Fu Nick Holonyak Jr. nel 1962 a sviluppare per primo un diodo a emissione luminosa, cioè un dispositivo elettronico in grado di generare luce – più propriamente fotoni – sfruttando il movimento degli elettroni. I primi LED erano disponibili solo nel colore rosso; in un secondo momento vennero sviluppati il giallo e il verde e si estese via via il campo di applicazione della tecnologia (inizialmente le luci venivano impiegate come indicatore di stand-by per alcuni elettrodomestici).
Negli anni Novanta tre ricercatori giapponesi Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura svilupparono il LED blu, che integrando diodi di colore rosso, verde e giallo consentiva di creare qualsiasi colore. Ma soprattutto ci si rese conto che la quantità di luce emessa poteva competere con quella delle comuni lampadine: si era aperta così la strada all’illuminazione pubblica e privata a basso consumo.
LED BLU: DALLA CAUSA LEGALE AL PREMIO NOBEL
Fu Nakamura il primo a lavorare al progetto. Mentre si occupava di materiali semi-conduttori per la Nichia Chemical Industries in Giappone, nel 1993 scoprì il diodo a emissione di luce blu. L’azienda non era d’accordo con questa iniziativa ma, una volta venuta alla luce la scoperta, brevettò l’invenzione assicurandosi i proventi del suo utilizzo futuro. Al fisico riconobbe solo un “premio” di circa 200 dollari.
Nel 2001 Nakamura avviò una causa legale contro la Nichia. Il procedimento andò avanti per ben 4 anni, a un certo punto si paventò anche che l’azienda giapponese dovesse sborsare l’equivalente di 200 milioni di dollari. Nel 2005 la sentenza definitiva: lo scienziato ottenne un risarcimento di oltre 8,1 milioni di dollari e si trasferì definitivamente negli Stati Uniti, dove divenne professore alla Santa Barbara University in California.
Dopo nove anni, grazie a un’invenzione che oggi trova sempre più applicazioni nella vita quotidiana di ciascuno di noi, Nakamura e i due colleghi giapponesi Akasaki e Amano hanno ricevuto il Premio Nobel per la Fisica 2014.
COME FUNZIONA UN LED
La tecnologia alla base dei LED sfrutta le capacità di alcuni materiali semi-conduttori. I diodi sono composti da due strati: uno di carica positiva (che cattura gli elettroni) e uno di carica negativa (che rilascia gli elettroni), con in mezzo uno livello neutro definito “attivo”. Applicando una tensione ai due strati gli elettroni si mescolano con le particelle positive e si annullano, rilasciando fotoni cioè luce.
Il LED blu erano i più difficili da ottenere perché caratterizzati da un’elevata carica energetica. Grazie a loro però è stato possibile realizzare luce di qualsiasi altro colore, inclusa quella bianca.
APPLICAZIONI DEI LED: DALL’ILLUMINAZIONE AGLI SCHERMI TV
Telecomandi, spie per lo stand by degli elettrodomestici, semafori stradali e automobili sono solo alcuni degli oggetti che oggi utilizzano luci LED. I diodi a emissione luminosa si sono affermati nella retroilluminazione degli schermi LCD a cristalli liquidi, quindi su smartphone, tablet e tv. Oggi sta prendendo piede anche la tecnologia OLED (diodo organico a emissione di luce), che a differenza della LCD è in grado di illuminarsi emettendo luce propria e dunque richiede meno energia per funzionare.
Federica Ionta
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