Gli imballaggi biodegradabili e commestibili di Packtin

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

L’idea di economia circolare della startup, spin-off dell’università di Modena-Reggio Emilia, parte dall’utilizzo degli scarti alimentari per produrre integratori, gel e “coating”. Ne parliamo con il co-founder e Coo dell’azienda, Andrea Quartieri.

“Long Ripe” è una pellicola naturale da utilizzare nella fase post-raccolta di frutta e verdura, il cosiddetto “coating”: ha una doppia azione protettiva sulle fibre dei prodotti, per rallentarne la maturazione e impedire la formazione di muffe e marciumi. Il risultato è una diminuzione della produzione di scarti, oltre che nuove possibilità per l’export, con i prodotti che durano più a lungo in buone condizioni durante la fase di trasporto e sugli scaffali. A registrare il brevetto di Long-Ripe, che si è dimostrato particolarmente efficace per la conservazione dei pomodori, è la startup Packtin, che ha come obiettivo quello di reimmettere nel processo produttivo materia prima di recupero, grazie a soluzioni che fanno leva sulla sostenibilità e sull’innovazione. A spiegare in quest’intervista l’attività della startup è Andrea Quartieri, co-founder e COO dell’azienda.

Di cosa parliamo?

Quartieri, da quale esperienza nasce Packtin e come sta sviluppando il suo business model? Ci descrive come nasce questa startup e come si sta sviluppando?

Guardi, siamo nati nel 2017 come spinoff dell’Università di Modena e Reggio Emilia. La nostra storia inizia dunque nei laboratori di microbiologia, e continua oggi come startup in una struttura industriale alla periferia di Reggio, dove vogliamo costruire passo dopo passo la nostra “fabbrica del futuro”. In concreto stiamo installando il nostro primo impianto di stabilizzazione ed estrazione, che ultimato potrà trattare da 3 a 5 tonnellate di sottoprodotti (meglio: coprodotti) agroalimentari al giorno; sarà un impianto pilota, il modello di una bioraffineria circolare da scalare, con l’obiettivo di realizzare un grande impianto industriale italiano, appunto la “fabbrica del futuro” grazie alla quale far decollare la rivoluzione green che sogniamo.
Attualmente il nostro business model è quello di piattaforma in grado, grazie alle competenze tecno-scientifiche maturate dal team e dai suoi advisor scientifici, di valorizzare a 360° quelli che taluni in modo erroneo chiamano scarti agroalimentari, e che in realtà hanno un enorme valore intrinseco. Penso alle bucce di pomodoro o al pastazzo delle arance, da cui si possono ottenere nuove utilissime materie prime per l’industria alimentare (e non solo per quella) come zuccheri, vitamine, antiossidanti, fibre solubili e insolubili. L’impianto pilota che le ho citato prima è appunto l’inizio di un percorso industriale ad ampio respiro, ambizioso ma concreto, che ha attirato l’interesse di importanti player industriali non solo in Italia ma all’estero.
Non le nego che le difficoltà sono tante, l’impegno richiesto tantissimo, ma stiamo crescendo sia in termini di fatturato che di team: il nocciolo duro è tecno-scientifico e gestionale, ma abbiamo anche nuovi collaboratori in ambito business development e marketing, comunicazione, IP ecc.

Tra i vostri principi-guida ci sono la volontà di mettere l’innovazione al servizio della sostenibilità, dell’economia circolare e della lotta allo spreco alimentare. Che tipo di risposta state ricevendo dal mercato, e chi sta dimostrando più interesse alle vostre soluzioni?

Rispetto a quando abbiamo iniziato nel 2017 le cose stanno cambiando in fretta. Oggi tutti hanno compreso, almeno a parole, la centralità della sostenibilità e dell’economia circolare come pilastri di un nuovo modello economico, in grado di garantire benessere ma senza mettere ulteriormente alla prova la biosfera e il pianeta (anzi, favorendo un ripristino, per quanto possibile). Le risorse naturali sono sempre più scarse, ecco perché valorizzare al massimo i coprodotti agroalimentari come le bucce di mela o le buccette di pomodoro è un dovere morale, oltre che una grande opportunità economica. Per citare un imprenditore del nordest che ammiro molto, quelli che molti considerano “rifiuti” in realtà sono una miniera d’oro. Ecco perché stiamo ricevendo interesse da più parti (e abbiamo già numerose collaborazioni e contratti di fornitura): da altre startup innovative a player agroalimentari dell’Emilia-Romagna e di altri territori italiani, sino a gruppi multinazionali da Oltreoceano che ci hanno richiesto di trattare volumi di materia prima così ingenti che al momento non possiamo soddisfarli, ma a cui sapremo dare risposta una volta ultimato lo stabilimento pilota di cui sopra. Quanto ai settori, si va dalla nutraceutica all’industria alimentare mass-market, dal packaging al pet food.

