Sostenibilità economica e sociale, ecco la sfida delle imprese dell’agrifood

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

La ricerca di Agronetwork presentata all’assemblea di fine anno dell’associazione: la transizione green è un passaggio difficile per le aziende del settore, che devono affrontare l’aumento dei costi dovuto allo scenario internazionale e chiedono il sostegno delle istituzioni

Essere sostenibili, dal punto di vista economico e ambientale, coniugando al meglio questi due aspetti, è per le aziende del comparto agroalimentare una sfida difficile da affrontare e da vincere, per due ordini di motivi: da una parte perché ha indubbiamente un costo elevato, e dall’altra perché richiede una serie di competenze che sono spesso difficili da reperire sul mercato. A evidenziarlo è una ricerca recentemente presentata da Agronetwork, associazione di promozione dell’agroindustria costituita da Confagricoltura, Nomisma e Luiss, in occasione dell’assemblea di fine anno. Il report è il risultato di una serie di interviste, più di 1.600 complessivamente, proposte ad aziende agricole e piccole e medie imprese del comparto alimentare.

Di cosa parliamo?

Coniugare sostenibilità economica e ambientale

L’Assemblea di Agronetwork ha deciso di affrontare il tema della sostenibilità economica delle aziende agricole e di quelle industriali affinché la resilienza del food system possa esser tale da assorbire gli shock energetici e delle materie prime e consentire in futuro il mantenimento degli obiettivi di natura ambientale e sociale, nonché quelli altrettanto importanti di natura nutrizionale – spiega Sara Farnetti, presidente di Agronetwork -. I valori ambientali, oramai diventati un prerequisito delle aziende agroalimentari del Paese, non devono assolutamente rappresentare una grave criticità per la redditività delle imprese e la loro vitalità. Le 350mila aziende agricole e le 68mila piccole e medie aziende industriali alimentari costituiscono la spina dorsale del Paese e attendono politiche che possano facilitarne una dinamica evolutiva ed espansiva su scala europea e internazionale”.

Transizione green: oltre il 50% delle imprese ha investito

Secondo i risultati della ricerca il 45,2% delle imprese del campione afferma di non aver effettuato negli ultimi cinque anni alcun investimento per favorire la propria sostenibilità ambientale, mentre il 54,8% lo ha fatto ma incontrando molte difficoltà. A rendere più difficile il contesto nel corso del 2022 è stato il lievitare dei costi energetici, insieme alla carenza di materie prime. Le principali ragioni per le quali molte imprese hanno deciso di non investire in sostenibilità, secondo il report, sono nell’ordine i costi rilevanti (per il 45,8% del campione), il quadro normativo troppo complesso (24,5%), la difficoltà nell’implementare azioni sostenibili (21,8%), la mancanza di competenze (20,1%). Ma questi ostacoli non impediranno, per il 55% degli intervistati, di investire in sostenibilità: probabilmente per il 42,4%.

Le difficoltà di chi ha investito nella transizione energetica

Anche una gran parte del campione (75%) che ha investito in sostenibilità ha incontrato difficoltà nella transizione green. Di questi:

  • il 33% lamenta il peso della burocrazia;
  • il 27,1% la mancanza di budget;
  • il 26% l’impennata dei costi;
  • il 19,1% la complessità delle norme;
  • l’11,7% la mancanza di risorse qualificate.

Circa un terzo delle aziende interpellate dalla ricerca prevede un 2023 che inizierà in salita, a causa dell’aumento dei costi provocato dallo scenario internazionale. A conferma di questo c’è il fatto che se oltre il 53% delle aziende aveva pianificato investimenti nei primi sei mesi del 2023, soltanto il 60% prevede di mantenere questi progetti, mentre il 24,2% rinuncerà in tutto o in parte, e il 18% sceglie di rinunciare ad altri investimenti per mantenere quelli indirizzati al green.

La sostenibilità e il ruolo dello Stato

È opinione diffusa tra le aziende che hanno deciso di investire in sostenibilità che debba essere lo Stato a farsi carico delle difficoltà della transizione, soprattutto per quanto riguarda i costi.
La ricetta potrebbe essere quella di mettere in campo incentivi pubblici a sostegno delle aziende, o di detrazioni fiscali e semplificazioni amministrative per le imprese virtuose. Il 30% chiede incentivi per i progetti di reti di imprese per la sostenibilità delle filiere, mentre il 26,7% vorrebbe incentivi pubblici per collaborazioni con Università ed enti di ricerca. Il 21,1%, infine, chiede al governo di finanziare campagne di comunicazione per sensibilizzare consumatori e aziende. In questo quadro un ruolo di primo piano potrà essere giocato, secondo gran parte degli intervistati, da enti e istituzioni nazionali, locali e comunitari insieme alle Università e gli Istituti di ricerca, ad esempio nello sviluppo dell’adozione di policy e strategie di sostenibilità ambientale.