Progetto M.A.R.E. – Tre mesi nel Tirreno per studiarlo e proteggerlo

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Il viaggio in Catamarano promosso dal Centro Velico Caprera insieme alla Fondazione One Ocean. La biologa Ginevra Boldrocchi, responsabile scientifica dell’iniziativa: “Puntiamo a raccogliere dati sulla biodiversità e monitorare l’inquinamento nell’ambiente marino. Oltre che a sensibilizzare i partecipanti sul rispetto della natura”

Un viaggio in catamarano da 12 settimane e 1.500 miglia di navigazione, per toccare in 26 tappe le 25 aree marine protette del Mar Tirreno. È il programma del progetto M.A.R.E., “Marine adventure for research and education”, promosso dal Centro Velico Caprera in collaborazione con One Ocean Foundation per studiare, divulgare e proteggere il mare. Tra i sostenitori dell’iniziativa c’è anche Sorgenia, insieme ad altri partner, che avrà due suoi dipendenti a bordo durante le tappe. Per saperne di più su questa avventura, abbiamo raggiunto e intervistato Ginevra Boldrocchi, biologa, ricercatrice dell’Università dell’Insubria e coordinatrice dei progetti scientifici della fondazione One Ocean.

Di cosa parliamo?

Di cosa si occupa One Ocean e in cosa consiste questo progetto?

La fondazione One Ocean è impegnata nel cercare soluzioni ai problemi legati al mare, anche attraverso investimenti sulla ricerca scientifica. In poche parole: aumentare la tutela degli ambienti marini. Nel progetto M.A.R.E. One Ocean si farà carico della parte scientifica e parteciperà a quella di divulgazione. La peculiarità di questo progetto sta nell’opportunità di riuscire a fare un monitoraggio in continuo di tutto il Mar Tirreno. Sarà importante perché nel Mediterraneo sono state svolte finora ricerche scientifiche limitate: la conseguenza è una carenza di dati significativa su molte specie. Abbiamo deciso si concentrarci su due macro aree: lo studio della biodiversità, e quindi delle specie a rischio di estinzione o quelle definite “data deficent”, su cui abbiamo poche informazioni, e poi l’idea di sfruttare la navigazione per monitorare gli organismi planctonici, che sono bioindicatori di contaminazione marina. Andremo a monitorare la presenza di inquinanti in traccia, come per esempio il mercurio, pericoloso per la sua tossicità e capacità di accumulo negli organismi acquatici, ma anche di contaminanti organici persistenti, come per esempio il Ddt e i Pcb, composti di origine antropica, ancora presenti nell’ambiente sebbene la maggior parte dei paesi ne abbia vietato l’uso dagli anni Settanta. Ed infine la presenza di inquinanti emergenti, come i Pfas, PerFluoroAlkylated Substances, su cui abbiamo pochissimo dati. Da una parte, quindi, vogliamo accrescere le nostre conoscenze sulle specie presenti nel Mar Tirreno, e dall’altra saperne di più sulla contaminazione nel plancton, che è il primo livello della catena trofica nel mare. A questo si aggiungerà ovviamente divulgazione: io e altri due colleghi, Arianna Liconti, project manager del progetto Marine education della fondazione e Sandro Carniel, a capo della divisione ricerca del Centre for Maritime Research and Experimentation della Nato oltre che membro del comitato scientifico di One Ocean Fountation, saremo a bordo a turno: campioneremo e cercheremo di coinvolgere il pubblico per cercare di diffondere consapevolezza e promuovere comportamenti corretti, grazie anche a una serie di materiali didattici per approfondire le tematiche più importanti.

Quali saranno dal suo punto di vista le tappe più interessanti?

Trovo particolarmente significativa la tappa che interesserà l’area delle Bocche di Bonifacio, per il monitoraggio della biodiversità e la raccolta di campioni di Dna ambientale: utilizzeremo una tecnica innovativa, grazie alla quale raccogliendo i frammenti di Dna dai campioni di acqua di mare potremo studiare la biodiversità di un luogo, monitorare specie di interesse e rintracciarne di nuove. Una tecnologia non invasiva e particolarmente efficace. Altre tappe interessanti saranno quelle tra Cagliari e Palermo tra Palermo e Catania, ma anche l’area dell’Arcipelago Toscano.

Come avete strutturato il programma di sensibilizzazione?

L’idea è di mettere a disposizione dei partecipanti, che cambieranno tappa dopo tappa, un format settimanale in linea con l’attività di ricerca, che sarà sempre identica in modo che si riescano a raccogliere dati paragonabili. Coinvolgeremo i partecipanti nelle attività di monitoraggio della macrofauna, come i cetacei, anche per aiutare negli avvistamenti. Ma faremo anche attività legate alla raccolta di plancton, una parte per la ricerca e un’altra per mostrare cosa sono gli organismi planctonici tramite i microscopi: creeremo una specie di piccolo laboratorio sulla barca. Inoltre affronteremo il tema dell’inquinamento da plastica, con una parte teorica introduttiva e una pratica che ci porterà anche a intervenire nelle spiagge che toccheremo con attività di beach cleaning.

Di seguito le foto dell’intervento di Ginevra Boldrocchi alla conferenza di presentazione del Porgetto M.A.R.E. che si è tenuta nella sede di Sorgenia lo scorso 11 aprile.

 

Quali consigli si sente di dare a chi è interessato a questi temi ma non sarà a bordo con voi per questa iniziativa?

Si tratta di pochi consigli ma molto importanti, che dovrebbero già essere ben radicati in ognuno di noi. Dal limitare l’uso di plastica monouso, ad esempio utilizzando borracce e acqua corrente invece delle bottigliette, al comportarsi responsabilmente quando si è in spiaggia o in mare. Quindi non abbandonare rifiuti e ogni volta che è possibile contribuire alla pulizia degli ambienti, raccogliendo quello che si può e smaltendolo secondo i principi della raccolta differenziata. Sono piccole cose che possono sembrare banali, ma che contribuiscono a rispettare l’ambiente e a dare un buon esempio a chi ci circonda.

Su quali altri progetti è impegnata in questo periodo?

Uno dei progetti che seguo per la Fondazione è quello sul canyon di Caprera, legato in particolare ai cetacei presenti nell’area – un sistema di canyon sottomarini a circa 15-20 miglia fuori dalla costa.  L’obiettivo è quello di arrivare al riconoscimento di “Important Marine Mammal Area”, zona importante per i mammiferi marini. Il progetto conta, per la parte di bioacustica, su una collaborazione con il Crme della Nato, con sonde acustiche situate a 800 metri di profondità per registrare i suoni prodotti dai cetacei. E anche in questo caso ci siamo occupati della raccolta di Dna ambientale per monitorare la presenza di cetacei e mammiferi marini.