È lungo il viaggio dalle fave di cacao alle nostre tavole ma bisogna fare attenzione a ogni passaggio per far sì che il cioccolato faccia bene ai consumatori, ai produttori e all’ambiente

Se la vita è come una scatola di cioccolatini e non sai mai quello che ti capita è bene sapere, invece, da dove arriva e cosa c’è nel nostro dolce preferito. Il cioccolato, per essere davvero dolce, deve essere sostenibile e fare bene alle persone che lavorano nell’industria del cioccolato, alla terra che produce le fave di cacao e ai consumatori che lo gustano.

Di cosa parliamo?

I primi passi del cioccolato

Il cioccolato ha una storia antichissima che arriva da molto lontano. I primi a utilizzare il cacao come alimento sono stati i Maya che verso il 600 d.C., hanno introdotto la coltivazione degli alberi di cacao nella penisola dello Yucatan. In Europa ci arriva a seguito delle spedizioni del XV e XVI verso la “scoperta delle Americhe”. Furono i monaci spagnoli, esperti nella composizione di miscele e infusi, a trasformare il “cibo degli Dei” degli Aztechi in una bevanda dolce, sostituendo le spezie americane con vaniglia, cannella, anice e zucchero, ottenendo così una bevanda più adatta ai gusti europei e compiendo il primo passo per la creazione di uno dei dolci più amati al mondo.

I numeri del business del ciccolato

Da allora sono passati più di cinque secoli e oggi vengono consumate più di sette milioni di tonnellate di cioccolato in tutto il mondo all’anno. L’industria del cioccolato è molto ricca: ha un giro d’affari di oltre 124 miliardi di euro, cresciuto anche durante gli anni della pandemia e che, secondo un rapporto pubblicato da Fior Markets, dovrebbe aumentare a più di 177 miliardi di euro entro il 2028.

Ghana e Costa d'Avorio sono i maggiori produttori di cacao al mondo

Alla base della produzione di cioccolato c’è il cacao: ogni anno se ne producono circa cinque milioni di tonnellate. Il cacao viene prodotto in America Latina, Africa e Asia. Tuttavia, oltre il 60% della produzione mondiale arriva dalla Costa d’Avorio (40%) e dal Ghana (20%) che sono rispettivamente il primo e secondo produttore. L’America Latina si attesta attorno al 15%, tutto il resto arriva dai paesi dell’Africa orientale e dai paesi asiatici. L’Unione Europea è il primo importatore di cioccolato e l’Italia è ai primi posti nella classifica del consumo pro-capite.

Solo il 5% del giro d'affari del cioccolato finisce ai produttori

È bene ricordare che, sebbene quello del cioccolato sia un business molto ricco, degli oltre 124 miliardi di euro solo una parte minima, che non supera il 5%, va a chi produce la materia prima, quindi gli agricoltori. L’80% dei profitti finisce nelle tasche di chi si occupa di trasformazione delle fave e distribuzione di prodotti lavorati. Per questa ragione i due più grandi paesi produttori di cacao, Ghana e Costa d’Avorio, hanno firmato accordi per la vendita di cacao che assicuri ai contadini un reddito dignitoso. Secondo la Banca Mondiale, il 55% dei contadini ivoriani vive con circa 1,15 euro al giorno. A preoccuparsi dei lavoratori della filiera del cioccolato c’è anche lICCO (International Cocoa Organization): la più importante organizzazione mondiale per il cacao che raggruppa 28 paesi, di cui 10 esportatori e 18 importatori e rappresenta il 75% della produzione mondiale di cacao e circa il 60% del consumo. Obiettivo dell’ICCO è promuovere un’economia del cacao sostenibile capace di garantire prezzi accettabili a chi produce e a chi acquista.

