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Progetto M.A.R.E, il diario di bordo di Maria Grazia Laveni e Katia De Tullio

Maria Grazia e Katia sono state a bordo del catamarano dal 10 al 14 maggio, con partenza da Santa Teresa di Gallura e arrivo ad Alghero: “A bordo clima di collaborazione ed empatia”.

La terza tappa di Progetto M.A.R.E. (Marine Adventure For Research and Education) a cui per Sorgenia hanno partecipato Maria Grazia Laveni e Katia De Tullio è partita nel pomeriggio di martedì 10 maggio da Santa Teresa di Gallura per concludersi sabato 14 ad Alghero.
Maria Grazia è assistente di direzione della Business Unit Generation & Energy Management di Sorgenia, la divisione che si occupa della gestione degli asset produttivi (Impianti di generazione a ciclo combinato e fonti rinnovabili), dell’approvvigionamento di energia elettrica e gas per i clienti finali e della logistica e dei rischi che ne derivano. Katia è Customer Care Specialist: segue e cura la gestione dei clienti che contattano il servizio clienti sui canali telefonici, via e-mail, chat, Whatsapp e social. Il suo compito è di curare il presidio, la formazione e la qualità del servizio clienti, con l’obiettivo di migliorare la customer experience.

Il lavoro di squadra: tra divertimento e collaborazione

Per raccontare come è andata la tappa per le due ospiti a bordo iniziamo dall’esperienza più propriamente velica: “È stato interessante vedere come ciascuno di noi è stato coinvolto in tutte le attività a bordo – spiega Katia – c’era chi cazzava le vele, chi aiutava lo skipper nelle manovre per entrare in porto e chi, come ho fatto anche io, si metteva a disposizione per preparare pranzi e cene. E poi mi sono messa alla prova fisicamente: non pensavo che tirare una cima da 20 metri di profondità fosse così faticoso!”. Se dovesse sintetizzare in poche parole questa sua esperienza Katia non ha dubbi: “Collaborazione, sinergia, divertimento, competenza di tutto l’equipaggio e ospiti sono stati i tratti distintivi del mio viaggio in catamarano”.

Per Maria Grazia l’avventura, caratterizzata da condizioni meteorologiche estive, è stata un debutto in barca a vela: “All’inizio temevo di non poter essere d’aiuto per la mia poca esperienza – afferma – ma mi sono trovata subito a mio agio. Ho imparato, ad esempio, a fare i nodi per fissare i parabordo, a capire la direzione del vento ascoltandolo con le orecchie (quando fischiano tutte e due vuol dire che sei in direzione del vento) e ad indovinare l’andatura del catamarano a motore spento. Tutte le diverse mansioni venivano svolte con piacere ed entusiasmo: a me toccava solitamente lavare i piatti a fine pasto”. Anche Maria Grazia sottolinea l’ottimo rapporto che si è subito creato sia con Katia, sia con i ricercatori ed i membri dell’equipaggio: “Io e Katia non ci conoscevamo prima di questa esperienza e dopo solo due ore di pullman trascorse insieme da Olbia a Santa Teresa di Gallura eravamo già diventate due compagne di cabina e di vela affiatate. Si è creato – da subito – e con tutti un clima di piena collaborazione e grande entusiasmo. Non potevo trovare compagni di viaggio migliori della biologa Ginevra Boldrocchi, the scientist, della skipper Angelica, Angy, del mozzo Ivano e dei due super capitani che si sono avvicendati Antonello ed Oliviero. Ho già nostalgia delle nostre seratone trascorse a giocare a Machiavelli, sorseggiando una calda tisana a base di melissa e liquerizia”.

La biodiversità del Mediterraneo

Quanto all’aspetto scientifico, è stato il vero valore aggiunto dell’esperienza: “Coinvolgente e interessante la presenza di un laboratorio a bordo, che ci ha permesso di osservare da vicino il plancton grazie al microscopio, e di preparare campioni di Dna che verranno poi analizzati per cercare di rintracciare la presenza di specie aliene nei nostri mari – spiega Katia – Ho avuto la possibilità di poter osservare un mondo così minuscolo ma così importante nel mondo visibile”.
“Dato che non è affatto facile avvistare i molti abitanti del mare, ad eccezione dei tursiopi (delfini) che ci hanno deliziato con i loro salti durante i giorni di navigazione, l’esame del Dna marino – aggiunge Maria Grazia – ci consente di identificare le diverse specie di cetacei ed organismi presenti nel Mediterraneo e di individuare la presenza di eventuali specie aliene, come ad esempio il granchio blu, la cui diffusione può rappresentare una seria minaccia alla biodiversità dell’ecosistema preesistente”.

Il ritrovamento di una piccola discarica in spiaggia

Tra le attività svolte durante la sua esperienza Maria Grazia cita anche la pulizia delle spiagge: “A Stintino ci siamo fermati in una caletta stupenda e difficile da raggiungere e sollevando un lembo di plastica che emergeva dalla sabbia, abbiamo trovato una piccola discarica, con i resti di un pic-nic che erano stati interrati: bottiglie, piatti e bicchieri in plastica monouso e resti di cibo e di packaging. Mi è sembrata un’enormità, perché inquinare le spiagge è di per sé un comportamento scorretto, ma farlo in luoghi dove la natura mostra tutta la sua bellezza è ai miei occhi ancora più grave. Sono situazioni che se non si toccano con mano sembrano surreali: in una pineta alle spalle di una delle più belle spiagge di Alghero, ad esempio, in mezz’ora abbiamo riempito due sacchi di rifiuti a testa”.

Il viaggio sul catamarano è ormai un ricordo indelebile

Il viaggio a bordo del catamarano di progetto M.A.R.E rimarrà nei ricordi di Katia e Maria Grazia come un’esperienza unica soprattutto perché hanno toccato con mano alcune delle emergenze che riguardano il mare: “Essere parte attiva nella ricerca e nelle attività di beach cleaning mi ha aiutato ad acquisire maggiore consapevolezza sui danni ambientali e sull’inquinamento che provochiamo per il nostro mare – spiega Katia – per questo penso che sia fondamentale diffondere il più possibile l’educazione e il rispetto ambientale. Nel mio piccolo – conclude – cercherò di farmi ambasciatrice di questi messaggi presso colleghi, amici e parenti. E – infine – credo che sarebbe bello dedicare più attenzione all’educazione ambientale, introducendola in modo strutturato anche nelle scuole”.

“Un concetto che mi ha molto colpito durante le sessioni di spiegazioni condotte dalla biologa a bordo – sottolinea Maria Grazia – è che molta parte dell’ossigeno prodotto arriva dal mare. Siamo abituati a pensare che il polmone della terra siano soprattutto le grandi foreste, come quella amazzonica, in realtà anche il fitoplacton, il placton vegetale, produce ossigeno, e preservarlo non significa, quindi, proteggere solo la catena alimentare marina, ma anche tutelare la vita sulla terra. Vivere in prima persona l’esperienza di progetto M.A.R.E. mi ha dato l’opportunità di toccare con mano e rendermi ancora più consapevole della fragilità degli equilibri del sistema marino e che urge cambiare i nostri comportamenti ora e subito”.

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