La 22esima edizione dello studio realizzato da Isfort fotografa un Paese che si sposta sempre di più ma su distanze più brevi. Crescono bici, moto e trasporto pubblico, mentre l’auto perde qualche punto pur rimanendo al centro della mobilità quotidiana
L’Italia si muove sempre di più, ma per coprire distanze sempre più brevi. Gli spostamenti quotidiani crescono e nel primo semestre del 2025 sono arrivati a 102,7 milioni al giorno, eppure i chilometri percorsi restano sotto ai livelli di qualche anno fa: la maggior parte dei viaggi si consuma entro dieci chilometri da casa, spesso in ambito urbano. È la fotografia tracciata dal 22° Rapporto Audimob sulla mobilità degli italiani, realizzato da Isfort con il supporto di Agens e Asstra, che racconta un Paese dove la prossimità è diventata la nuova misura degli spostamenti.
Più bici e trasporto pubblico, la l’auto resta protagonista
In questo scenario, qualcosa si muove anche nella scelta dei mezzi di trasporto: aumenta l’utilizzo di bici, moto e trasporto pubblico, cresce la mobilità a piedi, mentre l’auto perde qualche punto di quota pur rimanendo la protagonista assoluta. Segnali di cambiamento positivi, quindi, anche se deboli, con il tasso di mobilità sostenibile che raggiunge il 34,7%, vicino ai livelli migliori dell’ultimo decennio.
Resta però un paradosso difficile da ignorare: sono ancora 41,3 milioni le auto in circolazione, e contribuiscono al tasso di motorizzazione più alto d’Europa. Un quarto di questo insieme è composto da mezzi in circolazione da più di vent’anni e da vetture che rimangono ferme per oltre il 95% della giornata, a fronte di una spesa media di 334 euro al mese per famiglia.
Mentre la corsa all’elettrico procede a strappi e l’intermodalità resta marginale, la sfida – secondo il report – è di accompagnare il riequilibrio delle modalità di trasporto senza lasciare indietro nessuno, trasformando la domanda di spostamenti di breve raggio in un’opportunità concreta per la transizione sostenibile.
Più spostamenti, meno chilometri
Il quadro delineato dal Rapporto conferma che non siamo semplicemente tornati a muoverci di più: ci muoviamo in modo diverso. La crescita degli spostamenti si accompagna infatti a una riduzione delle distanze percorse. La lunghezza media degli spostamenti scende a 9,2 chilometri, il valore più basso dal 2019, mentre oltre l’80% dei viaggi non supera i dieci chilometri.
Si tratta di una trasformazione che ridefinisce la funzione stessa della mobilità: meno tragitti lunghi, più vita quotidiana nel raggio di quartiere, più centralità degli spazi urbani. È una dinamica che favorisce naturalmente la crescita di forme di mobilità dolce e collettiva, soprattutto dove le infrastrutture e i servizi sono più sviluppati.
La mobilità sostenibile e le automobili
I dati mostrano un riequilibrio lento ma costante. Aumentano gli spostamenti a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici; l’auto mostra un arretramento, pur mantenendo una posizione predominante. Nel primo semestre 2025 si attesta al 60,8% degli spostamenti, mentre bici e micromobilità raggiungono il 5,2% e il trasporto pubblico sale all’8,9%. Il risultato complessivo è un tasso di mobilità sostenibile del 34,7%, superiore a quello del 2024 e vicino ai livelli pre-2019.
Tuttavia, la transizione non procede allo stesso ritmo ovunque: nelle grandi città si osservano i progressi più marcati, mentre nei piccoli centri l’auto continua a essere praticamente indispensabile. L’intermodalità, che dovrebbe rappresentare un asse strategico per ridurre la dipendenza dal mezzo privato, arretra rispetto alle ultime rilevazioni al 2,8%.
Divari territoriali e sociali
Uno degli aspetti più significativi che emergono dal Rapporto riguarda la profonda disomogeneità territoriale. Nel Nord-Ovest il trasporto pubblico raggiunge il 12% degli spostamenti, mentre nel Sud l’auto sale al 63%. Anche la mobilità ciclabile presenta differenze marcate, favorita nei centri urbani dotati di infrastrutture adeguate.
Ma il fattore più determinante è il reddito. Nei comuni più benestanti si registra un uso della bici di oltre tre volte superiore rispetto a quelli più poveri, e la quota di trasporto pubblico cresce in modo significativo. Al contrario, l’auto è più diffusa proprio nelle fasce economicamente più fragili, dove rappresenta spesso l’unica alternativa possibile. Per questo si parla di “povertà dei trasporti”, che descrive l’impossibilità per una parte della popolazione di accedere a mezzi più sostenibili o di sostituire un’auto obsoleta. Una condizione che la transizione energetica rischia di aggravare se non accompagnata da politiche adeguate.
Troppe auto, troppo vecchie
L’Italia continua a essere il Paese europeo con il maggior numero di automobili in rapporto alla popolazione. Nel 2024 il parco circolante ha raggiunto 41,3 milioni di vetture, con un incremento del 4,5% rispetto al 2019. Un quarto delle auto ha più di vent’anni e l’età media supera i dodici anni. Oltre il 90% del parco è ancora alimentato a benzina o diesel; le elettriche pure e plug-in rappresentano appena lo 0,7%.
Sul fronte delle immatricolazioni, Federmobilità segnala una flessione della quota di mercato delle auto elettriche, scesa dal 8,6% del 2023 al 7,6% del 2024, e un confronto europeo che evidenzia il ritardo italiano: nel Regno Unito i BEV rappresentano quasi il 20% delle immatricolazioni, in Francia il 17%, in Germania il 13,5%.
A complicare il quadro c’è il peso economico dell’auto sulla vita delle famiglie: 334 euro al mese, pari a oltre 100 miliardi di euro l’anno su scala nazionale. Una cifra che rende evidente perché l’auto, pur utilizzata per meno del 5% della giornata, resti un fattore centrale e al tempo stesso problematico della mobilità italiana.
Trasporto pubblico e sharing
Il trasporto pubblico mostra una ripresa nella soddisfazione degli utenti, soprattutto per autobus urbani ed extraurbani, metro e treni regionali. Nelle grandi città i volumi tornano vicini ai livelli migliori, ma a livello nazionale i passeggeri restano circa il 10-13% sotto il 2019. L’offerta, tuttavia, è cresciuta e in molte aree è tornata ai livelli pre-Covid, indicando una capacità di risposta più solida rispetto al recente passato.
Per quanto riguarda la sharing mobility, il settore mostra una domanda in aumento, con una previsione di 60 milioni di noleggi nel 2025. Allo stesso tempo, però, il numero di servizi e operatori si sta riducendo, soprattutto nei centri minori. Oggi il 90% dei noleggi è concentrato in dieci città, un dato che evidenzia una disponibilità ancora troppo sbilanciata e lontana da un vero servizio nazionale.