Giornata della Terra: “Il momento dell’azione è adesso”

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

I dati del nuovo report Ipcc: “Senza una riduzione immediata delle emissioni di C02 in tutti i settori, limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi sarà impossibile. Abbiamo strumenti e know-how. Servono giuste politiche, infrastrutture e tecnologie”

Quello lanciato dagli scienziati dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Intergovernmental panel on climate change), è un allarme ma allo stesso tempo uno stimolo, un appello ai governi del Pianeta a fare di più per salvaguardare l’ambiente.

L’ultimo rapporto è stato pubblicato nei primi giorni di aprile: si tratta del terzo volume del rapporto, quello dedicato alla “mitigazione”, quindi alle possibili soluzioni per contenere il riscaldamento globale entro la soglia degli 1,5 gradi. A curare lo studio è stato un team di 278 scienziati provenienti da 65 paesi, per un testo finale che ha recepito oltre 60mila revisioni da esperti e istituzioni.

Il rapporto Ipcc non lascia margini di manovra a chi vorrebbe ancora prendere tempo: “Senza una riduzione immediata e profonda delle emissioni di Co2 in tutti i settori, limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi è impossibile – recita il report – L’evidenza è chiara: il momento dell’azione è adesso. Possiamo dimezzare le emissioni entro il 2030 e abbiamo opportunità in tutti i campi, dalle città all’industria, all’agricoltura”.

Ma le tinte fosche dei numeri vengono attenuate dall’appello di Hoesung Lee, presidente dell’Ipcc: “Abbiamo gli strumenti e il know-how necessari per limitare il riscaldamento globale”, afferma.

 

Di cosa parliamo?

Le azioni necessarie per ridurre fino al 70% delle emissioni di gas serra entro il 2050

A tracciare una roadmap delle azioni necessarie per limitare il riscaldamento globale è Priyadarshi Shukla, copresidente del gruppo di lavoro III dell’Ipcc: “Avere le giuste politiche, infrastrutture e tecnologie in atto per consentire cambiamenti ai nostri stili di vita e comportamenti può portare una riduzione tra il 40 e il 70% delle emissioni di gas serra entro il 2050 e migliorare la nostra salute e il nostro benessere – spiega – La limitazione del riscaldamento globale richiederà importanti transizioni nel settore energetico, con riduzione dei combustibili fossili e più fonti alternative, elettrificazione diffusa, più efficienza energetica”.

Nel suo intervento Priyadarshi Shukla sottolinea anche che intraprendere azioni contro il riscaldamento globale non avrebbe effetti negativi sul prodotto interno lordo globale: “Nel 2050 – argomenta – sarebbe solo di pochi punti percentuali inferiore se intraprendessimo le azioni necessarie per limitare il riscaldamento a 2 gradi o meno, rispetto al mantenimento delle politiche attuali”.

Gli investimenti per limitare il riscaldamento globale non sono però ancora al livello adeguato: “C’è sufficiente capitale globale e liquidità per colmare i vuoti di investimento – spiega l’Ipcc nel rapporto – ma i flussi finanziari sono da tre a sei volte inferiori ai livelli necessari entro il 2030 per limitare il riscaldamento al di sotto dei 2 gradi centigradi”.

Le previsioni per i prossimi 80 anni

Il report dell’Ipcc formula anche una serie di previsioni per gli anni a venire: “I prossimi anni sono critici – denuncia – limitare il riscaldamento a circa 1,5 gradi richiede il picco di emissioni globali di gas serra al più tardi entro il 2025 e che si riducano del 43% entro il 2030. Anche il metano dovrebbe essere ridotto di circa un terzo. Anche se faremo questo, è quasi inevitabile che supereremo temporaneamente questa soglia di temperatura ma potremo tornare al di sotto di essa entro la fine del secolo”, per stabilizzarsi quando le emissioni raggiungeranno lo zero.

Severo il presidente dell’Onu, Antonio Guterres: “Alcuni governi e leader di aziende dicono una cosa e ne fanno un’altra – denuncia – Per dirla semplicemente, mentono, e il risultato sarà catastrofico”. “Gli attivisti del clima sono talvolta descritti come pericolosi radicali – scriverà poi in un tweet – ma i radicali davvero pericolosi sono i paesi che stanno aumentando la produzione di combustibili fossili”.

