di Davide Cristaldi
"Quando in una tavolata tra amici non mangi la carne stai dando l’esempio, stai dimostrando che si può fare, che non è necessario".
Nadir Manna è l’amico dell’Università grazie al cui impegno in esempio e sensibilizzazione, molti degli altri del gruppo hanno abbracciato completamente una dieta vegetariana o diminuito il proprio consumo di carne, comprendendo l’importanza di una scelta personale quotidiana. Lui è troppo modesto per ammettere di aver avuto un ruolo: “è un trend mondiale”, minimizza. Eppure non è il trend mondiale a convincere il coinquilino abituato da sempre a mangiare carne a ogni pasto ad abbandonarla.
Milanese, cresciuto nel quartiere di periferia Corvetto, Nadir è studente a Bologna della laurea magistrale in European Affairs, e segue una dieta vegetariana sin da bambino, inizialmente grazie all’educazione in famiglia: “per me è stato facile – ci spiega – sono stato educato così”. Poi la scelta è diventata consapevole e rivendicata. In questa chiacchierata, abbiamo sottoposto a Nadir le nostre curiosità sulla sua scelta e sulle dinamiche legate alla dieta vegetariana.
L'industria della carne ha un enorme impatto sull'ambiente
Gli studi, i report e i dati ci dicono che l’odierna industria di produzione della carne comporta enormi conseguenze ambientali, in termini di:
- emissioni di gas serra (la carne bovina è di gran lunga l’alimento la cui filiera di produzione e distribuzione causa in tutto più emissioni: 99 kg di CO₂equivalente per ogni chilogrammo prodotto, più del doppio rispetto al secondo cibo della classifica, il cioccolato fondente);
- consumo del suolo destinato al pascolo del bestiame o alle coltivazioni intensive dei loro mangimi (il 77% di tutti i terreni usati per l’agricoltura);
- deforestazione (per fare spazio alle colture necessarie ad alimentare il bestiame allevato);
- inquinamento di suolo e falde acquifere.
Produrre carne è diventato un problema per l’ambiente da quando la sua domanda nel mondo è aumentata in modo ingestibile in conseguenza dell’aumento e dell’arricchimento medio della popolazione. Per soddisfarla si è affermato il modello dell’allevamento industriale intensivo, senza il quale oggi i supermercati non potrebbero rifornirsi. Quando e se Cina e India raggiungeranno i livelli di consumo occidentale l’intera superficie del pianeta non basterà per nutrire gli animali necessari: oggi la media mondiale è di 43 kg all’anno, quella USA è 120 kg annui, UE 80 kg, Cina 60 kg, India 4 kg annui.
Nel frattempo, dopo essere aumentato di 5 volte solo negli ultimi 50 anni, la FAO stima che il consumo globale di carne quasi raddoppierà di qui al 2050. La verità è che anche se non fosse prodotta in allevamenti intensivi, a queste quantità la carne sarebbe comunque un problema per l’ambiente: i dati mostrano che produzione e distribuzione di qualsiasi cibo vegetale causano enormemente meno emissioni di gas serra dei cibi animali, indipendentemente da come sono prodotti.
Essendo coloro che con i propri acquisti determinano la domanda sul mercato, i consumatori finali hanno un potere effettivo su questo sistema. Certo, singolarmente il potere di incidere sul suo cambiamento è poco o nullo, ed è per questo che Nadir si impegna per unire i singoli in una scelta collettiva. Perché è questo il caso in cui cambiando personali abitudini di consumo si può influenzare un’intera industria, e determinare un cambiamento per il mondo intero.
Che senso ha produrre alimenti vegetali che imitano l’aspetto e il sapore della carne?
A pranzo da Nadir il menù ha previsto un abbondante piatto di pasta al ragù di soia della mamma. Il piatto era buono, e non si è notata una particolare differenza di gusto rispetto a un normale ragù di carne. Quella di imitare la carne nell’aspetto e anche nel sapore dei loro prodotti è una pratica diffusa tra molti marchi di alimenti vegetali a base di legumi e cereali.
Non è un autogol imitare ciò che si cerca di sostituire? Secondo Nadir il punto è che la carne piace: questo rende difficile decidere di eliminarla da un momento all’altro. “Per le aziende riuscire a fare un prodotto che non fa rimpiangere il sapore della carne a chi vorrebbe smettere significa vincere tutto, e intercettare una domanda in crescita”.
