“Cambiamo le regole del gioco”: questo il titolo degli WEmbrace Games 2023, organizzati per il dodicesimo anno da Art4sport – l’associazione fondata dalla famiglia di Bebe Vio per aiutare i bambini amputati a godere della bellezza della vita e a integrarsi nella società.
Nella cornice dello Stadio dei Marmi, otto squadre per otto città si sono sfidate in giochi buffi e scenografici, per ricordare ancora una volta che si può stare insieme, divertirsi, correre e sfidarsi tutti insieme, con e senza disabilità.
E davvero questi giochi cambiano le regole, riunendo sotto le stesse insegne bambini e adulti, atleti di professione, ex sportivi, sponsor, sostenitori, personaggi dello spettacolo, gente comune. Se qualcuno ha qualche disabilità, gioca come gli altri. Se le regole prevedono una sfida in carrozzina, a chi tocca si arrangia con la carrozzina – anche se non ci si è mai seduto prima.
Come ha osservato un amico, “qui non si ricerca la commiserazione, né si insegue l’ammirazione”. Non ci sono gare per “normo” e gare “per gli altri”. Siamo tutti altri, tutti diversi. Nessun intento dimostrativo o motivazionale: le regole sono le stesse, che ci si debba passare una palla tramite una gronda o si debbano portare dei pezzi di un maxi-puzzle dall’altro lato del campo.
Questo credo sia il più cambiamento più grande: non di una regola, ma di una rappresentazione – quella che ci porta a osservare sempre dal nostro punto di vista e a classificare chi ha qualcosa di diverso da noi come diverso dalla norma, da compatire o celebrare incondizionatamente, che si può integrare nel senso che gli si concede di uscire dal suo altrove ed entrare nel nostro mondo, dove siamo disposti a creargli uno spazio con regole su misura.
Ai miei “primi giochi”, nel 2017 (si chiamavano allora “Giochi senza barriere”), i miei schemi di rappresentazione si erano infranti vedendo una famosa cantante giocare a pallone, senza sconti, con un ragazzino in carrozzina e un adolescente figlio di uno sponsor, nell’attesa che iniziassero le gare. Lei naturalmente empatica, loro spontanei nell’occupare l’attesa con il passatempo più amato da tutti gli italiani – con o senza arti.
Quest’anno ho visto gli stessi schemi frantumarsi in quegli spettatori che si aspettavano uno show sull’inclusione, ma hanno preso parte a un evento di inclusione, senza distinzioni . Nemmeno sugli spalti, dove bambini e anziani, famiglie e suore, genitori di bambini amputati, ragazzi senza arto e signore con braccia e gambe avevano sfidato un temporale estivo per una serata di allegria. Dopo la pioggia sono stati sorpresi dalle regole del gioco, che erano cambiate ed erano uguali per tutti.
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