Progetto M.A.R.E., il diario di bordo di Luca Oliverio e Matteo Celani
Scritto da
Ettore Benigni
Giornalista
Dal 27 maggio al primo giugno la tappa che ha portato l’equipaggio del catamarano del Centro velico Caprera da Palermo a Capo D’Orlando
La tappa che ha portato l’equipaggio di Progetto M.A.R.E. (Marine Adventure For Research and Education) da Palermo a Capo D’Orlando, con fermate intermedie a Mondello e Cefalù, tra il 27 maggio e il primo giugno, ha visto tra gli ospiti del Catamarano del Centro Velico Caprera due persone di Sorgenia, Luca Oliverio e Matteo Celani. Il primo è Bidder Senior, e nello specifico si occupa del dispacciamento delle centrali elettriche a ciclo combinato, mentre il secondo è Energy Management Developer, impegnato nello sviluppo di iniziative di business innovative e non ancora procedurizzate in azienda: “Attualmente – spiega Matteo – mi sto principalmente occupando dello sviluppo di batterie elettrochimiche industriali”.
Di cosa parliamo?
Un'ottima navigazione
Le impressioni sull’esperienza velica sono state “ottime – spiega Matteo – ci siamo da subito sentiti parte dell’equipaggio sia durante l’ormeggio che durante le manovre in navigazione. Personalmente ero particolarmente interessato all’esperienza di navigazione, e ho cercato di stare vicino al capitano per ‘rubare’ quanta più esperienza possibile”. A spiegare più nel dettaglio come è andata la navigazione è Luca: “Alberto è stato il capitano del catamarano durante il nostro soggiorno a bordo, poi c’erano la giovane Angelica che dava una mano al capitano nella gestione degli ospiti e la biologa marina Carlotta, che aveva il compito di campionare il Dna marino e condividere informazioni sulle microplastiche e gli ecosistemi marini. Il resto dell’equipaggio era composto da ospiti: io e Matteo del gruppo Sorgenia, Ricky di Yamamay e Jose che effettuava il corso di vela e natura tramite Centro velico Caprera”. “Alberto è un capitano vecchio stampo, vuole il coinvolgimento di tutti negli approdi e sbarchi e in tutte le manovre, avvisa subito di consumare poca corrente e acqua durante le docce per rimanere coerenti con lo scopo della missione – racconta ancora luca – Io addetto ai palloni, Jose e Angelica ai parabordi, Ricky e Carlotta alle trappe e Teo alla vela. Sulla barca il tempo torna lento, si scopre la curiosità dell’incontro, del conoscere l’altro o banalmente del condividere un pranzo. Abbiamo passato solo quattro giorni insieme, ma la lacrima del capitano e le persone con cui ho condiviso l’esperienza le porterò sempre con me”.
Le ricerche scientifiche con la biologa Carlotta
Oltre all’esperienza di navigazione Luca e Matteo hanno condiviso anche la parte scientifica della tappa: “Il coinvolgimento di Carlotta nel progetto e il suo entusiasmo ci hanno aiutato a calarci in un ambito così complesso”, afferma Luca. “I due principali problemi sono quello delle plastiche e quello delle specie aliene – interviene Matteo – Le prime una volta riversate in mare risalgono la catena alimentare accumulandosi maggiormente nei pesci di grossa taglia, quelli che noi tendiamo a pescare e mangiare, le seconde si insinuano nella catena alimentare con il rischio di eliminare alcune specie autoctone”. “Le specie aliene, quelle portate dall’uomo – volontariamente o meno – dove prima non erano presenti, possono provocare gravi conseguenze sull’ecosistema preesistente – prosegue Luca – Abbiamo visto nello specifico come il Granchio Blu sia arrivato in Sicilia e Sardegna e stia risalendo il Tirreno grazie al tasso di riproduzione doppio rispetto alle specie autoctone. A tal proposito con alcuni chef, Carlotta, la biologa marina che è stata a bordo con noi, sta sviluppando ricette per l’introduzione nel sistema alimentare per cercare di ridurne l’impatto sull’ecosistema”. “Quanto alle microplastiche – aggiunge – ogni anno 8,8 tonnellate di plastica vengono riversate nell’oceano ed entrando nella rete trofica arrivano sino al consumo umano, formanso delle isole di plastica grandi quanto interi stati presenti nell’oceano pacifico e nell’Oceano Atlantico”.
“Abbiamo partecipato al campionamento, una volta al giorno, di DNA marino – ricorda Matteo – I prelievi venivano eseguiti con un retino da immergere a 20 metri di profondità per 20 volte. Ho percepito la complessità e la mole di lavoro, anche manuale, da svolgere per questo genere di ricerche scientifiche”.
Il plogging, un lavoro faticoso
Oltre alle attività a bordo, Luca e Matteo sono stati impegnati nel plogging, la raccolta di rifiuti abbandonati in spiaggia: “Nella nostra camminata sotto il sole abbiamo raccolto diverso materiale, soprattutto plastica, tappi e bottiglie su tutti – sottolinea Luca – La cosa che più mi ha impressionato è che, se analizzata da vicino, la quantità di plastica nelle spiagge è incredibile. Bisogna essere consapevoli che – se si va a bere una birra con un amico in riva al mare, ad esempio utilizzando bicchieri di plastica, prima o poi quella plastica finirà in mare”. “Anche durante il plogging ho percepito quell’aria di squadra che ci ha permesso di divertirci nonostante sia stato un lavoro faticoso – aggiunge Matteo – Abbiamo raccolto rifiuti in una delle spiagge di Capo d’Orlando sotto il sole e temperature di 30°C. Abbiamo fatto il possibile, ma la percezione è che siamo una goccia nel mare e che serva il contributo di tutti i cittadini, in primis con la scelta di non abbandonare rifiuti, per ridare dignità al territorio”.
Cosa hanno riportato a terra Luca e Matteo?
Arriviamo così alle impressioni finali, a cosa Luca e Matteo hanno riportato “a terra” da questa esperienza: “La prima cosa è la consapevolezza. – dice Luca – Penso davvero che spiegando meglio la situazione e coinvolgendo di più le persone si possa aumentare la sensibilità generale su questi temi, che comunque è in continua crescita. Carlotta ci ha fatto l’esempio dei pescatori delle sue zone, attorno a Rimini. Sono stati coinvolti nella tutela delle tartarughe marine, premiandone con incentivi le segnalazioni, e in questo modo si è creata una collaborazione su un tema che prima era visto soltanto come un problema”. “Detto questo, ogni persona può fare qualcosa, ma non tutto – conclude – Sono necessarie anche politiche specifiche che portino i cittadini ad avere alternative valide e economicamente sostenibili, quindi che la sostenibilità non sia dei pochi ma di tutti”. “L’esperienza in barca ci ha portato a non dare per scontate le risorse che abbiamo a disposizione: basti pensare che l’acqua a bordo è limitata. Dovremmo gestire nello stesso modo la nostra vita quotidiana, limitando al massimo gli sprechi – è la considerazione finale di Matteo – Ho preso coscienza del fatto che i nostri mari sono in sofferenza più di quanto venga comunicato dai mezzi di informazione”.