Gender Gap, Pari Merito: “Le diseguaglianze partono dall’aspetto economico”

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Laura Pilone, referente regionale Lazio-Abruzzo dell’associazione: “Siamo impegnate sul territorio per sensibilizzare le istituzioni e diffondere consapevolezza a partire dagli studenti e dalle studentesse delle scuole medie e biennio delle superiori”

Porre la parità di genere come priorità nell’agenda dei decisori politici e, al contempo, mantenere un impegno ben radicato sul territorio e incontrare le persone – a partire dagli studenti e le studentesse – per aiutare nella comprensione delle disuguaglianze e diventare protagonisti del cambiamento. È questo l’obiettivo di Pari Merito, l’associazione di promozione sociale fondata nel 2022 e che da allora sta vivendo un percorso di crescita costante. A spiegare come è nata l’iniziativa e come si sta diffondendo è Laura Pilone, referente regionale del gruppo Lazio-Abruzzo.

Laura, partiamo dall’inizio…

Pari merito nasce sulla scia di un movimento, “Il giusto mezzo”, che con l’emergenza Covid-19 aveva chiesto, tramite una raccolta firme molto partecipata, che i fondi e gli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza venissero equamente ripartiti per perseguire politiche integrate e investimenti moltiplicatori sulla parità di genere e l’occupazione femminile. Nato sull’onda di questa mobilitazione, con un vero e proprio boom soprattutto sui social, il movimento una volta pubblicato il PNRR ha esaurito la propria spinta. A quel punto alcune di noi hanno deciso di raccogliere l’entusiasmo e le energie per dare vita alla costruzione di una nuova associazione. Siamo ripartiti dividendoci in gruppi, che hanno lavorato sulla parte legale, sullo statuto, sul manifesto valoriale, e all’identificazione della struttura organizzativa più adatta al nostro focus specifico.

Quali sono stati i punti qualificanti che avete scelto?

L’avventura di Pari Merito è partita a marzo 2022. La costruzione è stata per scelta diversa da quella dell’attivismo puramente social: ci siamo strutturate da una parte a livello regionale, prevedendo quindi una presenza nei territori, e dall’altra in modo trasversale con gruppi di lavoro tematici nazionali. L’idea è quella di promuovere un attivismo “consapevole”, basato prima di tutto sullo studio e sull’autoformazione.

Così finora abbiamo scritto due position paper, uno sul gender pay gap e uno sul congedo di maternità e paternità, mentre un terzo dedicato ai servizi per l’infanzia è in via di realizzazione. Abbiamo quindi deciso di focalizzare il nostro lavoro sull’indipendenza economica, sull’educazione finanziaria e sul lavoro di cura non retribuito, caratterizzandoci quindi come un’associazione che incentiva attività legate alla parità di genere in ambito economico.

Come fate a “mettere a terra” le vostre proposte?

Tra i gruppi che animano l’associazione c’è anche quello che si occupa prevalentemente delle attività di mobilitazione, e che pensa a come realizzare iniziative concrete legate ai progetti sui quali ci formiamo. Un esempio sono i banchetti informativi in piazza nati per sensibilizzare sul tema legato al gender pay gap, iniziativa portata avanti a Roma, Bologna e Torino. I temi che scegliamo di trattare, spesso complessi e difficili da trasferire, vengono portati all’attenzione con dati e numeri alla mano cercando di mantenere sempre una comunicazione semplice e diretta e che ci aiuti ad arrivare a tutte e tutti.  Proprio nelle prossime settimane, inoltre, organizzeremo un’attività sui congedi parentali, grazie alla quale puntiamo ad incontrare i neogenitori per capire come è vissuta l’esperienza legate al congedo di maternità ma soprattutto a come viene ancora percepito e “accolto/non accolto” il congedo di paternità.

La nostra scelta, in generale, mira a partecipare al dibattito con consapevolezza, non soltanto nei simposi e nel confronto tra esperti o addetti ai lavori, ma coinvolgendo anche le fasce di popolazione che non sono così vicine ai temi che trattiamo.

Si tratta di un lavoro che ci rendiamo conto essere lungo e dispendioso ma che darà i suoi frutti soprattutto nel medio-lungo termine.

Che tipo di attività avete ideato per le scuole?

Il progetto Facciamo i continasce dalla nostra voglia di andare nelle scuole presentando il tema della parità di genere in modo un po’ più complesso e completo rispetto a come viene trattato di solito. Spesso, infatti, si fanno attività legate alla violenza di genere, ma non si mira alla radice del problema, legato a doppio filo alla distribuzione del potere economico.

La dipendenza economica, la segregazione di genere e il lavoro di cura non retribuito sono alla base della mancata indipendenza delle donne e del gender pay gap. Vogliamo portare i ragazzi a riflettere sul fatto che se le donne svolgono lavori meno retribuiti e collocati all’interno di fasce precise non è un fatto “naturale”, come non è un caso se le materie STEM non vengono scelte dalle ragazze, ma è prodotto di una cultura ben radicata. Ovviamente l’idea di base non è quella di convincere ragazzi e ragazze nelle classi ma di dare vita a un momento di riflessione profonda grazie a un laboratorio che prevede il coinvolgimento diretto degli studenti delle scuole medie e del biennio delle superiori.

In sostanza, non facciamo una lezione frontale sul gender pay gap ma attività laboratoriali e discussioni guidate dalle nostre attiviste. Il progetto scuola è stato ideato da professionisti che hanno esperienza nell’ambito della formazione, come insegnanti, educatori e psicologi e che si occupano anche di formare le attiviste e gli attivisti che poi andranno direttamente all’interno delle scuole.

Le scuole interessate a portare all’interno delle loro classi il tema della parità di genere in ambito economico possono contattare direttamente la nostra associazione, ed in particolare il gruppo scuola, alla mail scuola@pari-merito.it

La vostra associazione è composta esclusivamente da donne?

No, contiamo su una presenza maschile, anche se minoritaria, e auspichiamo un maggior coinvolgimento anche degli uomini. La costruzione di una società libera ed equa passa dalla partecipazione al cambiamento di tutte e tutti, è necessario però che vi sia da parte degli uomini un percorso di consapevolezza e una presa di coscienza delle porzioni di privilegio che detengono e delle dinamiche di potere che spesso non vengono considerate. Vorrei sottolineare inoltre che…

Gli stereotipi di genere non colpiscono solo le donne, sebbene in maniera certamente più forte e impattante, ma rappresentano un ostacolo alla piena espressione di ogni individuo, pensiamo ad esempio al mancato riconoscimento della genitorialità condivisa.

Che feedback state ricevendo rispetto a questo vostro impegno?

Partendo dai banchetti, siamo rimaste molto colpite dall’interesse che abbiamo suscitato, dalla voglia di dialogare che abbiamo “incontrato”. L’impressione è stata che in molti fossero consapevoli dell’argomento ma sentissero la mancanza di un luogo in cui poter parlare, dire la propria opinione, costruire un confronto. Ad aiutarci è stato probabilmente il fatto che non si trattava di un tema astratto, ma di un aspetto che impatta sulla vita di tutti i giorni, su come sono costruite la famiglia e i ruoli nella società. E anche in ambito istituzionale, per quanto siamo ancora in una fase di rapporti embrionali, iniziamo a ricevere ascolto e considerazione.