È ancora buio quando io e la mia guida naturalistica ci diamo appuntamento all’inizio di un sentiero nel Parco del Gran Paradiso. Sarà una giornata a contatto con la natura, per godere dei paesaggi mozzafiato che questo parco sa donare e speriamo di essere fortunati nell’avvistare alcune delle specie ospitate dal Parco. Il simbolo di questo parco è uno stambecco, ma l’animale che oggi più di ogni altro sogniamo di avvistare è un uccello rarissimo, ne restano meno di 50 individui: il capovaccaio. Non stupitevi se non ne avete mai sentito parlare, non è molto popolare, si tratta di un rapace simile a un avvoltoio, vive nelle aree montane e collinari, dove cerca le pareti rocciose per nidificare e le zone aperte per nutrirsi di carogne. Ha un piumaggio bianco e nero, un’ampia apertura alare e una coda a forma di cuneo, il suo richiamo è un gracchiare rauco e ripetuto. La passeggiata è lunga e impegnativa, mentre fatico su per una salita con il sole sempre più forte, scruto il cielo, ma vedo solo blu e un sole accecante. Nonostante l’esperienza della mia guida e le numerose ore di ricerca non riusciremo ad avvistarlo, ma sono comunque felice, la ricerca mi ha fatto riflettere a lungo su quante specie – persino di cui ignoriamo l’esistenza – siano minacciate e rischino, in silenzio, di avvicinarsi ogni giorno di più all’estinzione.
Lo stato degli ecosistemi in Europa
L’Italia è un paese ricco di biodiversità, ma anche di minacce che mettono a rischio la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali.
Le specie minacciate sono quelle che hanno un alto rischio di estinzione a causa di diversi fattori, come la perdita e la degradazione degli habitat, lo sfruttamento eccessivo, l’inquinamento, il cambiamento climatico e l’introduzione di specie invasive. Secondo la lista rossa IUCN, che è il più completo inventario del rischio di estinzione delle specie a livello globale, sono almeno 1.677 le specie europee – su un totale di 15.060 – a essere considerate in via d’estinzione. Le più minacciate sono molluschi d’acqua dolce, lumache, vongole e pesci. A questi si aggiungono oltre metà degli alberi endemici europei, tra cui l’ippocastano, l’Heberdenia excelsa e il sorbo. Inoltre, circa un quinto di anfibi e rettili sono in pericolo. In Italia, la situazione non è migliore. Il nostro Paese conta il più alto numero e la più alta densità di specie animali e vegetali all’interno dell’Unione Europea.
Secondo il rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente del 2015, solo il 16% degli habitat naturali in Italia ha uno stato di conservazione favorevole, mentre il 47% ha uno stato sfavorevole-inadeguato e il 37% ha uno stato sfavorevole-cattivo. Tra gli habitat più minacciati ci sono le zone umide, le praterie steppiche e le foreste primarie.
Per proteggere le specie minacciate e gli habitat che le ospitano, è necessario adottare misure urgenti ed efficaci, come la creazione e la gestione di aree protette, la promozione di pratiche agricole sostenibili, la riduzione dell’impronta ecologica, la lotta al bracconaggio e al commercio illegale di specie, la sensibilizzazione e l’educazione ambientale e naturalmente la cooperazione tra i diversi attori coinvolti.
Secondo il progetto EUNIS (European Nature Information System), che classifica gli habitat naturali in Europa secondo una gerarchia di tipologie, l’Italia ospita circa 300 tipi diversi di habitat, che vanno dalle foreste alle praterie, dalle zone umide alle coste, dalle grotte ai ghiacciai. Questi habitat sono importanti per la conservazione della biodiversità e per il benessere umano, in quanto forniscono servizi ecosistemici essenziali, come la produzione di ossigeno, la regolazione del clima, la purificazione dell’acqua, la produzione di cibo e altre risorse, la prevenzione dei rischi naturali e le opportunità di ricreazione e cultura.
