Girls Code it Better, formare alle tecnologie contro il gender gap

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

L’ideatrice e project manager Costanza Turrini: “Proponiamo il nostro progetto sulle competenze digitali delle ragazze alle scuole medie e superiori. Non è un programma per talenti, ma per tutte. E aiuta a superare pregiudizi e stereotipi che allontanano le giovani dalle Stem”

“Oggi si parla più che in passato del digital gender gap, ma i dati ci dicono che le ragazze non si dedicano ancora agli studi di informatica, ingegneria e fisica. Soprattutto a causa di uno stereotipo, un pregiudizio – anche quando è inconscio – che le vede poco inclini alla matematica. A indirizzare le ragazze prevalentemente verso le materie umanistiche, quasi che siano una naturale inclinazione femminile, sono la scuola, la comunicazione e l’ambiente in cui vivono ogni giorno. Anche per questo sogno di realizzare un progetto “al contrario”, per avvicinare i ragazzi alle materie umanistiche: quando nel nostro Paese la percentuale di insegnanti maschi sarà vicina a quella di insegnanti donne allora potremo dire che l’eliminazione del gender gap sarà più vicina. Quanto al digitale, mi auguro che l’attuale generazione delle bambine, insieme a quella dei loro genitori, siano le protagoniste del cambiamento e del superamento di ruoli sociali vecchi di 80 anni”. A parlare è Costanza Turrini, founder e project manager di Girls Code it Better, il progetto nato nel 2014 per avvicinare le ragazze alle discipline Stem, che dal 2019 è organizzato dalla Officina Futuro Fondazione W-Group. Per il 2022-2023 i corsi sono appena partiti, mentre le candidature degli istituti per il prossimo anno saranno accolte orientativamente tra febbraio e maggio. “Abbiamo in corso una ricerca con le Università di Harvard, la Bocconi e l’ateneo di Bologna, di cui il primo paper è stato pubblicato a maggio negli Stati Uniti, sui risultati di Girls Code It Better – spiega Turrini – I dati evidenziano che le ragazze che si iscrivono ai nostri corsi sono in generale quelle già interessate alle Stem: si tratta in media del 16% delle ragazze che frequentano la scuola. Queste giovani vivono il genere come una barriera per sviluppare il proprio futuro, e si iscrivono per diventare esperte. Il mio obiettivo per il futuro, però, è di arrivare a tutte, anche a quelle che credono di non essere interessate, o che magari sono più fragili. Sarà possibile eliminare il divario di genere quando tutte le ragazze guarderanno senza timori al digitale, e tutte parteciperanno alla formazione, non soltanto quelle brave o quelle incoraggiate dalla famiglia. Allargare la platea sarà la sfida più importante per il futuro”.

Di cosa parliamo?

Quali sono gli effetti di questo percorso sulle ragazze e sulle scuole?

Man mano che le ragazze diventano esperte, all’interno delle scuole si apre un nuovo modo di guardare ai ruoli sociali collegati al genere. Perché quando le esperte sono le ragazze, anche i maschi devono rivedere quello che sono abituati a pensare su di loro. E le ragazze stesse imparano a ripensarsi, a mettere in discussione il loro convincimento di essere meno brave dei ragazzi, ad esempio, in matematica. In più, nelle scuole medie interagiamo anche con i genitori.

In cosa consistono i progetti che proponete alle ragazze?

Presentiamo loro una sfida, che deve essere risolta utilizzando le tecnologie: automazione, schede elettroniche, progettazione, modellazione e stampa 3D, web design e web development, programmazione di app e gaming, videomaking e grafica, realtà virtuale e aumentata. Per farlo, affianchiamo a un insegnante della scuola una figura tecnica e creativa che noi chiamiamo coach maker che facilita la risoluzione dei problemi con l’uso delle tecnologie digitali. I corsi sono totalmente gratuiti per le ragazze e si svolgono un pomeriggio a settimana da novembre a marzo, con 35 ore in tutto, per le superiori, e fino ad aprile con 45 ore per le medie. Per le scuole di secondo grado le nostre attività valgono anche per quella che prima era chiamata alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento).

Come vengono scelti i coach e gli insegnanti da coinvolgere?

