Grazie all’ “Online Reactive Source Apportionment” sarà possibile identificare la provenienza delle emissioni e monitorare le loro trasformazioni chimico-fisiche in atmosfera. Il ricercatore Gino Briganti: “Strumento utile per le amministrazioni locali”
L’acronimo è “ORSA”, che sta per “Online Reactive Source Apportionment”. Parliamo dell’algoritmo messo a punto da Enea per tracciare l’inquinamento dell’aria, identificando la provenienza delle emissioni inquinanti per settori e aree geografiche e tenendo traccia della loro origine e seguendole nelle trasformazioni chimico-fisiche in atmosfera.
Le caratteristiche di Orsa
“Questo strumento – spiega Gino Briganti, ricercatore del Laboratorio Enea di Inquinamento atmosferico e primo autore dello studio sul tema pubblicato sulla rivista specializzata Atmosphere insieme ai colleghi Ilaria D’Elia, Mihaela Mircea e Antonio Piersanti – funziona come un vero e proprio sistema di tracciabilità che permette di ‘etichettare’ le emissioni per conoscere il ‘contributo’ specifico di ogni singola fonte alle concentrazioni di inquinanti in atmosfera”.
Orsa è già operativo nel sistema di monitoraggio della qualità dell’aria di Enea, Minni, sviluppato per conto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che si occupa delle previsioni giornaliere sulle principali concentrazioni di gas e particolati negli strati più bassi dell’atmosfera.
L’utilità per le amministrazioni locali
Orsa, prosegue Briganti, portando come esempio il fatto che Arpa Piemonte abbia già utilizzato l’algoritmo per un suo studio, “È pensato in particolare per le amministrazioni locali, che hanno il compito di preservare la qualità dell’aria e la salute dei cittadini attraverso politiche che vadano a incidere direttamente sulle fonti più inquinanti che comprendono il traffico stradale, il riscaldamento domestico, gli allevamenti, i fertilizzanti e l’industria”.
Il ruolo di Orsa per gli inventari delle emissioni
L’utilità di uno strumento come Orsa può essere evidente se si considerano i vantaggi che può portare ai cosiddetti “inventari delle emissioni”, che le agenzie ambientali devono compilare per catalogare e calcolare la massa delle singole sostanze inquinanti – come ossidi di azoto, ossidi di zolfo, polveri, composti organici volatili, ammoniaca, metalli pesanti – che possono avere effetti sulla salute e sull’ambiente.
Queste informazioni, secondo l’analisi di Antonio Piersanti, responsabile del Laboratorio Enea di Inquinamento Atmosferico, non sono però sufficienti “per capire ‘chi fa cosa e quanto’ in aria, perché lo spostamento delle masse d’aria e i processi chimici e fisici in atmosfera modificano le caratteristiche degli inquinanti a cui sono esposti l’uomo e l’ambiente”.
È il caso delle polveri, che vengono trasportate e disperse dal vento, o dell’ozono, che si genera in aria da reazioni chimiche che coinvolgono ossidi di azoto e composti organici volatili.
“Il nostro algoritmo – spiega Piersanti – ha dimostrato di essere uno strumento adeguato per orientare la pianificazione delle politiche di qualità dell’aria, perché rileva la composizione ‘attuale’ e non ‘potenziale’ dell’atmosfera, mettendo in luce le principali sorgenti sulle quali agire. Successivamente, occorrerà uno studio modellistico completo, con maggiori costi di calcolo, che vada a stimare direttamente gli effetti delle specifiche riduzioni delle emissioni considerate dalle politiche di qualità dell’aria in esame”.
Gli esiti delle sperimentazioni
Una prima applicazione sperimentale su scala nazionale del metodo Orsa – spiega Enea – ha già confermato che nei mesi invernali, in Italia, le maggiori concentrazioni di PM10 sono attribuibili al riscaldamento residenziale, specialmente nei centri abitati. Nella Pianura Padana, il traffico e l’agricoltura hanno un impatto rilevante sull’inquinamento dell’aria. Inoltre, ad esempio, in alcune località rurali della Lombardia, le concentrazioni estive di ozono sono prevalentemente originate in altre regioni oppure derivano da alti strati dell’atmosfera, confermando che questo inquinante, particolarmente dannoso per la salute e l’ambiente, è originato da contributi non localizzati, ma proviene dal trasporto per centinaia di chilometri e dalla trasformazione chimica di altri inquinanti.