L'urgenza di interventi di ripristino così come di adattamenti ai cambiamenti climatici
Di fronte a questo scenario allarmante, è urgente e necessario intervenire per ripristinare gli ecosistemi degradati o distrutti e per adattarsi ai cambiamenti climatici in atto. Infatti, ripristinare la natura e adattarsi ai suoi cambiamenti non è solo un dovere etico verso le altre forme di vita con cui condividiamo il pianeta, ma anche un investimento strategico per il nostro sviluppo economico e sociale e in concreto significa:
- Contribuire a combattere il cambiamento climatico, riducendo le emissioni di gas serra e aumentando la capacità da parte degli ecosistemi di immagazzinare carbonio;
- salvaguardare la biodiversità, preservando la varietà di forme di vita che abitano il pianeta;
- migliorare la salute, garantendo l’accesso a risorse vitali come l’acqua, l’aria e il cibo, prevenendo o curando le malattie trasmesse da animali o piante, riducendo lo stress e aumentando il benessere;
- creare occupazione e reddito, generando nuove opportunità di lavoro e di impresa legate alla protezione e alla valorizzazione degli ecosistemi;
- rafforzare la coesione sociale, promuovendo la partecipazione, la collaborazione e la solidarietà tra le persone che condividono gli stessi territori e gli stessi problemi.
La nuova Nature Restoration Law
Per sostenere gli sforzi di ripristino della natura e di adattamento ai cambiamenti climatici in Europa, la Commissione Europea ha proposto una nuova legge sul ripristino della natura, La Nature Restoration Law, che fa parte del Green Deal Europeo e della Strategia per la Biodiversità 2030 e che è stata approvata dal Parlamento Europeo il 12 luglio scorso.
La legge prevede il ripristino del 20% degli ecosistemi naturali entro il 2030, con l’obiettivo a lungo termine di eliminare i sistemi naturali degradati prima del 2050.
La nuova legge sul ripristino della natura ha l’obiettivo di:
- Stabilire obiettivi vincolanti per il ripristino degli ecosistemi degradati o distrutti in Europa entro il 2030.
- Definire criteri comuni per identificare gli ecosistemi prioritari da ripristinare in base al loro stato di conservazione, al loro valore per la biodiversità e ai servizi che forniscono.
- Prevedere misure concrete per il ripristino degli ecosistemi prioritari in base alle loro caratteristiche specifiche, come le torbiere, le foreste, i prati, i fiumi, i laghi, i mari o le montagne.
- Coinvolgere tutti gli attori interessati nel processo di ripristino degli ecosistemi, come le autorità pubbliche, le imprese, le organizzazioni non governative, i ricercatori, i cittadini e le comunità locali.
- Monitorare i progressi e i risultati del ripristino degli ecosistemi attraverso indicatori chiari ed efficaci.
Il nostro contributo individuale
Per la protezione della biodiversità e della vita selvatica è fondamentale il contributo anche dal basso e la collaborazione di tutti.
Ecco qualche consiglio da mettere in pratica per fare la nostra parte:
- Diventare volontari o comunque sostenitori di associazioni impegnate nella protezione e conservazione della natura.
- Partecipare alla pulizia di habitat selvatici dai rifiuti.
- Privilegiare i prodotti da agricoltura biologica, che prevedono una minore immissione nell’ambiente di agrofarmaci.
- Avere un’alimentazione il più possibile vegetale ed evitare di consumare e acquistare specie minacciate come le anguille, la cernia bruna, la verdesca. Se avete il dubbio, al ristorante così come in un negozio di souvenir se siete in viaggio, potete consultare la lista rossa di IUCN.
- Ridurre il consumo di prodotti e contenitori mono uso, in particolare in plastica.
Ultimo ma non meno importante è andare oltre una visione antropocentrica della natura, pensando solo a quello che fa per noi o dandole valore in base ai benefici diretti che ne possiamo avere, per passare a un nuovo paradigma ecocentrico, più rispettoso delle altre forte di vita e delle risorse del nostro pianeta considerando noi stessi come parte di un sistema più ampio e interconnesso.