Crisi idrica, in Italia si spreca troppa acqua: a rischio gli obiettivi dell’agenza 2030
Scritto da
Ettore Benigni
Giornalista
A lanciare l’allarme è il rapporto Asvis 2024, che punta i riflettori sulle dispersioni delle reti idriche: più del 42% dell’acqua immessa nelle tubature non arriva a destinazione. E il Paese rimane ancora al di sotto della media europea sul goal 6, “accesso all’acqua pulita e ai servizi igienico sanitari”
Tra il 2016 e il 2020 quasi la metà del territorio italiano, per la precisione il 41,6%, ha subito almeno un mese di siccità estrema: fenomeni che hanno provocato, tra le conseguenze più severe, la riduzione della disponibilità di acqua potabile, il calo della produttività agricola e l’aumento dei rischi di incendi.
A evidenziarlo sono i dati del Rapporto Asvis 2024, la pubblicazione principale dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, che punta i riflettori sulla marcia di avvicinamento dell’Italia al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Secondo i dati Ispra, inoltre, sono in deciso aumento anche i periodi di siccità estrema: a dimostrarlo c’è il fatto che dei cinque più rilevanti che si sono verificati dagli anni Cinquanta, ben quattro hanno riguardato gli ultimi 20 anni.
Di cosa parliamo?
L’Italia e il goal 6 dell’agenda 2030
Il Goal 6 dell’Agenda Onu 2030 è dedicato all’accesso all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari. Secondo quanto evidenziato dal report Asvis 2024 l’Italia mostra in questo specifico contesto segnali preoccupanti: dal 2010 al 2022, infatti, l’indicatore composito che misura i progressi verso il raggiungimento di questo obiettivo ha registrato un calo complessivo di oltre due punti, se pur con un andamento altalenante. Dopo un calo iniziale fino al 2017, si è osservata una leggera ripresa nel biennio successivo, ma il valore è rimasto stabile su livelli inferiori rispetto al decennio precedente.
L’allarme per la dispersione idrica
La dispersione idrica in Italia segna – secondo i dati pubblicati da Asvis – un trend di crescita costante: dal 2012 al 2022 è aumentata di cinque punti percentuali, raggiungendo nel 2022 il 42,4%. Un numero preoccupante, se si pensa che il target fissato per il 2026, il 6.4, prevede una riduzione della dispersione al 35,2%, partendo dal 40,2% registrato nel 2015. Anche a breve termine la situazione peggiora, con un incremento di 0,4 punti tra il 2018 e il 2022.
Sale l’indice di sfruttamento delle risorse idriche
Oltre alla dispersione idrica, in Italia aumentano anche i valori dell’indice di sfruttamento delle risorse idriche, indicatore che misura il rapporto tra la quantità di acqua estratta ogni anno e il totale delle risorse di acqua dolce disponibili a lungo termine in una determinata area geografica. L’indice, in sostanza, riflette la pressione – e quindi lo stress – a cui sono sottoposte le riserve idriche, ed è salito dell’1,7% fino al 2019.
Diminuisce la disponibilità di acqua “rinnovabile”
Secondo i dati Ispra, inoltre, è in diminuzione in Italia anche la quantità di acqua disponibile negli ecosistemi: nel 2023 si è infatti ridotta del 16% rispetto ai 30 anni che vanno dal 1991 al 2020, rendendo ancora una volta evidente l’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi. Spostando lo sguardo al futuro, il trend potrebbe essere destinato a proseguire, a causa da una parte delle temperature in crescita e dall’altra della sempre minore quantità di precipitazioni.
A sottolinearlo è una recente relazione del Commissario Straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, da cui emerge che s potrebbe arrivare a una diminuzione del 10% nel 2030. Se poi non venissero attuati interventi di mitigazione del fenomeno, secondo gli esperti, di potrebbe correre il rischio di un calo ancora più drastico delle risorse di acqua disponibili, fino a un -40% nel 2100 e una situazione ancora più critica nel Sud del Paese.
La situazione in Europa
Anche allargando lo sguardo all’Europa la situazione non migliora: secondo il rapporto Asvis 2024 tra il 2010 e il 2020 nell’UE è aumentato leggermente il numero di persone la cui abitazione è collegata ad almeno un trattamento secondario delle acque reflue (+4,6%), mentre scende il numero di chi non può contare in casa sui servizi igienico-sanitari nella propria casa (-1,4%): ad avere questo problema sono in tutta Europa 6,7 milioni di persone, l’1,5% della popolazione complessiva.
Con il passare degli anni, inoltre, si sono ridotte le differenze tra i Paesi, con il miglioramento delle performance di chi era rimasto più indietro rispetto alla media UE riferita al raggiungimento degli obiettivi del goal 6: significativi, ad esempio, i risultati registrati dalla Romania e da Cipro.
Per consentire al vecchio continente di fare un salto ci qualità nel combattere la crisi idrica la presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato – all’interno degli Orientamenti politici per il 2024-2029, l’adozione di una Strategia europea per la resilienza idrica. Un piano pluriennale, in sostanza, con tappe intermedie nel 2030 o nel 2040, che si porrà lo scopo di rendere l’Europa resiliente dal punto di vista idrico, garantendo una gestione adeguata delle fonti e prospettando una soluzione al problema della carenza idrica.