Riccardo Puglisi, socio fondatore e responsabile del marketing dell’associazione che ha sede a Siracusa: “Vogliamo evitare la fuga di talenti dalla nostra terra, un gigante dormiente che deve ancora dimostrare tutte le sue potenzialità. Pensiamo a una start up per la produzione di veicoli alimentati a energia solare per le consegne dell’ultimo miglio e per il car sharing”
“Vogliamo dimostrare che la Sicilia è un gigante buono e dormiente, che deve ancora dimostrare tutte le sue potenzialità nel campo dell’innovazione e della sostenibilità. Per questo puntiamo ad attrarre i talenti locali e a realizzare progetti che potranno avere un futuro anche nel campo del business, stimolando la creatività di tanti ragazzi a cui finora è stato fatto credere che l’unico modo per realizzarsi in questi campi è quello di andare via dalla nostra terra cercando fortuna altrove. Le competenze ci sono, e lo abbiamo dimostrato con il prototipo di auto a energia solare Archimede 2, che abbiamo portato alla World Solar Challenge in Australia. Vogliamo continuare a dimostrarlo dando vita a una startup che possa dare lavoro e soddisfazione ai talenti del nostro territorio”.
A parlare è Riccardo Puglisi, socio fondatore e responsabile del marketing di Futuro Solare Onlus, l’associazione che ha sede a Siracusa e che vede collaborare innovatori, studenti e docenti nel settore della mobilità ecosostenibile, attraverso sistemi energetici innovativi applicati alla autotrazione con una filosofia low cost. Utilizzando cioè, ogni volta che è possibile, materiali provenienti da riciclo o da fonti no carbon.
Riccardo, ci racconti la storia di Futuro Solare?
L’associazione esiste dal 2006, e nel tempo è cresciuta con l’inserimento di nuove persone, nuovi progetti e nuove competenze. Io sono entrato nel 2018, in previsione della partecipazione con il nostro progetto di auto alimentata a energia solare Archimede 2 alla World Solar Challenge in Australia, la più importante competizione a livello globale in questo campo.
Come siete riusciti a portare il vostro progetto in Australia?
È stato molto complicato dal punto di vista logistico, finanziario e organizzativo. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare realtà locali lungimiranti e player internazionali che ci hanno dato un grande sostegno. Grazie anche a oltre 50 sponsor multinazionali, e a ragazzi con competenze straordinarie, in grado di trovare soluzioni interessanti e di risolvere problemi rapidamente e con grande attenzione a ridurre al minimo l’impatto ambientale. Certo, ci sono stati anche problemi, ma la nostra idea è stata considerata a tal punto che per la prima volta nella storia della manifestazione è stata ammessa “fuori concorso”. Ora, grazie anche all’onda mediatica che si è creata attorno alla nostra idea, vogliamo continuare su questa strada.
In che modo?
Vorremmo riuscire a creare una start up, per dare lavoro ai talenti con cui collaboriamo, sviluppando un veicolo innovativo per le consegne dell’ultimo miglio e un mezzo per il car sharing. Abbiamo già ricevuto diverse manifestazioni di interesse, con realtà che hanno detto di credere in noi e di volerci sostenere, e stiamo sondando il terreno. Ora stiamo aspettando il “ritorno a casa” di Archimede 2, che è stato un esempio per dimostrare che si può iniziare una vera transizione ecologica nel campo della mobilità.
Da quale idea e da quali principi nasce il vostro impegno?
Alla base c’è prima di tutto la voglia di rivincita, quella di un gruppo di giovani che vogliono investire nel futuro e dimostrare che sono in grado di cambiare il territorio in cui vivono. La nostra esperienza nasce in Sicilia, ma può essere considerata come un esempio globale. Ci piacerebbe tornare al World Solar Challenge tra due anni, più preparati e con le spalle più forti, sempre impegnati a dimostrare come si può sviluppare un futuro sostenibile. Crediamo nella sostenibilità e nell’innovazione, e vogliamo riuscire a trovare soluzioni che funzionino nel lasso di tempo più breve possibile, ma evitando sprechi. Non siamo un centro di ricerca e sviluppo che ha a disposizione milioni di euro, ma con il nostro know-how e le nostre capacità di problem solving vogliamo arrivare a ridurre al minimo gli errori, anche se servono per crescere, utilizzando materiali che possano tornare nel ciclo produttivo secondo i principi dell’economia circolare.
