Intervista a Paolo Viganò, Presidente e Fondatore della Fondazione Rete Clima
“Quando si parla di ambiente e di sostenibilità ambientale c’è un gap culturale tra le generazioni più giovani, che si esprimono in maniera molto forte, come nel caso del movimento Friday For Future o di altre manifestazioni collettive molto partecipate e aggreganti, e una generazione ‘di mezzo’ che invece si distingue per non avere grande interesse né cultura ambientale. Questa dinamica, va da sé, si rispecchia anche nella scarsa conoscenza e consapevolezza circa l’importante ruolo ecosistemico degli alberi e delle foreste. Non mi stupisce quindi che le ricerche effettuate sul campo evidenzino una carenza di chiarezza su quanto le aree verdi siano importanti per il Pianeta e, in particolare, anche per le nostre città”.
A parlare è Paolo Viganò, Fondatore e Presidente di Rete Clima, la Fondazione nata nel 2011 che ha l’obiettivo di dare supporto tecnico alle Aziende nelle loro attività a favore della sostenibilità ambientale.
Come si spiega questa dinamica?
I dati dimostrano che il lavoro capillare di educazione che è stato fatto e che prosegue nelle nostre scuole sta dando frutti importanti. Ogni bambino, ad esempio, sa che gli alberi assorbono anidride carbonica e che sono importanti – tra le loro altre funzioni positive – per contrastare l’inquinamento atmosferico e per aiutare la biodiversità. Andando avanti tra le fasce di età, invece, la consapevolezza sui ‘servizi ecosistemici’ generati dalle foreste si riduce progressivamente: parliamo – in particolare – del rilascio di ossigeno, del sequestro di CO2, delle funzioni ricreative, ma anche di tutti gli altri benefici generati dalle foreste che, per loro natura, sono realtà naturali multifunzionali. Sarebbe importante che passasse con chiarezza il messaggio che gli alberi sono in grado di dare tanti benefici agli ecosistemi e all’uomo, in funzione delle specie e dei luoghi in cui essi trovano dimora.
Vogliamo fare qualche esempio?
Quando parliamo di contesti urbani ci troviamo di fronte ad aree evidentemente meno estese rispetto ai boschi di pianure o di montagna, ma più vicine ai loro potenziali fruitori. Due le tipologie principali di foreste che Rete Clima sta realizzando: da una parte le foreste “tradizionali”, con piante locali, autoctone, così come disposto dalle leggi regionali che regolano la materia forestale. È proprio questo uno dei tipi di foresta su cui si è impegnata qualche anno fa Sorgenia, al Parco Nord di Milano. Dall’altra parte, in tempi più recenti, abbiamo però avviato anche un’altra strada tecnica, realizzando foreste con alberi molto fitti e ricche di arbusti, che hanno lo scopo di privilegiare la biodiversità costituendosi come habitat e fonte di nutrimento per un elevato numero di specie viventi.
Quali sono gli obiettivi di questi modelli forestali?
Partiamo sempre dall’assorbimento della CO2, dal rilascio di ossigeno, dall’ombreggiamento, a cui si aggiunge però anche la funzione ricreativa, la funzione di miglioramento della qualità dell’area, il raffrescamento delle aree urbane, la funzione di tutela della biodiversità con l’obiettivo di offrire nutrimento e riparo a specie diverse, dai mammiferi ai roditori, fino agli insetti e all’avifauna. In sostanza, utilizzando sempre le stesse specie di piante ma variandone la densità e la percentuale di presenza delle diverse specie, si possono mettere in pratica forme e modalità di gestione diverse, orientando le foreste verso l’erogazione di differenti servizi ecosistemici.
Quali sono gli ingredienti che decretano il successo “di pubblico” di queste iniziative forestali urbane?