L'impatto ambientale del ciccolato

La produzione di cioccolato e di cacao ha aspetti migliorabili anche dal punto di vista ambientale. Per fare spazio alle coltivazioni di cacao nel 2014 la Costa d’Avorio ha perso 328.000 ettari di foresta, l’equivalente di quasi 47 campi da calcio. La deforestazione riduce in modo drammatico le piogge, generando siccità di cui soffrono anche le piante di cacao, come altri alberi. Anche per questo il cacao è una delle colture a rischio estinzione entro il 2050. La deforestazione ha impatti anche sulla fauna: la perdita di habitat forestale ha ridotto la popolazione di uccelli canori migratori in tutto il mondo. Se meno alberi significa meno uccelli vuol dire che c’è più spazio per gli insetti (che perdono i loro predatori naturali). Quindi gli agricoltori sono costretti a usare più pesticidi per preservare le piante danneggiando le persone, la fauna selvatica e gli insetti impollinatori.

La ricerca del WWF: la deforestazione causa il 20% dei gas serra del Pianeta

Nel 2021 il WWF ha pubblicato un approfondimento dal titolo “Zucchero e Cacao, due storie amare”, in cui analizza l’impatto ambientale della produzione di cacao e zucchero.

“L’agricoltura rappresenta oggi la prima causa di deforestazione nelle aree tropicali e subtropicali del nostro Pianeta: ben il 73% della deforestazione è dovuto all’espansione dei terreni agricoli – spiega EvaAlessi, Responsabile consumi sostenibili e risorse naturali di WWF Italia –. La distruzione e il degrado delle foreste e degli habitat causano inoltre circa il 20% dei gas serra immessi ogni anno nell’atmosfera. I sistemi alimentari sono anche la prima causa di perdita di biodiversità sul Pianeta che avviene soprattutto nei Paesi tropicali che ospitano le piantagioni di molte di queste commodity: Brasile, Argentina, Messico, Paraguay, Uruguay, Ghana, Costa d’Avorio, Uganda, sono diventati terre destinate alla produzione di alimenti per il consumo, in primo luogo, dei Paesi occidentali. È più che mai indispensabile che tutti i consumatori siano consapevoli quanto le loro scelte siano determinanti per le sorti del Pianeta e che possiamo e dobbiamo fare qualcosa per cambiarle per il meglio. Stiamo divorando il Pianeta senza capire quanto in realtà la nostra salute sia profondamente connessa con quella dell’ambiente in cui viviamo.”

La classifica del cioccolato più sostenibile

Dunque, come fa un consumatore responsabile a continuare a mangiare cioccolato senza avere impatti sui lavoratori e sull’ambiente? Può affidarsi a chi produce e commercializza cioccolato in modo sostenibile. Chocolate Scorecard è una valutazione annuale dei principali cioccolatieri del mondo condotta da un consorzio di accademici internazionali e 37 gruppi della società civile (come la Ong Be Slavery Free) compresi quelli delle nazioni produttrici di cacao. Il consorzio classifica le 56 aziende produttrici del 95% del cioccolato mondiale sulla base di

  • lotta alla deforestazione e al cambiamento climatico,
  • tracciabilità,
  • diritti dei lavoratori,
  • pratiche agricole sostenibili.

Il report è pubblicato ogni primavera poco prima di Pasqua e alle aziende produttrici vengono assegnate delle uova colorate: verde per chi opera bene, giallo per chi ha iniziato a migliorare, arancione per chi necessita di più impegno e rosso per chi “ha bisogno di mettersi al passo con il resto del settore”. I punteggi totali vengono aggregati in coniglietti verdi, gialli, arancioni o rossi. Governi, commercianti, produttori, aziende di cioccolato e società civile possono lavorare insieme per migliorare la tracciabilità e la trasparenza nel settore. La speciale classifica dei marchi analizzati può aiutare il consumatore a compiere in maniera più sostenibile le proprie scelte di consumo.

Il marchio Fairtrade

I consumatori possono orientare i propri acquisti anche grazie al marchio di Fairtrade, un’organizzazione internazionale che lavora per migliorare le condizioni di lavoro dei produttori agricoli dei Paesi in via di sviluppo e per ridurre l’impatto ambientale. Per quello che riguarda il cacao, Fairtrade s’impegna a rendere più sostenibile la sua coltivazione, garantendo il prezzo minimo per questa materia prima. La sostenibilità non è solo economica. Gli studi sulla giustizia ambientale hanno dimostrato che a essere più colpiti dai danni del climate change e dell’inquinamento sono proprio i gruppi più vulnerabili della popolazione. Per questo sostenibilità ambientale ed economica devono andare a braccetto.