Perché la carne costa meno?
La conversazione vira poi sul tema degli ingenti sussidi statali di cui godono le grandi aziende produttrici: “la carne costerebbe molto di più, noi stiamo pagando delle tasse per abbassare il costo della carne”. Nella sola Unione Europea (Ndr) i sussidi diretti e indiretti alla produzione di carne, erogati tramite il fondo europeo destinato alle produzioni alimentari (chiamato PAC, Politica Agricola Comune), sono stimati essere circa il 18-20% (attorno ai 30 miliardi di euro) del bilancio totale dell’UE. Conclude Nadir: “la carne costa poco? Sì, la stiamo pagando con le tasse. Come la sanità: costa zero? Non è che costa zero, la stiamo pagando con le tasse. La sanità giusto, benissimo, son contento; la carne un po’ meno”.
Comprare carne locale riduce l'impatto ambientale della nostra dieta?
E’ un falso mito quello che comprare carne locale riduca il suo impatto ambientale. Infatti del pacchetto di emissioni di cui la catena agroalimentare è responsabile, per quasi tutti i cibi la fetta di emissioni dovute al trasporto è irrisoria: nel caso della carne bovina per esempio è appena lo 0.5% del pacchetto totale. La grandissima maggioranza delle emissioni la si deve all’impatto sul suolo sfruttato per la vita degli animali, che conta anche le emissioni di azoto derivanti dal processo digestivo animale. Ma non solo: anche alla coltivazione dei loro mangimi, ai processi in fase di allevamento o coltivazione e ai processi di lavorazione nell’azienda o industria. Per la maggior parte dei cibi, utilizzo del suolo e processi di lavorazione causano più dell’80% delle emissioni; nel caso della carne bovina, che è di gran lunga il cibo più inquinante, causano più del 98% del pacchetto di emissioni.
Anche rispetto all’acquisto locale dunque la soluzione migliore sarebbe, secondo Nadir, diminuire o azzerare l’acquisto di carne, sostituendola con alimenti vegetali.
Una scelta difficile: cambiare le proprie abitudini di acquisto
“Vivere senza mangiare carne in generale non è difficile. Il sacrificio secondo me è il cambiamento, è quel momento in cui devi crearti nuove abitudini. Sicuramente per chi è molto affezionato al sapore della carne, ai piatti a base di carne, è un gesto altruistico, eccome se lo è. Anche a me la carne piace, quasi tutta”. Continua Nadir: “Smettere di mangiare carne non è difficile: basta non comprarla. La difficoltà sta nel cambiare repentinamente le proprie abitudini di costruzione del pasto, dei piatti e delle ricette, nell’abbandonare le affezioni nei confronti di alcuni piatti a base di carne o contenenti carne, che vanno sostituiti. In questo senso sì, è un gesto ammirevole”.
Nadir spiega che la sua scelta ha a che fare anche con il fattore dell’empatia: “gli animali che mangiamo – mucche, maiali e polli sono gli animali che mangiamo principalmente – sono tutti animali molto intelligenti, provano emozioni molto simili alle nostre. Così simili che ci fa impressione quando lo capiamo. Io la mucca non la ucciderei, sinceramente: perché dovrei farlo fare a un altro? Certo, se fosse indispensabile, probabilmente sarebbe diverso; ma sapendo che non è indispensabile per la mia alimentazione, io non lo farei. Quando fai la spesa, e compri la carne, stai facendo premere il grilletto a qualcun altro”.
Oltre alla sofferenza che c’è dietro, Nadir si sofferma anche sul tema centrale di questa serie di articoli “Storie virtuose”: come funziona l’impatto che le persone normali hanno sul cambiamento del mondo. “Se mi stai parlando dell’aspetto di influenzare le dinamiche di mercato ti dico: no, hai ragione, non serve a niente. Però ci sono altri modi in cui puoi influenzare quello che succede nel mondo. Uno è dando l’esempio: quando tu in una tavolata tra amici non mangi la carne stai dando l’esempio, stai dimostrando che si può fare, che non è necessario. Gli altri si rendono conto, vedono, pensano che è possibile. Se tu non la mangi stai facendo influenza, gli altri a tavola ci stanno pensando”.