Amsterdam, il quartiere galleggiante a impatto zero

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Il quartiere della capitale olandese riunisce tutte le best practice per il rispetto dell’ambiente: le sue case sull’acqua sono state costruite in bioedilizia e autoproducono da fonti rinnovabili l’energia di cui hanno bisogno

Quello realizzato a Schoonschip, in Olanda, sul canale di Johan van Hasseltkanaal, è una sorta di prototipo di quartiere green che può essere esportato e preso ad esempio per portare la sostenibilità nelle città. Il quartiere galleggiante di Amsterdam è infatti il frutto di uno studio attento di tutti i requisiti che servono per realizzare un insediamento a impatto zero: dall’economia circolare alla bioedilizia, con l’utilizzo esclusivo di materiali certificati biocompatibili, dall’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili alla smart grid indipendente che serve per alimentare le case e i servizi. Accorgimenti che sono valsi a Schoonschip la fama di quartiere galleggiante più sostenibile d’Europa.

Di cosa parliamo?

La storia di Schoonschip

L’insediamento è oggi composto complessivamente da circa 30 case galleggianti, che sono abitate da 46 famiglie, per un totale approssimativo di 144 persone. L’idea originaria è di Marjan de Blok, una produttrice televisiva, che nel 2008 rimane affascinata dal progetto realizzato da GeWoonboot, struttura galleggiante e sostenibile dedicata al coworking. Prendendo spunto da questo modello la giovane professionista decide di coinvolgere nella sua idea di quartiere sostenibile, nel 2010, il collega Thomas Sykora. Successivamente il progetto verrà affidato allo studio olandese di urbanistica sperimentale Space&Matter. Due i requisiti principali: non sprecare acqua e autoprodurre l’energia elettrica, coinvolgendo i residenti nella progettazione.
Il progetto per come si presenta oggi integra l’idea originaria con l’ispirazione che viene da altre due realtà olandesi: il villaggio di creativi De Ceuvel, la cui progettazione risale al 2011, e il l’Object One di Deventer, firmato anche questo da Space&Matter. Da quelle fasi iniziali sono stati necessari 12 anni prima di trasformare l’idea in realtà: i primi abitanti si sono infatti trasferiti nel nuovo quartiere nel 2020.

Le caratteristiche di Schoonschip

Uno degli aspetti più interessanti di Schoonschip è il fatto che è stato progettato non soltanto per essere indipendente e autosufficiente dal punto di vista energetico, ma di essere anche predisposto per vendere l’energia che produce e non utilizza. Ogni edifico del complesso ha la propria dotazione di pannelli fotovoltaici con annesso impianto di accumulo. L’energia che gli abitanti non utilizzano viene messa in vendita e scambiata utilizzando una criptovaluta, Jouliette.
Quanto al riscaldamento, è affidato a pompe di calore che funzionano utilizzando l’acqua del canale su cui sorgono le abitazioni galleggianti. Per utilizzare al meglio l’acqua nelle case ci sono inoltre degli impianti pensati per raccogliere l’acqua piovana nei tetti-giardino e filtrarla per poterne poi consentire il riutilizzo. L’energia autoprodotta serve anche a ricaricare le auto elettriche degli abitanti, dal momento che tutti i posti auto sono dotati di colonnine. Il parco auto è in comune per tutti i residenti, che hanno accettato – per poter vivere nel quartiere – la regola di non avere auto di proprietà. Già soltanto in queste poche caratteristiche sono racchiusi alcuni dei principi che fanno di Schoonschip un posto unico, a zero emissioni e votato all’energia green, oltre che a un modello di convivenza innovativo.

L’idea di comunità alla base del progetto

Al centro dell’esperienza di Schoonschip non c’è soltanto l’idea di un quartiere sostenibile e a emissioni zero, ma una spinta decisa al concetto di comunità: i residenti si sono infatti reciprocamente impegnati a rispettare una serie di regole, come la rinuncia all’auto privata e l’utilizzo di mezzi di micromobilità, e hanno fatto squadra fin dall’inizio per risolvere in modo sostenibile tutti i problemi che si sono trovati via via ad affrontare. Per riuscirci ci sono riuniti in gruppi di lavoro per mettere a punto e condividere tutte le scelte. A facilitare questo approccio ci sono anche le caratteristiche urbanistiche del quartiere, dove – per fare un esempio – le case sono collegate tra loro da passerelle per facilitare l’incontro dei residenti e dove un edificio è dedicato alla socializzazione.

La gestione dell’energia elettrica

All’interno di Schoonschip sono complessivamente installati 516 pannelli solari, 30 pompe di calore e 60 pannelli termici, tutti collegati a una rete intelligente. Le abitazioni possono contare su collettori solari per scaldare l’aria e l’acqua grazie alle facciate su cui sono installati pannelli solari. I pannelli radianti a infrarossi servono per il riscaldamento degli ambienti interni. La rete che rifornisce gli abitanti del quartiere è privata, e collegata a un unico fornitore energetico per mettere in rete l’energia in eccesso ed eventualmente acquistarne quando l’autoproduzione non sia sufficiente ai bisogni della comunità. Ogni abitazione è inoltre dotata di un terminale connesso alla Smart Community Platform, che consente di essere al corrente in tempo reale della produzione e dei consumi. 

La gestione dell’acqua

Tra le caratteristiche degli edifici di Schoonschip ci sono i tetti “verdi”, su cui crescono piante che aiutano a drenare al meglio l’acqua e a isolare acusticamente le case dai rumori esterni. Ci sono inoltre serbatoi per raccogliere l’acqua piovana, recuperatori di calore applicati all’acqua di scarico delle docce e un sistema di scarico per il Wc simile a quello degli aerei, che consente di utilizzare un ridotto quantitativo di acqua.

La salvaguardia delle biodiversità del canale

Le attenzioni dei residenti di Schoonschip sono state rivolte dall’inizio anche alla salute del canale su cui sorge l’insediamento galleggiante: per mantenerne la biodiversità infatti sono stati creati giardini galleggianti e arnie per le api. Gli abitanti sono inoltre organizzati per gestire un sistema di coltivazione e anche l’acquisto condiviso di cibo biologico locale.