Quali sono le principali difficoltà che vi siete trovati ad affrontare finora, e come le avete superate o le state superando

Le difficoltà quando si fa impresa sono molteplici. Abbiamo dovuto superare le consuete sfide di ordine burocratico che assillano ogni impresa agli esordi, in Italia ma credo in tutto il mondo, sfide tecniche e scientifiche impressionanti, sfide nel trovare collaboratori di eccellenza come quelli di cui ci siamo contornati. E ovviamente c’è il tema del funding: in Italia, soprattutto nei grandi centri come Milano o Roma, si tende a puntare su settori ad alta e rapida redditività, o comunque settori alla moda, come ad esempio il fintech; ovviamente tutto serve, ma non si può avere lo stesso mindset quando si approccia una startup della blockchain e quando si parla con una startup del manifatturiero green come la nostra, che vuole davvero cambiare il mondo, in modo concreto, valorizzando materie prime preziose che oggi vengono sprecate. Né bisogna dimenticare che l’Italia non è la Silicon Valley, ma è un paese manifatturiero e agricolo, ed è questa la sua grande forza. In ogni caso per superare le difficoltà ci vuole un team molto affiatato, competente e soprattutto tenace. Sono molto fortunato in questo, perché posso contare su colleghi in gamba, davvero eccezionali.

Quali sono le soluzioni che stanno attirando di più l’interesse del mercato, e quali pensate abbiano le migliori potenzialità per il futuro?

Le nostre farine stabilizzate stanno piacendo molto, le devo dire. Le abbiamo presentate di recente a Cibus, e hanno destato l’interesse di numerosi operatori del settore, grandi e piccoli. Si tratta di farine all’apparenza insolite, come la farina di buccia di pomodoro o di buccia d’arancia, ma che grazie ai metodi innovativi che applichiamo mantengono le proprietà nutrizionali e benefiche dei prodotti di partenza e sono utilizzabili in vari ambiti, come la nutraceutica, il mondo gluten-free e i cibi per sportivi. Interessa molto anche tutto il settore dei nostri coating, in grado di migliorare nettamente la shelf-life degli alimenti, combattendo gli sprechi alimentari.

Quando avete iniziato da ricercatori la sostenibilità e il rispetto per l’ambiente non godevano ancora dell’attenzione su cui possono contare oggi. Il fatto di avere già alle spalle un’esperienza può essere un vantaggio competitivo per sbarcare su un mercato sempre più attento, dove i criteri Esg sono sempre più importanti anche per i grandi player?

Come dicevo prima c’è sempre più attenzione da parte del mondo corporate per la sostenibilità e l’ambiente, se non altro perché il nostro è un paese che deve importare gran parte delle sue materie prime, e che forse per questo è già leader in Europa quanto ad economia circolare; in merito, con Packtin vogliamo contribuire anche a una maggior autonomia alimentare dell’Italia e dell’Europa. Essere sostenibili poi è un vantaggio competitivo anche perché i consumatori sono ogni giorno più esigenti e informati, specie i giovani e le donne, che giustamente pretendono prodotti più attenti alla sostenibilità e alla biosfera.

Quando si compete sul campo dell’innovazione non ci si può mai fermare. Su cosa state puntando in questo momento con le vostre attività di R&D?

Prima di tutto a fare sempre meglio quello che stiamo già facendo, costruire l’impianto pilota che le ho citato sopra. Dalla nostra abbiamo dei brevetti, e solide competenze tecno-scientifiche frutto di anni di attività di ricerca e professionale, ma ogni giorno impariamo qualcosa di nuovo. Ovviamente essendo una startup ad alta intensità scientifica non ci fermiamo mai, e sulle farine e anche sui coating continuiamo a lavorare, per dare ai nostri clienti l’eccellenza che meritano.