Il cambiamento climatico si muove più veloce di noi: occorre investire su larga scala

A spiegare il senso dei dati diffusi dall’Onu ci pensa Stephen Cornelius, capo delegazione del Wwf, che ha partecipato ai negoziati: “Mentre alcuni settori si stanno muovendo nella giusta direzione, il cambiamento climatico si sta muovendo più velocemente di noi – spiega – Non possiamo più consentire l’inquinamento dei combustibili fossili che stanno distruggendo il nostro clima e il mondo naturale da cui tutti dipendiamo”. La soluzione sarà “investire su larga scala per potenziare le nostre società in modo più efficiente, utilizzare energia pulita e rinnovabile, preservare e ripristinare la natura, allontanarsi da pratiche commerciali non sostenibili e non lasciare nessuno indietro in questa transizione”.

Un ritardo nell’azione può costare la catastrofe

“Affidarsi a tecnologie speculative per fornire riduzioni o rimozioni delle emissioni in futuro, dopo che l’aumento della temperatura avrà superato 1,5 gradi costerà vite e infliggerà ulteriori danni irreversibili – ammonisce Nikki Reisch, direttore del Climate & Energy Program, Center for International Environmental Law (Ciel) – i risultati dell’Ipcc non fanno che rafforzare l’idea che liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili è fondamentale per il clima globale, per la pace globale e per la stabilità economica”.

Basti pensare che, secondo il report, con un riscaldamento globale di 1,5° C fino al 14% delle specie terrestri si troverà probabilmente ad affrontare “un elevato rischio di estinzione”. Questa quota arriva addirittura al 18% con 2° C di aumento della temperatura, raggiungendo il 48% a 5° C.

Il valore delle fonti rinnovabili

 

“Ci fa piacere che i governi abbiano concordato in questo rapporto dell’Ipcc che l’energia solare ed eolica, nonché l’efficienza energetica, hanno il più grande potenziale economico per ridurre al massimo l’inquinamento da carbonio entro il 2030 – sottolinea Stephan Singer, Senior Advisor del Climate Action Network International – Ciò deve essere accompagnato dalla protezione delle foreste incontaminate e dal ripristino degli ecosistemi degradati e dal passaggio a diete a basso contenuto di carbonio a base vegetale. Esortiamo i governi, in particolare i grandi inquinatori, all’azione – conclude – Gli investimenti in tecnologie pulite devono crescere in media fino a sei volte l’anno fino al 2030 per avere la possibilità di rimanere nella traiettoria di aumento della temperatura media di non più di 1,5 gradi”.

Secondo Ottmar Edenhofer, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research e co-presidente del gruppo di lavoro 3 dell’Ipcc che pubblicò il report nel 2014, il report “mostra più chiaramente che mai che non abbiamo piegato verso il basso la curva delle emissioni di gas serra. Abbiamo solo leggermente appiattito il suo aumento. Ma con l’aumento delle emissioni, crescono anche i rischi climatici ma le misure adottate finora sono troppo deboli. La metà delle riduzioni delle emissioni necessarie a livello mondiale può essere ottenuta con tecnologie che sarebbero già redditizie a un prezzo di Co2 inferiore a 100 euro per tonnellata, cosa che è già a portata di mano oggi. Ora la politica deve cogliere questa opportunità”.

Il processo di decarbonizzazione in Italia

Spostandoci in Italia, il commento al report Ipcc arriva da I4C-Italy for Climate, iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile presieduta da Edo Ronchi: “L’Italia, in linea con il trend europeo, ha avviato un importante processo di decarbonizzazione dell’economia negli ultimi trent’anni che ha portato a una riduzione delle emissioni nazionali al 2021 di circa il 20% rispetto al 1990”, spiega I4C sottolineando però che si è registrato un rallentamento nel taglio delle emissioni nell’ultimo periodo, tra il 2014 e il 2021, “proprio nel momento in cui le tecnologie pulite sono diventate più efficaci e disponibili ed è cresciuta la consapevolezza sulla crisi climatica”. A causare questo slow down è stato secondo I4C “lo stallo delle fonti rinnovabili, che proprio dal 2014 hanno smesso di crescere nonostante il forte know-how italiano acquisito nello scorso decennio e l’abbondante disponibilità di risorse primarie, come sole e vento”. Per il futuro “dobbiamo urgentemente invertire la rotta e tagliare le emissioni entro il 2030 del 44% rispetto ad oggi. Questo sarà possibile – conclude I4C – solo se riusciremo a tagliare i consumi di energia del 15% e a raddoppiare il consumo di energia da fonti rinnovabili, a partire da quelle del settore elettrico, il cui stallo degli ultimi anni dovrà ripartire a ritmi 8/9 volte superiori”.