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Sostenibilità tra due mondi e cultural shock

Cosa succede quando dalla savana andiamo in vacanza in Italia

Nell’immaginario comune il cosiddetto cultural shock avviene solamente quando da una situazione di comfort e agi ci si sposta in un contesto diverso e perché no, più ostile e meno privilegiato. Nella realtà della nostra vita, invece, il cultural shock lo proviamo esattamente al contrario, ovvero quando dalla savana ci ritroviamo ad abbandonare il nostro stile di vita maasai per abbracciarne uno più confortevole in città. Perché il comfort e l’agio sono concetti astratti che variano a seconda del contesto e a seconda della persona, della sua cultura e delle sue tradizioni. Dove qualcuno si trova a vivere benissimo, per qualcun altro potrebbe non essere esattamente la stessa cosa.

La vita nella savana

Nella savana, così come in altri luoghi rurali nel mondo, siamo abituati ad avere un accesso scarso e ridotto alle risorse che in altre parti del globo abbondano al punto da essere consumate senza misura. Non avere acqua corrente ti costringe a fare i conti con la quantità d’acqua che giornalmente si consuma; non avere elettricità se non la poca energia di un minuscolo pannello solare sul tetto della propria abitazione, ti porta inevitabilmente ad usarla con parsimonia e cura; vivere in una casa piccola e condivisa con molte altre persone ti insegna a valutare bene gli spazi che hai a disposizione e a come riempirli nella maniera più saggia e intelligente possibile.

Il comfort in Italia

In Italia, però, tutto questo non esiste. O meglio, non esiste più. Perché abbiamo ancora con noi la memoria dei nostri nonni, che ci raccontano di vite più semplici, più dure, ma forse più felici. Oggi però la situazione è ben diversa. In Italia, così come in altri paesi europei, vi è un’enorme abbondanza di risorse con accesso istantaneo e garantito. Le persone, come me dieci anni fa, non si fermano mai realmente a chiedersi: “Ma quest’acqua con cui mi sto lavando da dove arriva? Dove va? Quanta ne sto usando? Finirà mai?”. L’automaticità e la facilità dei gesti che ci portano le risorse direttamente nei nostri bagni, nelle nostre camere da letto e cucine ci ha allontanato sempre più dagli aspetti più pratici della vita.

Succede anche a me

Succede anche a me, durante la mia annuale vacanza in Italia dalla mia famiglia, di dimenticarmi la risposta a tutte queste domande. Perché è così dannatamente facile e veloce infilarsi sotto la doccia e starci. Accendere un interruttore e dimenticarselo. Lasciare la televisione accesa anche quando si fa qualcos’altro. Richiede invece molto più impegno e fatica, uniti a un abbondante pizzico di altruismo, ricordarsi che non si è “gli unici al mondo” e che tutto quello che prendiamo e diamo per scontato ha un limite, e una fine. Non è facile neanche, da madre, far notare queste differenze a nostra figlia di quasi tre anni. Per lei tutto è nuovo, tutto è un gioco. La mancanza di abitudine all’acqua corrente e all’elettricità la porta ad abusarne in maniera inconsapevole. E soprattutto durante le ultime vacanze in Italia, la scorsa estate, mi sono ritrovata a combattere con lei per farle capire, nella maniera più semplice possibile, che consumare e sprecare sono un danno enorme. A noi stessi, al mondo e agli altri. Dunque trovare un equilibrio tra questi due mondi non è sempre semplice o spontaneo, ma anzi richiede moltissimo sforzo e pazienza. Lo definirei, quasi, un allenamento mentale quotidiano.

Nessuno è perfetto

La savana mi ha insegnato a vivere con meno, ma ancora oggi, nonostante tutto, non appena quel “di più” diventa semplice e accessibile devo impegnarmi a ricordarmi il perché di molte cose. Mi piace pensare che nessuno di noi sia perfetto e vorrei che vivessimo in un mondo in cui nessuno ci costringesse a pensare di doverlo essere. La sostenibilità non si raggiunge con la perfezione ma con piccoli risvegli quotidiani da quello che è il privilegio di vivere in un luogo, ovunque esso sia, in cui si ha un accesso diretto e scontato alle maggiori risorse del nostro Pianeta.

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