Prodotti sfusi, c’è interesse ma la strada è ancora lunga
I risultati del sondaggio di EconomiaCircolare.com con Junker App e Sfusitalia: 4 persone su 10 comprano senza imballaggi, e più di 8 su 10 sono interessate. Anche se il 77% non sa che potrebbe portare da casa i contenitori da usare al supermercato
L’abitudine ad acquistare prodotti sfusi, che si tratti di una dimostrazione di attenzione alla sostenibilità o di una ricerca di convenienza economica, non ha ancora fatto definitivamente breccia tra i consumatori italiani, anche se emergono segnali che sembrano andare in questa direzione. A confermarlo sono i dati di una recente survey realizzata da EconomiaCircolare.com insieme a Junker App e Sfusitalia, che ha preso a campione poco più di 10mila persone tra i lettori del magazine e quelle contattate dai partner. La fotografia che ne emerge è quella di un 43% degli intervistati che già acquista sfuso, a fronte di un 84% che sarebbe interessato a farlo, anche se finora non ha mai messo piede in un punto vendita di questo genere.
“Il campione non rappresenta statisticamente la totalità degli italiani – spiega Raffaele Lupoli, direttore editoriale di EconomiaCircolare.com – ma le 10mila risposte volontarie, per cui ringraziamo anche chi segue il nostro magazine, costituiscono un carotaggio che ci aiuta a capire il fenomeno ‘sfuso’, a farci un’idea del livello di consapevolezza delle persone e a verificare quali fattori ostacolano la maggiore diffusione dei punti vendita”.
Di cosa parliamo?
La campagna “Ma quanto sei sfuso/a?
Analizzare la propensione ai consumi e sensibilizzare le persone verso le scelte sostenibili è l’obiettivo della campagna informativa “Ma quanto sei sfuso/a?”: “Siamo molto soddisfatti di aver sottoposto il questionario sullo sfuso alla nostra grande community di utenti – sottolinea Noemi De Santis, Pr manager di Junker App – Dalla loro sensibilità e attenzione verso i risvolti ambientali delle scelte quotidiane è emerso che il cambiamento culturale dal riciclo verso la prevenzione dei rifiuti è già pienamente in atto. Questa è un’ottima notizia: come Junker siamo pronti a supportare progetti per accompagnare gli utenti nel cambio di modello di consumo”.
I risultati del sondaggio
La fotografia scattata dalla survey di EconomiaCircolare.com offre una serie di spunti di riflessione sul fenomeno della vendita di prodotti sfusi in Italia. A partire dal fatto, ad esempio, che il 57% del campione non frequenta né negozi che vendono prodotti sfusi né quelli in cui la merce proposta è senza imballaggi. Per capire quale sia la tendenza in atto, però, può essere utile notare che l’84% di chi non frequenta i negozi che vendono sfuso avrebbe interesse a farlo. E se da una parte la presenza di prodotti sfusi accanto a quelli con imballaggi, al supermercato, invoglia a fare scelte sostenibili, dall’altra è soltanto del 25% la percentuale di chi acquista prodotti sfusi una o più volte ogni settimana, mentre il 40% si limita a un acquisto al mese e il 30% fa di rado acquisti in negozi di questo genere.
I prodotti più acquistati e le motivazioni
Se si dovesse stilare una classifica dei prodotti più acquistati in forma “sfusa”, sarebbe dominata dai prodotti per il bucato e per la pulizia della casa. A seguire legumi, frutta secca, cereali, prodotti per l’igiene personale, vino, thé e tisane.
A motivare la scelta di acquistare sfuso, secondo il sondaggio di EconomiaCircolare.com, c’è soprattutto l’attenzione verso l’ambiente, con la volontà di contenere il più possibile la produzione di rifiuti. Seguono le persone che mettono insieme le motivazioni ambientali con quelle economiche: potendo scegliere con precisione la quantità da acquistare, infatti, contribuiscono a contenere gli sprechi e quindi – anche in questo caso – a salvaguardare l’ambiente. Dopo queste prime due tipologie di clienti arrivano coloro che acquistano sfuso per la migliore qualità dei prodotti o per la convenienza economica di questa scelta.
Le motivazioni del “no”
Chi non acquista prodotti sfusi lo fa nella maggior parte dei casi perché non sa bene dove trovarli, o perché i negozi di questo genere sono troppo lontani e quindi vengono considerati scomodi rispetto alle abitudini di spesa consolidate. A seguire c’è chi pensa che compare prodotti confezionati sia più igienico o anche più comodo, e chi non vuole portare con sé in negozio i contenitori.
L’equivoco sui prezzi
Dal sondaggio emerge inoltre che i consumatori non hanno le idee chiare sui prezzi che vengono praticati nei negozi di prodotti sfusi: un terzo degli intervistati, infatti, crede che i prezzi dei prodotti sfusi siano più bassi rispetto ai confezionati, uno su sei è convinto che costino di più e uno su dieci crede che tra le due possibilità di scelta non ci siano differenze apprezzabili. Quattro intervistati su 10, inoltre, rispondono di non avere un’idea rispetto all’andamento dei prezzi dei prodotti sfusi e sulla differenza rispetto a quelli confezionati.
La carenza di informazioni
“C’è poca informazione sui prodotti sfusi – commenta Ottavia Belli, ceo e fondatrice di Sfusitalia – Intanto quando si paragona il costo del prodotto in primis va paragonato il costo al chilo o al litro. E poi vanno paragonati prodotti identici per caratteristiche e qualità. C’è quindi un tema di informazione su cui lavorare: bisognerebbe far sapere che a parità di qualità del prodotto lo sfuso costa meno, è un’occasione per risparmiare. È interessante vedere che a più di 8 persone su 10 che non frequentano negozi con prodotti sfusi piacerebbe invece farlo – aggiunge – Altrettanto interessante è vedere che il principale motivo di chi non frequenta sfuserie è la distanza o la difficoltà di sapere dove si trovano questi negozi. Basterebbe, quindi, indicargli dove sono i negozi sfusi e aprire nuovi punti vendita, nuovi corner per rendere il servizio sfuso più capillare possibile”.
Portare i contenitori da casa
Tra le norme del decreto Clima del 12 dicembre 2019 c’è anche quella che prevede che i cittadini possano portare da casa i contenitori per acquistare prodotti sfusi nei supermercati. Ma soltanto una persona su tre, tra quelle interpellate dal sondaggio, è a conoscenza di questa possibilità. Anche se, secondo quanto emerge dal sondaggio, l’80% del campione sarebbe ben disposto verso questa possibilità.