11 maggio, in Italia cresce il numero delle mamme sole e penalizzate
Scritto da
Ettore Benigni
Giornalista
I dati del rapporto annuale “Le equilibriste, la maternità in Italia” di Save The Children”. Nel 2024 tra genitori con almeno un figlio minore gli uomini che lavorano sono il 29% in più delle donne. E tra le single di età compresa tra i 25 e i 34 anni a poter contare su un impiego è soltanto poco più di una mamma su due
Nuovo record negativo in Italia per il numero di nascite: lo scorso anno i nuovi nati sono stati infatti 37mila, 2,6% in meno rispetto ai numeri del 2023. E mentre l’età media delle madri al parto è arrivata nel nostro Paese a 32,6 anni si registra una contrazione del tasso di fecondità, che va al di sotto del record precedente, che si era registrato nel 1995: nel 2024 è stato di 1,18 figli per donna, contro l’1,19 di 30 anni fa. Le nuove nascite sono diminuite in proporzione maggiore nel Sud del Paese (-4,2%) e nelle isole (-4,9%), mentre le mamme single sono la fascia sottoposta alle difficoltà più grandi rispetto al supporto sociale e alla stabilità economica. Sono queste le principali evidenze che emergono dal rapporto annuale “Le Equilibriste, la maternità in Italia”, realizzato da Save the Children, giunto alla decima edizione e pubblicato come strumento di riflessione a pochi giorni dalla festa della mamma che si celebra ogni anno l’11 maggio.
“Non solo le donne sono penalizzate nel mercato del lavoro e ancora scontiamo divari occupazionali e retributivi a danno di tutte, ma per le madri la situazione rimane critica in molte aree del Paese – spiega Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi Dati di Save the Children Italia – Tra loro, le madri sole con figli minorenni devono superare gli ostacoli maggiori, con divari di reddito e di condizioni abitative rispetto ai padri molto ampi, divari su cui è necessario intervenire con misure di sostegno dedicate per evitare che queste mamme e i loro bambini sprofondino in una situazione di povertà dalla quale è difficile riemergere”.
Di cosa parliamo?
L’Indice delle Madri: Italia ancora in difficoltà
Il Rapporto “Le Equilibriste” include l’Indice delle Madri, una classifica delle Regioni italiane dove per le mamme è più facile o difficile vivere stilata da Istat e Save the Children. In testa restano la provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia-Romagna e la Toscana, mentre la Basilicata si conferma ultima, preceduta da Campania, Puglia e Calabria. Nonostante qualche progresso generale, le disparità territoriali rimangono profonde, soprattutto nel Mezzogiorno.
Analizzando sinteticamente le sette dimensioni dell’indice, nel dominio demografia in prima posizione si è classificata Bolzano. Per il Lavoro svettano le Marche, per la Rappresentanza il Lazio e per la Salute ancora Bolzano. Per i Servizi in prima posizione Trento e la Toscana, mentre per la Soddisfazione soggettiva si conferma prima ancora Bolzano. Il Friuli-Venezia Giulia di guadagna infine la vetta della classifica per numero di centri per le donne vittima di violenza.
Disuguaglianze occupazionali e child penalty
L’Italia si colloca al 96° posto su 146 Paesi nel mondo per partecipazione femminile al lavoro, e al 95° per gender gap retributivo. Una donna su quattro, secondo il report, è a rischio di lavoro a basso reddito, contro un uomo su sei. In questo quadro le madri risultano penalizzate: se tra gli uomini il 77,8% di coloro che non hanno figli è occupato, la percentuale sale al 91,5% tra i padri. In confronto, tra le donne lavora il 68,9% tra quelle senza figli, ma il loro numero scende fino al 62,3% tra le madri. Preoccupante, inoltre, il fatto che il 20% delle donne lasci il lavoro dopo essere diventata madre, con il dato che sale al 35% in presenza di figli con disabilità. A motivare questo fenomeno, secondo il report di Save The Children, c’è la carenza di servizi per la prima infanzia e la mancanza di condivisione dei compiti di cura all’interno delle famiglie, che contribuiscono a rendere inconciliabile la dimensione lavorativa e quella familiare.
