Ad oggi circa il 55% della popolazione mondiale vive nelle città, dato che tuttavia sarà destinato a salire a circa il 70% nell’arco dei prossimi 20 anni, grazie alla migrazione dalle zone rurali ai contesti urbani. I motivi di questo spostamento di massa si riconducono principalmente alla maggiore occupazione, alle migliori condizioni di vita e ai miglioramenti delle condizioni igienico-sanitarie presenti nelle città.
Questa migrazione verso le zone urbane farà sì che ¾ del Pianeta risiederà solamente sul 3% della superficie globale, per cui il tema dello sviluppo sostenibile dovrà indubbiamente essere al centro dei dibattiti globali, come già dimostra l’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili.
È risaputo infatti che, se l’aumento della popolazione non sarà accompagnato da uno sviluppo urbano che mira alla pianificazione degli insediamenti, alla sicurezza, alla garanzia di trasporti facili e sicuri, all’accessibilità a zone verdi inclusive e al miglioramento della qualità dell’aria, si andrà necessariamente verso un peggioramento globale della qualità della vita e un progressivo aumento della povertà.
Le città sono inoltre legate in modo importante alla sfida del cambiamento climatico, in quanto responsabili del 75% delle emissioni di gas climalteranti derivanti da attività antropiche come trasporti, attività produttive ed abitazioni. Inoltre, le aree urbane subiscono molto di più gli effetti del surriscaldamento globale rispetto ad aree più rurali, mettendo quindi potenzialmente in pericolo un’elevata quota di popolazione mondiale. Basti infatti pensare a fenomeni estremi come le “isole di calore”, le inondazioni e le piogge intense che formano veri e propri fiumi lungo le strade, o ancora l’elevato peggioramento della qualità dell’aria durante i periodi di assenza di precipitazioni per accorgersi della fragilità delle città. Queste, se non correttamente gestite e pianificate possono diventare delle vere e proprie “trappole climatiche” per chi ci vive. Oltre ai dati relativi alle emissioni, le città consumano anche oltre il 70% di risorse in termini di alimenti, acqua ed energia.
Questi pochi ma significativi dati fanno capire come le necessità delle attività urbane siano molto elevate e come dipendano da una serie di risorse che però vengono dall’esterno delle città stesse. I flussi socio-economici stanno portando al momento ad una ripartizione non egualitaria delle risorse, sia all’interno delle città ma anche tra le città stesse, il che comporta un aumento di povertà e di diseguaglianza sociale, allargando il divario esistente tra una parte di cittadini che consuma ed esige sempre di più ed una che si potrà permettere sempre meno. È necessario quindi che venga rivisto il paradigma che regola lo sviluppo urbano e lo sviluppo socio-economico, spostandosi verso un’economia più equa e circolare, che non veda solo le città come consumatrici di risorse ed energia e produttrici di rifiuti e inquinamento, ma piuttosto come un sistema resiliente, in grado di adattarsi ai cambiamenti e ad automantenersi.
Seppure sembri un progetto apparentemente utopico, la strada verso la soluzione o comunque ad un miglioramento esiste ed è l’adozione delle cosiddette NBS (Nature Based Solution), vale a dire le soluzioni basate sulla natura, che si fondano sull’uso sostenibile delle risorse offerte dal capitale naturale per risolvere problemi concreti relativi principalmente al cambiamento climatico, all’inquinamento e alla gestione dei rischi. L’approccio multifunzionale delle NBS consente, infatti, di ripristinare o proteggere ecosistemi già esistenti, ridurre gli impatti dell’attività antropica, fornendo benessere per gli esseri umani e per la biodiversità in generale.
Una delle più immediate ed applicate NBS nelle città è la presenza di verde urbano di qualità e delle foreste urbane. Le foreste urbane si differenziano dal verde ornamentale normalmente progettato e inserito all’interno delle città perché permettono di integrare nell’ecosistema urbano una componente naturale complessa, in grado di formare un “ecosistema nell’ecosistema” e capace di offrire una vasta gamma di Servizi Ecosistemici (definiti come tutti quei benefici che gli ecosistemi naturali sono in grado di offrire all’uomo).
I benefici di queste infrastrutture verdi sono molteplici e influiscono in modo importante sulla qualità della vita dei cittadini. Oltre all’attività di assorbimento e stoccaggio dell’anidride carbonica, grazie ai processi di fotosintesi clorofilliana, gli alberi sono infatti in grado di svolgere un’importante azione di miglioramento della qualità dell’aria, grazie alla loro capacità di assorbire diversi inquinanti, tra cui il particolato (PM10) e il biossido di azoto, causa di diverse malattie respiratorie. È fondamentale sottolineare che i benefici alla salute dei cittadini non si mostrano sotto un aspetto esclusivamente sanitario, ma anche economico. Uno studio del 2016 portato avanti in diverse città italiane, ha dimostrato come la capacità di assorbimento del PM10 e dellO3 da parte delle piante ha permesso un vantaggio monetario (espresso in termini di soldi risparmiati dalla collettività) di 47 e 297 milioni di dollari per la rimozione rispettivamente del PM10 e del O3.
