Il viaggio straordinario dell’Anguilla europea
Scritto da
Outbe
Startup innovativa e Società Benefit che avvicina aziende e persone alla natura proponendo attività e programmi outdoor rigenerativi per creare una vera cultura di sostenibilità.
Perché parliamo di questa specie?
La chiamano bisato nel Veneto, ciriola nel Lazio, capitone in Campania, anzile in Friuliano, filatrotta in Sardegna, ma in tutti i casi parliamo sempre dell’Anguilla europea (Anguilla anguilla), un pesce conosciuto culinariamente e nella tradizione popolare, ma di cui ben pochi conoscono la vita straordinaria e lo stato di conservazione.
Oggi, attraversiamo le miglia che le anguille nuotano dal luogo di riproduzione al nostro piatto, e capiamo insieme perché, nel nostro piatto dovrebbero arrivare sempre in meno quantità.
Di cosa parliamo?
Identikit
Nomi comuni: Anguilla
Nome scientifico: Anguilla Anguilla
L’anguilla europea presenta una morfologia unica che riflette la sua vita sia in acqua dolce che salmastra. Il suo corpo è slittato e agile, caratterizzato da una pelle viscosa che le conferisce una superficie liscia e aiuta a muoversi agevolmente attraverso le acque stagnanti e fangose dei suoi habitat. Le anguille sono dotate di pinne lunghe e sottili, che contribuiscono alla loro locomozione fluida e alla capacità di navigare tra le correnti. La testa è appiattita e presenta una bocca ampia, dotata di denti piccoli ma acuminati, adatti a una dieta onnivora. Le anguille possono raggiungere dimensioni notevoli, con esemplari adulti che possono superare il metro di lunghezza, pesare diversi chilogrammi e arrivare anche a superare gli 80 anni di vita. La loro morfologia riflette la loro adattabilità a una vasta gamma di ambienti, rendendole abili predatrici e sopravvissute agli imprevisti del loro ambiente acquatico. Hanno un ruolo importante negli ecosistemi acquatici, sia come predatori che come prede, contribuendo alla biodiversità e al funzionamento degli ecosistemi acquatici. Ma la loro valenza sfiora anche la storia culturale e gastronomica delle anguille. La loro pesca e consumo in molte regioni del mondo, le rende specie significative sia dal punto di vista ecologico che culturale; il loro consumo è spesso legato a rituali culturali e celebrazioni locali, o a ruoli simbolici o mitologici nelle credenze popolari, rappresentando la forza, la longevità o altri attributi positivi.
Il viaggio delle anguille
Mai ci aspetteremmo che dietro un animale così apparentemente innocuo e banale, si nasconda un viaggio così straordinario e misterioso. La vera storia dell’anguilla è rimasta un mistero per centinaia di anni, al punto che Plinio il Vecchio e Aristotele sostenevano che si generassero spontaneamente dal fango. Solo verso la fine dell’Ottocento i naturalisti sono riusciti a scoprire la verità, e solo nel 2014 si è riuscita a tracciare per la prima volta la rotta di un’anguilla, lasciando però ad oggi molti dettagli ignoti. Dopo aver trascorso gran parte della loro vita adulta nelle acque dolci e salmastre dell’Europa, le anguille migrano percorrendo 4500km fino al Mar dei Sargassi, dove avviene la loro riproduzione. Qui, le anguille adulte si radunano in enormi aggregazioni, dove le femmine rilasciano le loro uova e i maschi rilasciano il loro sperma. Dopo la fecondazione, le larve di anguilla, iniziano il loro viaggio di ritorno verso le coste europee, un viaggio che può durare fino a tre anni. È come se dovessimo viaggiare a piedi per quasi tre anni a pochi mesi di vita dall’ospedale in cui siamo nati fino al primo asilo nido. Durante questo tempo, le piccole anguille si trasformano fino a quando non raggiungono le acque dolci continentali, dove una volta divenute anguille giovanili e iniziano il loro ciclo di vita in acque dolci. Si, perché le anguille non sono solamente animali marini, ma trascorrono dai 15 ai 20 anni nelle acque dolci e salmastre Europee, crescendo e preparandosi nuovamente alla loro migrazione.
Questo straordinario viaggio e ciclo di vita rendono la riproduzione dell’anguilla europea un fenomeno unico nella natura.
Conservazione
L’incredibile viaggio che l’anguilla intraprende per garantire la sopravvivenza della sua specie si è rivelato, purtroppo, il suo punto debole: ostacoli come dighe e altri sbarramenti lungo i corsi d’acqua spesso impediscono la migrazione sia degli adulti verso il mare che dei giovani verso l’entroterra. Questa incapacità di raggiungere le zone di riproduzione mette a rischio la sopravvivenza dell’anguilla in quelle specifiche aree fluviali o lacustri. La pesca eccessiva, specialmente durante i periodi di migrazione, rappresenta un ulteriore problema e ha un impatto significativo sulle popolazioni. Inoltre, l’inquinamento dei corsi d’acqua, causato da pesticidi, metalli pesanti e altre sostanze chimiche, compromette ulteriormente la sopravvivenza delle anguille. Questi fattori hanno causato un drastico declino delle popolazioni di anguille, tanto che la IUCN ha classificato la specie come “in pericolo critico”, uno stato immediatamente precedente all’estinzione. Nonostante ciò, la pesca delle anguille rimane legale e, insieme al bracconaggio, continua a minacciare le popolazioni.
Cosa possiamo fare noi?
Proteggere l’anguilla richiede un approccio integrato che coinvolga la conservazione degli habitat in cui è presente, la gestione sostenibile delle risorse ittiche per limitarne la pesca, la ricerca scientifica per conoscerne sempre di più i misteri, la cooperazione internazionale per far fronte alle sfide transfrontaliere che riguardano l’anguilla, ma anche la sensibilizzazione. Seppure un piatto molto tradizionale, i primi a potere influenzare le decisioni politiche siamo noi attraverso quello che decidiamo di acquistare, e ridurre il consumo di questo pesce potrebbe sicuramente essere una chiave fondamentale per evitarne la sua estinzione.