Gli insegnanti ci vengono segnalati dagli istituti, mentre i coach maker li selezioniamo noi: non sono solo programmatori, ma maker, figure tecniche e creative, appassionate di videogiochi, architetti, designer: insieme agli insegnanti si occuperanno di aiutare le ragazze a risolvere la sfida. Abbiamo scelto questo approccio perché riteniamo sia importante proporre le tecnologie come mezzo, e non come fine.

Chi sono le ragazze a cui vi rivolgete con Girls Code it Better?

Sorteggiamo 20 ragazze tra tutte le candidate in ogni scuola. È importante sottolineare che non si tratta di corsi per talenti, ci interessa che arrivino tutte, anche le ragazze più fragili: il nostro scopo è che si divertano e scoprano che la scuola può essere anche altro rispetto alla sua accezione più tradizionale. Vogliamo in altre parole che le tecnologie siano trasversali a qualsiasi tipo di formazione e di intelligenza.

Quali scuole si iscrivono ai vostri progetti?

Tra gli istituti che partecipano abbiamo anche licei classici: per noi sono preziosi, perché proprio in quelle realtà le ragazze possono scoprire che studiare greco non è così distante dalla logica matematica. Ma ci sono anche istituti professionali e tecnici, e club interscuole, dove è più facile imparare il valore della collaborazione tra chi viene da esperienze diverse. Riuscire a lavorare insieme vuol dire partire da zero e arrivare al risultato facendolo in maniera collaborativa. Grazie alla riflessione condivisa, alla comunicazione efficace e, spesso, anche alla scoperta di una nuova leadership al femminile.

Come si è sviluppato il vostro percorso negli anni?

Il primo anno eravamo in 10 scuole medie in Emilia-Romagna e in Lombardia, mentre fino a oggi siamo arrivati a costituire 390 club, più i 130 di quest’anno, ognuno dei quali è composto da una media di 22 ragazze, che vengono sorteggiate tra le candidate per non scegliere in base alla bravura e dare a tutte la possibilità di partecipare. In questo contesto anche le scuole dove le candidature sono poche hanno per noi un grande valore: siamo entrate in alcuni territori nei quali gli stereotipi di genere sono più radicati, abbiamo bisogno di fare un lavoro importante per riuscire ad avvicinare un maggior numero di ragazze. Inoltre, durante l’emergenza pandemia abbiamo continuato a lavorare online, e oggi siamo in grado di proporre le attività in presenza, da remoto e in modalità ibrida.

Se dovesse fare un bilancio di questi primi anni di attività, cose ne emergerebbe?

Sappiamo di essere sulla strada giusta perché le ragazze che si candidano sono sempre di più, perché alcune di loro scelgono percorsi alternativi alla fine della scuola superiore, ringraziandoci per aver dato loro l’opportunità di sperimentarsi in ambiti nuovi. Abbiamo anche imparato che ogni istituto è un’esperienza a sé, fatta da insegnanti e dirigenti che portano a scuola la loro visione del mondo, di popolazione scolastica eterogenea e di territori molto diversi. Quello che rimane sempre costante è il fatto che utilizziamo il metodo costruttivo e collaborativo, che proponiamo le tecnologie come mezzo creativo, e che vogliamo rivolgerci al numero più ampio possibile di studentesse. Il resto lo creiamo su misura volta per volta insieme alle scuole.

Come riuscite a realizzare le vostre attività? Qual è la novità della nuova edizione?

A sostenere tra i primi la nostra iniziativa è stata l’agenzia per il lavoro Maw, a cui si sono aggiunte nel tempo tante aziende che ci scelgono come attività di responsabilità sociale, e tanti enti locali. Iniziamo ad avere una bella rete. Nella maggior parte dei casi non si tratta soltanto di finanziamenti, ma di una vera e propria partecipazione. Anche grazie a questo abbiamo vinto il premio nazionale per le competenze digitali e il Premio dei Premi.

Dal mio punto di vista il fatto più importante è il numero di scuole che abbiamo raggiunto: i 130 club di quest’anno corrispondono infatti a 2.700 ragazze, un numero di cui siamo orgogliosi. Vuol dire che molte scuole si ricandidano, e che tante altre si aggiungono: quest’anno, ad esempio, siamo arrivati per la prima volta in Campania, con 5 club tra Salerno, Napoli e provincia.