A causa dei cambiamenti climatici alcuni patrimoni storici, artistici e archeologici del vecchio continente potrebbero scomparire. I progetti europei Hyperion, Arch e Shelter per proteggerli valutando i rischi e coinvolgendo le comunità locali
L’elenco dei luoghi che rischiano di scomparire a causa dei cambiamenti climatici su scala globale è lungo e circola ormai sui media da così tanto tempo che risulta difficile risalire alla fonte originaria. Basta una rapida ricerca online per scoprire che il climate change minaccia da vicino alcuni gioielli del pianeta dal punto di vista naturalistico, archeologico o artistico, come ad esempio l’arcipelago delle Fiji che rischia di essere sommerso, la capitale indonesiana Giacarta, Rio de Janeiro che nel 2100 potrebbe finire sott’acqua, stessa sorte che potrebbe capitare a Venezia addirittura 50 anni prima, nel 2050. Poi la Groenlandia, dove i ghiacci si stanno sciogliendo, il Mar Morto che si sta prosciugando, il Rio Grande tra Stati Uniti e Messico che potrebbe prosciugarsi, fino ad arrivare alle piramidi del Sudan, alle difficoltà di sopravvivenza delle renne in Siberia e a milioni di ettari di terreni coltivabili in Burkina Faso.
Il progetto europeo Hyperion
A tutti questi allarmi si sono aggiunti recentemente i risultati di un progetto puntato più direttamente sull’Europa e nato dalla volontà della Commissione Europea, Hyperion, per dare un aiuto ad alcuni dei luoghi più importanti del vecchio continente che rischiano di subire danni irreparabili dalle inondazioni o dall’innalzamento delle temperature. Si tratta spesso di mete tradizionali del turismo, dalle strade dei cavalieri medievali in Grecia ai castelli del decimo secolo in Slovacchia, soltanto per fare un paio di esempi.
A coordinare il progetto europeo, che coinvolge Grecia, Italia, Spagna e Norvegia, è Angelos Amditis, direttore del settore Ricerca e sviluppo dell’Istituto di comunicazione e sistemi informatici (Iccs) di Atene: “Se non ci muoveremo in fretta, impegnando le giuste risorse e le giuste competenze, creando un’alleanza per affrontare le sfide del climate change – spiega – rischieremo di pagare un prezzo estremamente caro. Potremmo perdere completamente alcuni punti di riferimento ben noti in Europa e nel mondo, e i nostri figli potrebbero non avere la possibilità di vederli se non in video”.
Gli obiettivi del progetto Hyperion
L’obiettivo del progetto Hyperion è di sviluppare strumenti che si riveleranno utili per creare una mappa aggiornata dei rischi, proponendosi come supporto per le autorità locali nel trovare le soluzioni più efficaci, anche dal punto di vista dei costi, per ridurre la vulnerabilità dei siti storici. Si tratta, in pratica, di valutare le strutture e le condizioni di edifici e monumenti, grazie anche all’installazione di sensori. Per studiare al meglio le condizioni delle aree a rischio e analizzare i dati climatici il progetto Hyperion utilizza anche i dati provenienti dalla costellazione di satelliti europei Copernicus.
L’esempio di Venezia
L’approccio di Hyperion è puntuale, si occupa cioè di monitorare singolarmente gli edifici a rischio che si trovano in uno stesso sito. Questo perché le costruzioni possono risalire a epoche diverse ed essere realizzate con materiali diversi, e ognuna può richiedere forme di protezione diverse. Un esempio è quello che viene da Venezia, dove i primi costruttori spesso riutilizzavano pietre e altri elementi di edifici trovati in loco, mentre man mano che la città è diventata più ricca è iniziata l’importazione di materiali nuovi e di migliore qualità, quindi più resistenti agli impatti dell’innalzamento delle maree e delle inondazioni.
La vichinga Tønsberg e Rodi
Un altro esempio calzante dell’attività di Hyperion è quello che viene dalla città vichinga di Tønsberg, in Norvegia, dove gli edifici sono stati costruiti nel corso dei secoli e realizzati con diversi tipi di legno o pietra. “Le temperature locali – spiega Amditis – stanno aumentando e colpiscono ogni materiale da costruzione in modo diverso, mentre molti monumenti e siti sono più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico perché già danneggiati da inquinamento, terremoti o altri rischi. Quindi, per aumentare la loro resilienza ai cambiamenti climatici, ognuno deve essere restaurato e protetto nel modo migliore”.
È il caso anche di Rodi, in Grecia, colpita da frequenti ondate di calore, terremoti e inondazioni. A questo si aggiungono i rischi a cui gli edifici medievali sono esposti a causa del traffico dei mezzi pesanti.
Il progetto Arch: coinvolgere le comunità locali
Un aspetto centrale delle strategie per proteggere il patrimonio archeologico e culturale è il coinvolgimento delle comunità locali, di cui si occupa un altro progetto europeo, Arch, coordinato da Daniel Lückerath, responsabile dell’iniziativa presso l’Istituto tedesco Fraunhofer per l’analisi intelligente e i sistemi informativi (Iais). Come Hyperion, Arch sta sviluppando strumenti da mettere a disposizione delle autorità per le autorità per valutare e proteggere il patrimonio locale, grazie al contributo delle amministrazioni locali di Bratislava in Slovacchia, del borgo italiano di Camerino, di Valencia in Spagna e della città portuale tedesca di Amburgo.
L'importanza della valutazione dei rischi
Di sviluppare sistemi per la valutazione del rischio, di allerta precoce e di strumenti di conservazione rivolti anche alle comunità che non possono contare su grandi risorse economiche si occupa il progetto Shelter, coordinato da Aitziber Egusquiza, ricercatore senior presso Tecnalia, organizzazione indipendente di ricerca e tecnologia spagnola: “I grandi siti del patrimonio culturale non sono gli unici a dover essere preservati – spiega – Ogni sito in pericolo è un problema per le comunità che lo abitano”.
I rischi più grandi nascono dal fatto che spesso le autorità locali non monitorano gli impatti dei cambiamenti climatici e di altri rischi, non hanno informazioni sull’età e sullo stato del patrimonio e non mettono la sua protezione in cima all’agenda politica. Questo comporta che spesso le stesse popolazioni locali non siano consapevoli delle vulnerabilità dei luoghi accanto a cui vivono e quindi non si mobilitino per proteggerli. “È importante convincere la classe dirigente a investire nella conservazione di questi siti – spiega l’esperto – anche perché portano turismo e posti di lavoro”.
“Se si perde anche un solo sito, è una grande perdita per l’umanità”
Gli strumenti sviluppati attraverso i progetti Shelter, Arch e Hyperion troveranno applicazione per i test nelle città e nelle comunità che hanno contribuito alla loro progettazione, e in un secondo momento saranno sperimentati in altre regioni per verificarne la replicabilità.
“Con l’Europa e le altre regioni che si trovano ad affrontare le crisi combinate della pandemia Covid-19, della guerra in Ucraina e dell’aumento del costo della vita, è facile far passare la conservazione del patrimonio culturale in secondo piano – ammonisce in conclusione Amditis – È un esercizio molto costoso e che richiede tempo, ma ne vale la pena. Se si perde anche un solo sito sarà una grande perdita per l’umanità“.