Ecco che cosa sta accadendo nelle zone più remote del nostro Pianeta
Si dice “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e detto più azzeccato non potrebbe esistere per spiegare l’atteggiamento dei più riguardo al cambiamento climatico che il nostro pianeta sta subendo.
Ciò che non vediamo – o che non vogliamo vedere – non ci ferisce o cosi ci piace pensare. Ma la verità è ben diversa: quello che teniamo lontano dagli occhi continua ad accadere. Ogni giorno. Anzi, ogni secondo.
Il cambiamento climatico, che sempre più spesso leggo sui giornali essere definito “maltempo straordinario”, è qui, in mezzo a noi.
Cambiamento climatico nella savana
Qui nella savana del Kenya, una delle zone più remote del Pianeta, il cambiamento climatico non è più un nemico invisibile. Le stagioni delle piogge – da ottobre a dicembre la stagione delle piogge brevi, mentre da aprile a giugno quella delle piogge lunghe – non esistono più. La pioggia è diventato un fenomeno raro, che accade nei tempi non previsti dalla natura distruggendo raccolti e uccidendo persone ed animali.
La fortissima siccità condiziona ogni più piccolo aspetto della nostra vita nella savana e le esistenze di contadini, pastori o persone appartenenti a tribù indigene che vivono ancora in maniera tradizionale, come i Maasai.
L’assenza totale di pioggia sta (neanche troppo) lentamente cambiando il normale ordine delle cose che la Natura ha programmato: alcune piante fioriscono nelle stagioni sbagliate, i fiumi si seccano quando dovrebbero essere pieni di preziosa acqua, le mucche partoriscono senza aver mangiato nulla per mesi.
Qui nella savana, così come in molte altre zone remote del Pianeta, le persone dipendono ancora enormemente dalla Natura e dai suoi ritmi; così quando questi vengono a mancare quello che si crea è il caos.
Ho visto contadini, la cui condizione di vita è già precaria, perdere più di metà del loro intero raccolto per diluvi violenti e inaspettati durante la stagione secca.
Ho visto cavallette enormi distruggere interi campi sotto lo sguardo inerme e disperato di gente che per mesi aveva investito il suo tempo e denaro in quel lavoro.
Ho accudito e accompagnato ad una morte lenta e soffocante decine di vitelli del nostro bestiame che, a causa della gravissima malnutrizione delle mamme, nascevano con carenze troppo gravi per sopravvivere alla siccità.
Abbiamo combattuto contro gli elefanti che, alla disperata ricerca di una pozza d’acqua, sono costretti ad avvicinarsi in maniera inaudita ai nostri piccoli centri abitati nella foresta.
Il cambiamento climatico non dà tregua
Il cambiamento climatico, qui nella savana così come in molte altre aree rurali e remote del Pianeta, non sta lasciando scampo ma soprattutto non ci sta dando tregua.
Perché non esiste weekend o vacanza da rispettare, il cambiamento climatico continuerà ad accadere e lo farà con violenza, arroganza e brutalità.
Ma io non so perché, tutto questo sembra non importare. Sembra sempre esserci qualcosa di più importante, di più rilevante. Eppure, io mi chiedo: “Cosa c’è di più essenziale del nostro Pianeta?”.
Le stagioni hanno bisogno di tornare al loro posto, di seguire il loro ritmo. E benché in molti credano di poter governare la Natura, cambiandola e soggiogandola al loro personale desiderio o tornaconto, presto si renderanno conto che così non è. Madre Natura reclamerà i suoi spazi ed i suoi tempi, anche lì dove sono state costruite barriere e confini che non esistevano.
Luoghi come la mia adorata savana sembrano non appartenere a quella parte di Mondo che ci interessa o che ci riguarda ma quello che sta accadendo qui, già da molti anni, peggiorerà e le conseguenze saranno nefaste.
E forse solo allora cominceremo a pensare, ed inizieremo a considerare anche ciò che è lontano da noi come egualmente importante.
Per andare avanti, dobbiamo tutti fare un passo indietro
Vivere nella savana, tra i Maasai, mi ha insegnato ad amare e rispettare il nostro Pianeta come un figlio. Ho appreso l’importanza dell’ordine delle cose, un ordine apparentemente casuale ma senza il quale non si può stare. Ho imparato a non farmi domande ma ad accettare che alcuni eventi non si possono – no, anzi, non si devono – cambiare o eliminare.
Ho dimenticato l’arroganza e la supponenza di una società che mira più a distruggere che a preservare, che pensa maggiormente al profitto che al benessere universale.
Ho capito che per andare avanti, avremmo tutti bisogno di tornare un passo indietro.