu può regalarvi ciò che desiderate. Con i suoi paesaggi maestosi, i suoi colori saturi quasi assomiglianti ad un dipinto e la sua storia fatta di bellezza ma anche atrocità, questo luogo vi resterà nel cuore regalandovi un’immagine del Kenya del tutto unica e speciale.