Nord e Sud: un’Italia spaccata
Anche il tasso di occupazione femminile varia drasticamente su base territoriale: al Nord l’80,2% delle donne senza figli lavora, contro il 49,4% nel Mezzogiorno. L’uscita dal mondo del lavoro colpisce soprattutto le neomamme: il 72,8% di quelle da parte di neogenitori di bambini tra 0 e 3 anni è riferito a donne e nel 96,8% dei casi si tratta di dimissioni volontarie.
Asili nido: una leva contro la child penalty
Secondo i dati con cui il Think-Tank Tortuga ha contribuito per la prima volta al rapporto di Save The Children una riduzione dei costi dei servizi per l’infanzia inciderebbe positivamente sull’equità di genere. In Italia, stima il report, la genitorialità è responsabile del 60% della differenza nel tasso di occupazione tra uomini e donne, con le madri che spesso ricoprono ruoli di cura all’interno della famiglia a scapito della carriera. Nel nostro Paese, dopo la nascita di un figlio, la child penalty iniziale è pari al 33%. Ma con una riduzione dei costi a carico delle famiglie per i servizi per l’infanzia del 30% si registrerebbe secondo Tortuga una child penalty in calo, che potrebbe arrivare ad attestarsi tra il 28,5% e il 27,6%, mentre nello scenario più ambizioso, con una riduzione dei costi del 90%, arriverebbe a ridursi fino ad arrivare a una percentuale compresa tra il 19,5 e il 16,8%.
Lavoro part-time e genitorialità
La maternità incide anche sulla tipologia contrattuale: tra le donne 25-54enni, il lavoro a tempo pieno cala dal 77,8% (senza figli) al 64,4% (con figli minori), mentre il part-time cresce dal 22,2% al 35,6%.
Secondo Giorgia D’Errico, direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children, “Servono politiche strutturali, integrate e durature che garantiscano risorse e strumenti per sostenere le famiglie nella cura dei figli e nella conciliazione tra vita privata e professionale. È fondamentale, ad esempio – prosegue – garantire a tutti i bambini e le bambine l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia, ampliando l’offerta in tutti i territori e assicurandone la sostenibilità nel lungo periodo, ed estendere la durata dei congedi di paternità, incentivandone l’utilizzo e riconoscendo il valore sociale della cura anche per i padri, in una logica di corresponsabilità”.
Madri single: vulnerabilità e povertà
Le madri single rappresentano, secondo il rapporto, il 77,6% delle famiglie monogenitoriali, un dato in costante crescita, tanto che si stima che nel 2043 saranno 2,3 milioni. Questa tipologia familiare risulta essere tra le più esposte al rischio povertà: se complessivamente nel 2024 il 23,1% della popolazione italiana è stata considerata a rischio povertà o esclusione sociale, la percentuale sale al 32,1% tra i nuclei monogenitoriali: quasi tre punti percentuali in più rispetto all’anno precedente, e 11 punti percentuali in più rospetto alle coppie con figli.
Frattura Nord-Sud e barriere occupazionali
Nel Nord il tasso di occupazione delle madri sole supera l’83%, contro il 45,2% nel Mezzogiorno. La percentuale cresce con l’età: dal 53,1% tra le 25-34enni al 75,5% tra le 45-54enni. Ma il divario con i padri è evidente: il reddito netto medio annuo delle madri sole è di 26.822 euro contro i 35.383 dei padri, e solo il 53,2% vive in una casa di proprietà, contro il 71,9% dei padri.
I progetti Save the Children a sostegno delle madri
Attraverso i programmi “Fiocchi in Ospedale”, “Spazio Mamme” e i “Poli Millegiorni”, Save the Children ha sostenuto decine di migliaia di bambini e famiglie.
- “Fiocchi in Ospedale”, dedicato ai neonati e alle loro famiglie, che prevede un servizio per l’ascolto, l’orientamento, l’accompagnamento e la presa in carico ha seguito 38.890 minori e 42.120 adulti.
- “Spazio Mamme”, per accompagnare gli adulti di riferimento, in particolar modo se si trovano in condizioni di fragilità, ha coinvolto 3.000 persone solo nel 2024 e oltre 50.000 in dieci anni.
- I “Poli Millegiorni”, hanno servito 2.000 bambini e 1.500 genitori.
Infine, il progetto “Nuovi Percorsi Roma”, che supporta nuclei monoparentali ad alta vulnerabilità, anche provenienti da migrazioni forzate e tratta, con bambini e bambine tra 0 e 6 anni, ha supportato 160 nuclei.