Come è stato accolto il vostro progetto in Sicilia e su scala nazionale e internazionale?
In Italia e in Sicilia siamo stati accolti in tanti modi diversi. Mi dispiace che in molti non ci abbiano concesso tempo d’ascolto, ma d’altra parte in tanti hanno intravisto immediatamente le nostre potenzialità e ci hanno sostenuto. Quanto al panorama internazionale, ci siamo resi conto di come diverse aziende multinazionali, di fronte a un progetto del genere, ne hanno immediatamente compreso il potenziale e ci hanno inserito in qualche loro programma, magari anche fornendoci materiale che per le nostre attività di ricerca e di testing sono essenziali. Diverse grandi aziende hanno voluto investire in una piccola realtà come la nostra, anche per il ritorno di immagine che può venire da un investimento in innovazione e sostenibilità. Con alcune di loro speriamo di poter proseguire la collaborazione e dare vita a nuovi progetti anche in futuro.
Riccardo, qual è il percorso personale che ti ha portato fino a Futuro Solare?
Io vengo da un percorso variegato. Dopo il diploma da perito elettronico e delle telecomunicazioni ho studiato arti tecnologiche e un biennio specialistico in fotografia, fino ad aprire a Catania un laboratorio condiviso dal nome Hackerspace, riunendo attorno a questo progetto un gruppo di maker. Era il 2013, e sperimentavamo le prime stampati 3D autocostruite in Sicilia. Finora mi sono sempre ritrovato nella rete degli innovatori e mi sono spostato a Siracusa tra il 2018 e il 2019, per ragioni di cuore. Qui abbiamo dato vita con Futuro Solare a un luogo accogliente, innovativo: quasi 100 metri quadri che fossero contemporaneamente un’officina e un open space per il co-working, dove competenze diverse potessero contaminarsi e dare vita a nuove esperienze creative. Chi ha partecipato a questa esperienza ha visto come “dal nulla” si può costruire una sede avveniristica, dove poter realizzare un nuovo concetto di tecnologia: non quella delle macchine destinate a comandarci, ma quello delle macchine che aiutano tutti. La realizzazione di Archimede 2 è stato un modo per dimostrare le nostre competenze e la nostra idea di innovazione.
Cosa vi servirebbe per realizzare al meglio le vostre idee?
In questo momento tutti, dall’America all’India, fino all’Africa, stanno investendo in start up. Per noi è fondamentale suscitare l’interesse dei giovani del nostro territorio, non dobbiamo consentire la fuga dei cervelli: la vera sfida è fare qui, far rinascere il nostro territorio. E per questo vorremmo puntare in alto, chiedere che finalmente si inizi a investire sulle nostre idee, e avere la possibilità di sviluppare altri prototipi, condividendo conoscenze e know-how secondo i principi dell’open innovation e dell’open source.
Quello che non riesco davvero a spiegarmi, d’altra parte, è come finora non sia stato mai possibile trovare una connessione con la Regione Siciliana e con il Governo. In questo momento è come se stessimo tentando di risolvere un puzzle con un numero indefinito di pezzi che cambiano forma continuamente, mentre ci troviamo su una barca in balia delle onde. La nostra parte la stiamo facendo e continueremo a farla, ma mi sembra incredibile che le istituzioni non si attivino, non siano attente, non investano nel futuro: si pensa soltanto a risolvere il problema di ieri, senza guardare avanti. Noi ci sentiamo investiti da una grande responsabilità, quella di non far morire l’idea di Futuro Solare, e i mercati ci danno ragione. Non vogliamo perdere la speranza, e continueremo a dimostrare le nostre competenze e a condividere il sapere sul territorio, provando a fare business con il sociale, con progetti che mirano a migliorare la vita delle persone e garantire una vita con un lavoro correttamente retribuito, anche in un territorio complesso nella Sicilia. Mi piacerebbe che le istituzioni iniziassero ad avere un occhio di riguardo per iniziative di questo genere.