Certamente la partecipazione all’attività pratica della piantagione, che coinvolge direttamente anche i cittadini, e la semplicità nella comunicazione sui benefici forestali. Deve essere chiaro che i primi beneficiari delle foreste che piantiamo in città saranno proprio i residenti delle aree forestate. A questo proposito è importante sottolineare anche che la realizzazione di una foresta deve essere l’esito di un processo partecipativo con la cittadinanza, altrimenti c’è il rischio che anche interventi positivi per la tutela del territorio siano poco capiti o comunque meno apprezzati di quanto meriterebbero. Se dovessi fare un esempio sceglierei due case history di boschi che abbiamo realizzato all’inizio delle nostre attività, circa 15 anni orsono, e che oggi rappresentano una vera e propria risorsa per il territorio: il bosco di Giussano (MB) e il parco urbano di Cantù (CO), che hanno anche una valenza fruitiva da parte della cittadinanza, perché anche la fruizione è uno dei servizi ecosistemici che meritano la massima considerazione.
Come sta cambiando la sensibilità delle aziende verso le vostre attività?
Nel tempo è cambiata ed è aumentata progressivamente. Sorgenia, ad esempio, ha creduto prima di altri nel valore della nostra attività e dell’impegno per le foreste nazionali. Ancora oggi collaboriamo nella produzione di contenuti per i canali social di Sorgenia e, saltuariamente, in azioni di team building per i dipendenti, con attività pratiche di cura forestale.
In generale oggi le Aziende sono più attente e disponibili ad investire in progetti come quelli di Rete Clima, per una serie di motivi che vanno dalla sensibilità del management alla volontà di promuovere volontariamente in azienda i temi ESG (Environmental, Social, Governance), cioè le tre dimensioni in cui si declina la sostenibilità nella vita delle Aziende. Parliamo però anche di nuovi obblighi che stanno emergendo a carico di alcune Aziende ai sensi della direttiva CSRD europea, la Corporate Sustainability Reporting Directive, che sta estendendo l’obbligo di monitoraggio e di comunicazione delle performance aziendali di sostenibilità.
Si tratta quindi soltanto di obblighi imposti dalla legge?
No, assolutamente, sarebbe riduttivo: l’azione volontaria a favore della sostenibilità si è molto consolidata in questi anni, perché oggi la sostenibilità stessa è uno dei fattori che rendono un’azienda più dinamica e competitiva sul mercato. Anche le Banche, nella maggior parte dei casi, considerano le imprese ben posizionate su questi temi ESG come più solide e in grado di gestire con più consapevolezza il proprio business. E infine, ma non in ordine di importanza, rimane da citare l’attenzione crescente che le Aziende hanno nei confronti dei territori e delle comunità in cui operano, o di situazioni che per qualche motivo sono diventate iconiche e di elevata importanza, come nel caso che ha coinvolto Sorgenia nella riforestazione delle aree alpine devastate dalla tempesta Vaia.
Qual è il ruolo delle istituzioni nei vostri progetti?
Direi che dovremmo auspicare anche in questo caso un salto culturale. Lavoriamo con tante amministrazioni pubbliche, che ospitano i nostri oltre 60 interventi forestali in tutta Italia: ci piacerebbe che alcune si fidassero di più delle nostre competenze e comunque avessero visioni più ampie, in modo da facilitare la concessione delle aree pubbliche per la piantagione. Siamo una realtà conosciuta, abbiamo lavorato fianco a fianco con molte aziende ma anche con soggetti importanti come i Carabinieri Forestali: i nostri tecnici sono molto esperti e capaci, eppure spesso ci troviamo di fronte a ostacoli spesso anche banali da parte delle Pubbliche Amministrazioni territoriali, che però potrebbero pregiudicare la riuscita dei progetti. Ma stiamo dimostrando con i fatti che, dove nelle Pubbliche Amministrazioni c’è la volontà di fidarsi di tecnici esperti e trasparenti come quelli di Rete Clima, si riesce ad andare più lontano e ad ottenere risultati migliori, in particolare con la messa a disposizione di aree per la piantagione.