Inoltre, la presenza di diversi boschi in ambiti urbani consente di aumentare la permeabilità del suolo, fattore di estrema importanza in caso di eventi estremi come piogge torrenziali, sempre più frequenti. Il consumo e l’impermeabilizzazione del suolo sono uno dei problemi più seri che derivano dall’espansione delle città e dall’urbanizzazione, in quanto si crea, a causa della cementificazione, uno strato impermeabile che non consente alle acque meteoriche di defluire, portando ad un deflusso superficiale che si traduce in fiumi lungo le strade e allagamenti delle zone più depresse delle città. All’opposto le aree verdi consentono l’infiltrazione delle acque in profondità, con l’ulteriore possibilità di ricaricare la falda sottostante eventualmente presente. In questo le aree con una importante copertura arborea sono ancora più efficienti, grazie all’attività radicale che consente di migliorare gli spazi interstiziali presenti nel suolo e quindi la sua capacità di far defluire le acque.
Le elevate temperature presenti nelle città durante il periodo estivo stanno compromettendo sempre più la vivibilità delle aree urbane centrali e periferiche. Nonostante il calore sia percepito ovunque, pare logico che in un bosco d’estate ci sia meno caldo rispetto che in centro ad una città. Anche in questo caso la capacità degli alberi non solo di ombreggiare ma anche di raffrescare l’aria grazie all’effetto dell’evapotraspirazione può quindi venire in aiuto nella progettazione di città più adattate al cambiamento climatico e nella limitazione della cosiddetta “isola di calore” cittadina. L’effetto di raffrescamento da parte degli alberi non si limita solo a quanto riportato fino ad ora: le infrastrutture verdi, infatti, in particolare quelle diffuse, sono in grado di modificare le brezze presenti in ambiente urbano, grazie alla moderazione del microclima, incanalando e potenziando correnti durante il periodo estivo o ostruendo il passaggio del vento nella stagione invernale, a seconda di come vengono progettate.
Non si deve dimenticare infine i benefici psicologici, che si traducono poi in diretti benefici fisici, che la presenza del verde apporta alle persone. Ci sono moltissimi studi, infatti, che confermano le virtù positive apportate dalla presenza di alberi: vivere vicino a spazi verdi riduce i problemi di salute e migliora lo stato fisico e psichico, riduce lo stress e l’insorgenza di malattie ed è direttamente legato alle condizioni di povertà, obesità e sicurezza dei cittadini (ISPRA).
L’importanza di una serie di spazi verdi e di boschi urbani quindi non si manifesta esclusivamente sugli aspetti ambientali ed ecologici, per quanto questi siamo fondamentali, ma, come detto, anche precedentemente, anche sotto aspetti economici e sociali. Gli spazi verdi in città sono sicuramente in grado di ospitare una vasta gamma di habitat per diverse specie animali, nonché fungere da corridoio ecologico e di passaggio per le suddette specie, in un’ottica che non è più di netta differenziazione città-campagna-bosco ma che piuttosto permea e crea mosaici e tasselli che si devono inserire perfettamente nella pianificazione territoriale, nella sua complessità.
La pianificazione del verde, soprattutto nelle città già molto sviluppate può risultare particolarmente difficile ed essere una vera e propria sfida, tuttavia, rivedendo i modelli di sviluppo, si possono assolutamente integrare diverse strutture verdi, anche articolate, come un bosco urbano, all’interno delle città. Ne sono di esempio diverse città sparse in tutto il mondo, come Barcellona, Vitoria-Gasteiz, Vancouver, Medellín, Lubiana, che hanno integrato negli obiettivi di sviluppo sostenibile della città anche l’inserimento di foreste urbane, al fine di ottenere tutti i benefici visti già citati. Chiaramente questa pianificazione deve avvenire in maniera egualitaria all’interno della città stessa. Molto spesso capita infatti che le zone verdi di qualità, fruibili e sicure, siano esclusive dei quartieri più benestanti, assicurando i benefici solo ad una parte dei cittadini. Come è stato detto precedentemente, però, il verde urbano deve essere facilmente e accessibile a tutti e potrebbe essere utilizzato come strumento di riqualificazione delle zone più povere e degradate della città. Negli ultimi anni si è parlato molto della regola del “3-30-300” sviluppata per la prima volta dal Professor Cecil Konijnendijk dell’Università della British Columbia secondo cui, in un’ottica di “One health” globale, ogni cittadino dovrebbe avere la possibilità di vedere almeno 3 alberi dalla sua finestra, il 30% della superficie di ogni quartiere dovrebbe essere occupata da alberi e il parco più vicino dovrebbe essere a meno di 300 metri.
Questa regola definisce perfettamente l’egualitaria pianificazione che dovrebbe essere messa in atto dalle amministrazioni pubbliche: ogni persona, ogni quartiere. L’accesso alle aree verdi e i benefici che derivano da esse non devono essere elitarie, ma un bene basilare per lo sviluppo di comunità funzionali ed eque.
Pare quindi chiara la necessità di spostare l’attenzione oltre che sui modelli di espansione anche sull’aumento del capitale naturale presente. Creare nuovi boschi fruibili, parchi e filari di alberi sembra ad oggi essere la soluzione più efficace ed economica per rallentare gli effetti del riscaldamento globale nelle città, a patto che queste infrastrutture verdi vengano poi gestite sotto la bandiera della sostenibilità e dell’inclusività sociale, permettendo ai cittadini di usufruire dei benefici che gli alberi sono in grado di offrirci.